mercoledì 30 maggio 2012

Mercato del lavoro,così gli uomini diventano merce

di Massimo Fini

Oggi si parla tranquillamente e impunemente di mercato del lavoro". Neppure i sindacati si scandalizzano che l’uomo (le sue energie, fisiche e intellettuali) sia considerato una merce. Ma prima della Rivoluzione industriale, nella società contadina e artigiana, l’uomo non era mai stato una merce. È il diverso modo di pensare, di concepire e di sentire il lavoratore che fa la differenza fra le società cosiddette "tradizionali" e quella che si afferma con la Rivoluzione industriale. Il signore, il maestro artigiano, il padrone della bottega non considerano i propri dipendenti una merce nè essi si sentono tali. I rapporti sono talmente intrecciati, complessi e personali che il valore economico delle reciproche prestazioni ne rimane inglobato e non può essere enucleato. Il feudatario può considerare il servo casato addirittura una sua proprietà, ma sempre come persona, non come cosa, oggetto, merce. L’attività del dipendente è incorporata nella sua persona.

Quando con la Rivoluzione industriale, si stacca concettualmente e fittiziamente il lavoro (cioè l’energia umana) dalla persona che lo compie e lo si oggettivizza, allora, il lavoro diventa effettivamente una merce che può essere comprata e venduta o anche considerata scaduta, come tutte le altre e che, come le altre, è sottoposta ai meccanismi e alle regole del mercato. Fra queste c’è quella, molto attuale in tempi di "licenziamenti per motivi economici", che si chiama "produttività marginale del lavoro" che è l’accrescimento del prodotto conseguente all’aumento di una unità lavorativa.

Nell’attuale economia se questo accrescimento è nullo o insufficiente il lavoratore viene, prima o poi espulso e deve cercarsi un altro posto, se lo trova, dove la sua produttività marginale è remunerativa. Che cosa sarebbe successo nell’economia tradizionale se su un campo sul cui rendimento vivevano dieci persone ci si fosse accorti che il lavoro di due era superfluo essendo sufficiente quello degli altri otto a mantenere tutti? Avrebbero cacciato i due a pedate nel sedere? Proprio no. Si sarebbero divisi il lavoro in dieci, approfittando del maggior tempo a disposizione per andare in osteria, a giocare a birilli, a corteggiare la futura sposa. A quegli uomini premeva soddisfare il fabbisogno una volta assicurato questo tanto meglio se spartendosi il lavoro fra molti, ci si dedicava ad altro. Era gente, in genere legata da vincoli di parentela e comunque da relazioni strettissime, che stava insieme sulla base di un progetto esistenziale comune dove "l’economico", purché fosse garantita la sussistenza, aveva una valenza secondaria rispetto agli altri elementi della vita (P. Fitoussi, Il dibattito proibito).

Oggi siamo degli "schiavi salariati",degli oggetti, delle merci. Non dipendiamo più da uomini ma da imprese che dipendono dalle banche che dipendono dal denaro. E nel complesso dipendiamo tutti, anche le "mosche cocchiere" che si illudono di guidar la carrozza e ne sono al massimo dei profittatori, dalla più spietata delle dittature, un meccanismo anonimo, senza volta che viene chiamato, senza che ciò provochi un qualche trasalimento, mercato, anzi "i mercati".

martedì 29 maggio 2012

Napolitano e i miserabili nazionalismi


di Marcello de Angelis (Secolo d'Italia)

Nel rinnovare la propria speranza nell’ Unione europea e una certa sfiducia per come a oggi sta procedendo, il presidente della Repubblica ha identificato come ostacoli maligni sulla strada del successo le “logiche nazionali” – che ha definito “miserabili” – e le “logiche egemoniche” che giudica “velleitarie”. Sui tentativi egemonici si può essere d’accordo, soprattutto perché l’unico vero è ed è stato quello tedesco, che ha frenato sin dall’ inizio la possibilità di una unione vera e rappresentativa. L’egemonia per un lungo tratto è stata a due, con la complicità francese. Nessuno però potrà dimenticare che è proprio a questo tandem che Napolitano e poi Monti si sono rivolti per trattare un re-ingresso dell’Italia nelle grazie dei mercati europei (tentativo d’ altronde fallito). Il riferimento alle “miserabili logiche nazionali” ricorda tanto ideologie passate che, francamente, di miserabile hanno avuto non pochi aspetti ed effetti. Si potrebbe anche giungere a sostenere – e noi lo facciamo senz’ altro – che la colpa maggiore della situazione scadente in cui si trova l’Italia sul piano politico, economico, ma soprattutto etico è stata proprio l’egemonia di culture assolutamente nemiche irriducibili delle logiche nazionali. Il patriottismo, anche quello economico, ci sembra molto meno miserabile del desiderio di asservimento, anche solo ideologico, ad altre nazioni. Anteporre l’interesse dei propri cittadini a quello altrui non ci sembra un crimine peggiore che asservire il proprio popolo a interessi stranieri. Oppure no?

GABRIELE ADINOLFI A CASAGGì: EUROPA TRA INCUBO E DESTINO...



“Europa: tra incubo e destino”. E’ il titolo dell’incontro che si terrà a Casaggì e che coinvolgerà il “Centro Studi Polaris”, con la presenza di Gabriele Adinolfi. Un titolo che ci riporta alla realtà con la dolorosa constatazione di una crisi economica che affligge il continente. Una crisi che ha colpito duramente la Grecia, ma che colpirà ancora se si affiderà la sua risoluzione a quegli stessi poteri che hanno contribuito a crearla. Il ruolo dei poteri forti e del sistema bancario, il nostro debito pubblico, imprese e lavoro, crescita e signoraggio: ne parleremo insieme venerdì 15 giugno alle 21. Saranno suggerite le misure per combattere la crisi, richiamando anche il destino della nostra Europa, certamente altro rispetto all’attuale.

VENERDì 15 GIUGNO ORE 21 
EUROPA: TRA INCUBO E DESTINO
con Gabriele Adinolfi
DALLE 19 APERITIVO E CENA PER TUTTI
CASAGGì FIRENZE - VIA FRUSA 37

lunedì 28 maggio 2012

Monti e chi guadagna 5 euro all'ora



 
 
di Marcello Foa (il Giornale)

Ci sono immagini che non richiedono commenti. Guardatevi lo stralcio dell’intervista concessa dal premier Mario Monti alla Sette. Formigli gli chiede: se lei avesse un figlio ventenne, laureato che guadagna 5 euro all’ora con un contratto da precario che cosa gli direbbe: vai via dall’Italia? Come lo convincerebbe a restare?
Mario Monti resta in silenzio per 17 secondi, poi farfuglia una risposta sconclusionata, evasiva; tipica dell’accademico che non sa cosa sia la realtà, che non ha mai visto, né frequentato, né pensato a chi lavora umilmente; perché quel mondo non gli appartiene, esce dal suo radar mentale se non per ripetere le stesse regole astratte sulla flessibilità, sulla necessità di cambiare. 
O meglio: cambino gli altri, lui no di certo. Quanto a suo figlio, è giovanissimo ma ha già fatto una carriera brillante a Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, Parmalat. Per meriti personali, non dubitiamo.

domenica 27 maggio 2012

SKOLL A CASAGGì E UN BRIVIDO LUNGO LA SCHIENA...


SKOLL A CASAGGì E UN BRIVIDO LUNGO LA SCHIENA...


Skoll, a Casaggì, è sempre il benvenuto. Aveva suonato, a casa nostra, lo scorso 28 novembre, con una serata magnifica che aveva letteralmente entusiasmato il pubblico. Sei mesi dopo ha replicato, presentando il suo "Questo mondo non basta. Uomini ed eroi", un bellissimo libro che abbiamo gustato tra musica e parole, tutto dedicato ai grandi temi e ai grandi personaggi che hanno animato e animano il nostro percorso di lotta e di identità. Un libro atteso, che ha riempito all'inverosimile i nostri locali e ha trascinato il pubblico, giovanissimo, per tutta la serata.  

Chi scrive fa politica da anni e di libri, di concerti e di serate ne ha viste scorrere tante. Ognuna ha lasciato qualcosa, ma poche hanno saputo trasmettere un bagaglio di emozioni e di idee capace di far da cornice a quella scelta di vita ormai compiuta e irreversibile. Questa è una delle poche che ha colpito al cuore.

Quando Skoll parla di certi temi e usa certe parole si può sentire un brivido scorrere lungo la schiena: è la testimonianza del sacrificio di Yukio Mishima, la goccia di sudore che accompagna un combattimento di kendo, l'eroica semplicità dei ragazzi del Piave con la grappa buona e i baffi all'insù, è il sacrifico e il valore sulla sabbia di El Alamein o il sorriso di Sergio Ramelli. 

Sono i tanti attimi meravigliosi che abbiamo trascorso assieme, le mille battaglie combattute spalla a spalla, le notti in bianco, le botte date e prese, i tanti piccoli e silenziosi gesti che condiscono la nostra quotidianità e danno un senso a tutto. Siamo noi, stretti e abbracciati sotto al palco, mentre cantiamo a squarciagola la nostra rabbia e il nostro amore.

E allora, quando succedono queste cose, conta solo essere lì, a scolpire nella mente e nell'anima l'istantanea di un momento che non dimenticherai, perchè è tuo e di altre mille persone che contribuiscono a renderlo unico. E' la Comunità, una cosa che non si può spiegare con le parole, perchè occorre viverla e sentirsela addosso. 

giovedì 24 maggio 2012

Quelle azioni che diventano preghiere




di Gabriele Marconi


Ricordando il periodo più infuocato degli Anni di Piombo, un mio caro amico una volta ha scritto che «… nella ricerca di quella moralità che emerge nei momenti di tensione estrema, là dove la coscienza è ancora presente, le azioni diventano preghiere».
Questa frase mi è tornata in mente quando, discutendo sullo slancio di mia figlia per la militanza politica, mi si chiedeva perché non le aprissi gli occhi sullo schifo della politica stessa, dimostrato ogni giorno di più dagli scandali che continuano a emergere a tutti i livelli (corruzioni, appropriazioni indebite, abusi di potere… ). E mi si diceva che quello slancio sarebbe   molto più incisivo se fosse diretto, ad esempio, nella pratica religiosa che lei trascura per riunioni, volantinaggi e corsi di formazione. La risposta è nelle parole scritte dal mio amico. Perché è vero e sacrosanto quel che si dice: in politica non esistono vuoti e lo spazio che lasci tu viene occupato da qualcun altro. Perché il disgusto è un’arma subdola in mano a chi ha tutto l’interesse a occupare quel vuoto. E se, schifati dalla miseria dimostrata da molta parte della cosiddetta “classe dirigente”, quelli che hanno a cuore le sorti del mondo (i migliori) si fanno da parte, va da sé, saranno altri, i più furbi (i peggiori) a decidere le sorti di tutti. Le idee che diventano azioni. E le azioni che diventano preghiere… Qualche giorno fa sono stato in quel di Verona per ricordare Nicola Pasetto, morto in un incidente stradale esattamente quindici anni fa. Lui era uno di quelli che avevano scelto di non tirarsi indietro. Dal periodo della militanza difficile e pericolosa fino alla vita parlamentare. Con limpidezza esemplare. Dimostrando che non è vero che sono tutti uguali. Durante quell’incontro Fausto Pasetto, ricordando suo figlio, ha raccontato di quella volta in cui, a metà degli anni Settanta, entrò nella Federazione del Msi di Verona con l’intenzione di cantarne quattro ai dirigenti perché consentivano a un quattordicenne (Nicola cominciò a quell’età, come molti di noi) di frequentare la sezione. «Ero pronto a denunciarli per circonvenzione d’incapace. Ma quando sono entrato nel salone ho visto una decina di ragazzini che, poggiandosi a un tavolo lungo, stavano lì tutti impegnati a scrivere striscioni e manifesti. Ed erano così belli, così luminosi che all’improvviso tutta la rabbia s’è trasformata in commozione. E sono andato via senza dire niente, convinto che Nicola dovesse seguire la strada che sentiva di dover percorrere». Idee che diventano azioni. Azioni che diventano preghiere… “Sì ma…” è la risposta pronta. “Ma” c’è chi sfrutta l’entusiasmo dei giovani. “Ma” c’è chi tradisce la buona fede. “Ma” c’è chi usa il tuo slancio ideale per monetizzarlo a proprio uso e consumo… È vero. Ma è altrettanto vero che c’è chi vuole che pensiamo siano tutti così. C’è chi ha tutto l’interesse perché quelli che hanno coscienza si facciano da parte, lasciando campo libero a chi voglia giocare il suo sporco gioco. “È tutto inutile” ci dicono, “la politica fa schifo e chi si avvicina al potere ne resta irrimediabilmente traviato”. E gli stessi, mentre dicono che è una pia illusione pensare di poter cambiare le cose, sono incredibilmente convinti di poter liberamente “fare del bene in altro modo”. Come se tirandosi fuori dalla melma ci si potesse salvare, diventando magicamente invulnerabili. Ma non è così. Tu puoi ignorare la politica, ma è la politica che non ignora te. Siamo tutti coinvolti. E tutti, in quanto miseri esseri umani, siamo condannati a fare degli errori. Ma come diceva il poeta “sol chi non fa non falla”. Meglio sbagliarsi, provandoci, che farsi vivere dagli altri senza averci provato mai.

mercoledì 23 maggio 2012

Io vorrei che l'Italia non fosse subalterna a nessuno


di Massimo Fini

Monsignor Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di domenica ci ha inflitto un'omelia per spiegarci che la Germania, nonostante la sua forza economica, non è adatta a guidare l'Europa. È difficile sintetizzare un'editoriale di Monsignore che la cede per prolissità solo a Eugenio Scalfari, comunque ci proverò. Secondo Monsignore la Germania è gretta, meschina, arida, incapace di sogni e “quando si addormenta la sera l'unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l'attende l'indomani”. Per la verità non mi pare che gli italiani siano meno adoratori del Quattrino, con la differenza che noi tendiamo a rubarlo, la classe dirigente tedesca a usarlo in funzione del bene comune. Ma lasciamo perdere.
Si potrebbe obiettare a Monsignore che l'intera cultura europea degli ultimi due secoli è tributaria del pensiero tedesco, in ogni sua forma, filosofica, letteraria, scientifica, architettonica, urbanistica, musicale, da Kant a Heidegger, da Kafka a Thomas Mann, da Oppenheimer a Einstein, da Gropius al Bauhaus, da Mozart a Stockhausen, e che quindi sparare contro la Germania è sparare contro l'Europa. Ma è proprio ciò che interessa a Monsignore in favore dell'eterno 'amico americano'. Scrive: “Alla Germania manca la capacità di incarnare una 'way of life' libera e accattivante, di produrre universi mitico-simbolici... di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy”.
Io di questa mistica del chewing-gum ne ho pieni i coglioni. Dura da quasi settant'anni. E vediamola allora, a volo d'uccello, la storia di questo popolo tanto easy. Comincia con uno spietato e vigliacchissimo genocidio (winchester contro frecce), non disdegnando l'uso delle 'armi chimiche' allora disponibili (whisky per rovinare la salute dei pellerossa). Gli Stati Uniti sono l'unico Paese che in tempi moderni ha praticato al proprio interno la schiavitù (abolita solo nel 1862), scomparsa in Europa dal crollo dell'Impero romano. Hanno avuto l'apartheid fino a una cinquantina d'anni fa. Molto attenti alla propria pelle gli americani hanno una totale indifferenza per quella altrui. Alla fine della Seconda guerra mondiale bombardarono a tappeto Dresda, Lipsia, Berlino col preciso intento di colpire i civili, ammazzandone a milioni, “per fiaccare la resistenza del popolo tedesco”, come si espressero esplicitamente i loro comandi politici e militari. Sono i soli che abbiano usato l'Atomica.
Dopo la vittoria del 1945 hanno ridotto l'Europa in stato di minorità, di sovranità limitata e la Nato è stata uno dei principali strumenti per tenerla soggiogata, militarmente, politicamente, economicamente e, alla fine, anche culturalmente come dimostra il soccombista Galli della Loggia. Con la loro 'way of life' easy hanno provocato una crisi epocale che hanno poi scaricato sull'Europa e che continuano a scaricare con tutti i mezzi, non escluse le loro agenzie di rating. La crisi è partita dall'America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica.
Io vorrei che l'Italia non fosse subalterna a nessuno. Ma se così deve essere, preferisco un'Europa guidata dalla Germania che sotto il tallone degli “easy, ariosi, liberi, umani” United States of America, di cui siamo, da troppo tempo, gli 'utili idioti'.

I tentacoli della Finanza internazionale che stritolano l'Italia


di Gianni Petrosillo (Tiscali)

Le smancerie di Obama al nostro Presidente del Consiglio sono la mancia in spiccioli che gli Usa elargiscono all’Italia per aver eseguito gli ordini coloniali alla perfezione. Gli osservatori internazionali chiamano questa affettazione con nomi altisonanti ma l’immagine che essa rimanda alla mente è quella del biscotto tirato al cane da compagnia scodinzolante. Se a Monti è stato riconosciuto un ruolo di primo piano al G8 è soltanto perché questo evento è ormai inutile e squalificato, un summit delle chiacchiere (come lo ha definito il Generale Carlo Jean), e di una stanca ritualità ineffettuale, fuori dalle geometrie geopolitiche dell’attuale fase storica di un mondo non più unipolare e timidamente multicentrico.

A Monti viene anche affidato il compito del mediatore tra la rigida Berlino e quel che resta della flaccida Europa, con quest’ultima davvero persuasa che i malanni comunitari abbiano origine nella foresta nera piuttosto che nella selva oscura del Nuovo Mondo, dove la nostra sovranità resta atterrita. Ma che strano intermediario questo professore affossatore al quale la divisa dell’arbitro serve solo per tenere nascosta, appena sopra la pelle, la casacca a stellette e striscette. Innalzare più in alto la bandiera europea per meglio seppellirla, ecco a cosa serve l’ostentato europeismo ex cathedra di questi illuminati spenti, pieni di sé e vuoti di spirito dei tempi. E sì, perché Monti, non può fare diversamente, essendo il prodotto di quei tentacoli finanziari atlantici che adesso rivendicano il momento della reminiscenza e della riconoscenza da parte del loro pupillo, il quale senza manine e spintarelle d’oltreoceano non sarebbe Premier e nemmeno Senatore.

Così descrive il sito scandalistico Dagospia questa truce faccenda: “In qualsiasi parte del globo la politica è fatta di ideali, trame e baratti. Questi ultimi sono un ingrediente fondamentale nella logica del potere, soprattutto di quei poteri forti che non danno niente per niente e al momento buono presentano le cambiali da pagare. Tra gli ambienti che si aspettano da Monti qualche gesto concreto di buona volontà c’è sicuramente Goldman Sachs, la potente merchant bank americana nella quale il Professore ha lavorato a partire dal 2005, e che ha ingaggiato personaggi come Mario Draghi, Romano Prodi, Massimo Tononi e per ultimo il Maggiordomo di Sua Santità, Gianni Letta”. Goldman Sachs passa appunto ora dalla cassa, la Cassa Depositi e Prestiti per la precisione, al fine gestire direttamente l’acquisizione del 30% di Snam, scippata ad Eni, con evidenti scopi d’indebolimento del cane a sei zampe e con l’intento di pilotare le sue sfere di penetrazione estera, prevenendo ulteriori pericolosissimi smottamenti verso est. Qualcuno potrebbe obiettare che trattasi semplicemente di “melina” di Stato, di movimento apparente, perché in un caso come nell’altro, la proprietà resterebbe saldamente in mano pubblica.

Ma lo Stato non è un monolite, i suoi apparati, nei quali agiscono uomini e drappelli in costante conflitto tra loro, possono perseguire obiettivi non convergenti in base ad intenzioni e piani persino contrastanti, in quanto nascenti da differenti esami della realtà e delle molteplici direzioni da far imboccare alle istituzioni e al Paese. Che questa “compravendita” sia sospetta lo dimostra il fatto che la merchant bank americana svolgerà il ruolo di Advisor nell’operazione praticamente gratis, alla cifra simbolica di 1013 euro. Va bene che sono periodi di crisi ma nessuno fa mai niente per niente. Infatti, non sono i soldi che contano in questa circostanza ma l’opportunità di poter manovrare a proprio piacimento l’acquisizione, ricavandosi uno spazio di azione presente e futuro nelle più importanti aziende strategiche nostrane. Sarà un caso che tutto avvenga nell’interregno impolitico e sempre più impopolare dei tecnici che si sono fatti le ossa all’estero, soprattutto negli Usa, prima di ritornare in patria per spezzare le reni agli italiani? Monti è stato dipendente di Goldman Sachs, oltreché membro del Bilderberg e della Trilaterale, organismi “anglo-globali” poco avvicinabili dall’uomo qualunque e per nulla trasparenti che non hanno mai nascosto le proprie manie di grandezza e di dominio sull’orbe terracqueo.

Quel che importa, al di là dell’ossessione mondialista di tali gruppi, spesso più eccitati che conseguenti, è il luogo geografico dove si basano. Tutte le strade portano a Washington ed è proprio qui che si decidono le sorti politiche ed industriali di molte nazioni che non rivendicano e non fanno valere le proprie prerogative nazionali. Guardate chi sono i (ri)baldi caporioni che esultano per questo dubbio affare nel settore energetico nostrano: Franco Bassanini, membro della Fondazione Italia Usa, il quale dal 2008 è a capo della CDP e Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato della medesima Cassa, nonché ex manager di JP Morgan. Se questi vi sembrano disinteressati ed innocenti perseguitori dell’interesse pubblico, in nome della concorrenza e dei vantaggi per i consumatori, allora il sole può riprendere benissimo a girare intorno alla terra, la quale ovviamente è ancora piatta come l’encefalogramma di chi ci crede.

domenica 13 maggio 2012

SKOLL A CASAGGì FIRENZE!




Sabato 26 maggio il Movimento Studentesco Nazionale e Casaggì faranno festa, dopo un anno politico frenetico e ricco di eventi, di novità e di soddisfazioni. Farà festa con la musica, con la voglia di Comunità e di allegria, con i tanti calici che si alzeranno al cielo e con le Idee, quelle di sempre e che non mancano mai. La festa dei ribelli.

L'ospite, come sempre atteso, sarà Skoll. Andrà in scena la presentazione di "Questo mondo non basta. Uomini ed eroi", il suo libro fresco di stampa, che presenterà con uno spettacolo imperdibile  in versi, musica e parole. Un concerto sui generis, ricco di spunti e di percorsi, oltre che di note e di suoni. 

"Questo mondo non basta. Uomini ed eroi", secondo la descrizione che ne dà l'editore, è un collage di storie di uomini, donne, eroi. Storie fatte di sacrifici, imprese, Ideali e Valori. Storie che Federico “Skoll” Goglio racconta prendendo spunto dai versi di alcuni suoi brani. 


Leggeremo, tra gli altri, del Comandante Massud, di Brigitte Bardot, di Evita, degli Uomini di El Alamein, di Mishima. Forse, sfogliando il libro, a qualcuno verrà anche spontaneo canticchiare e riascoltare le canzoni che, lungo un percorso artistico di più di dieci anni, Skoll ha portato in giro per i palchi di tutta Italia e non solo. Queste pagine sono una sintesi di parole e musica. Vita, esperienze, emozioni. Testa e cuore. Lacrime e buon umore.

E se il mondo di oggi è, purtroppo, di coloro che “non ci provano nemmeno – scrive Skoll - e nascondono la loro inadeguatezza, denigrando gli altri con sufficienza e aria di superiorità, gli Uomini che hanno deciso di vivere diversamente, quelli che non conoscono confini, spazi e tempo, sono già andati oltre, con la schiena sempre dritta. Per loro, che sono grandezza, esempio e slancio, questo mondo non basta!”.

SABATO 26 MAGGIO ORE 21
FESTA DEI RIBELLI E MUSICA CON SKOLL
dalle 19 apericena per tutti con piatti caldi
CASAGGì FIRENZE - VIA FRUSA 37

sabato 12 maggio 2012

CASAGGì HA RICORDATO SERGIO RAMELLI...



Come da tradizione Firenze ha ricordato Sergio Ramelli, giovane vittima dell’odio antifascista e della brutalità della violenza politica più cieca. E lo ha fatto nel migliore dei modi, assieme ai ragazzi di Casaggì e della Giovane Italia.

Una sala gremita, quella dell’Hotel Mediterraneo, affollata da gente di ogni età, con militanti di ogni generazione e semplici cittadini spinti dalla curiosità ad approfondire il clima degli anni di piombo attraverso la visione di “Milano Burning” e l’ascolto attento degli interventi di Paola Frassinetti, militante del FdG milanese assieme a Sergio ed oggi deputata; di Paolo Bussagli, regista dell’opera; di Achille Totaro, senatore e storica anima della destra fiorentina e di Francesco Torselli, consigliere comunale e fondatore di Casaggì.

Coinvolgente e a tratti commovente il documentario, realizzato grazie alla collaborazione dell’ex Ministro della Gioventù Giorgia Meloni e oggi veicolato in ogni città grazie all’impegno dei tanti attivisti e delle tante sigle che hanno raccolto il testimone ideale dell’impegno politico identitario e non conforme. Un viaggio nella memoria e nei racconti di chi, direttamente o indirettamente, ha vissuto uno dei più tragici episodi della storia italiana, un fatto di sangue frutto di una spietata logica omicida e di una lucida strategia di annientamento sistematico e premeditato dell’avversario politico, come nella prassi marxista. Una strategia che ha comunque, ancora, degli strascichi evidenti: nel filmato si mostrano i manifesti che, lo scorso anno, furono affissi fuori dalla sede di Casaggì, inneggianti proprio all’assassinio di Sergio. Gesti che lasciano sconcertati.

“Milano Burning” racconta la ricostruzione dei processi, le testimonianze dei vecchi amici di Sergio, dei suoi camerati, delle persone che lo hanno conosciuto e che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia del fanatismo di Avanguardia Operaia, che arriva a massacrare un diciottenne a colpi di chiave inglese senza neanche conoscerlo, solo perché aveva scritto un tema “scomodo” nel quale condannava le azioni omicide delle Brigate Rosse, che allora erano ancora considerate “sedicenti” e godevano di ottime coperture e di forti appoggi anche nelle alte sfere della società italiana.

Restano impresse le parole e lo sguardo di Anita Ramelli, madre di Sergio e donna dotata di una forza e di una dignità impagabili. Una donna che dopo aver subito l’assassinio del figlio sotto la finestra della propria camera è costretta a dover trasferire l’altro figlio lontano da Milano, perché minacciato di morte in quanto fratello di un fascista morto. Una donna costretta a subire, per anni e anni, telefonate minatorie e scritte sul portone, lettere anonime e spergiuri pubblici, nell’indifferenza e nell’omertà di quanti, in quegli anni, osservavano questo scempio in silenzio, perché impauriti dalla violenza dell’estrema sinistra. Quelli che da dietro le finestre osservavano ogni giorno, per anni, i subumani che andavano a gettare l’immondizia sul luogo del delitto, accanto ai fiori deposti dagli amici di Sergio, come spregio alla ragione e all’umanità, come ultima infamia di una sequela infinita di amenità. Una donna costretta a non veder neanche celebrare per intero il funerale del proprio figlio, perché “adunata sediziosa”, tra le cariche della polizia e la gente chiusa nei cellulari e portata in Questura senza motivo, solo perché presente ad un rito funebre che in quei giorni nessun parroco volle celebrare per paura delle ritorsioni antifasciste. Una donna che tuttavia non ha mai odiato, che non ha usato una sola parola di sproloquio, che non ha urlato, che ha parlato con la tranquillità e la forza d’animo di chi affronta la vita per come viene, senza paura.

Ed è così che va vissuto l’impegno politico, da ogni parte: con dignità e senza paura. Nella convinzione che le vie da percorre siano quelle dell’onore e non quelle dell’odio e della morte. 

venerdì 4 maggio 2012

CASAGGì APRE IN VALDICHIANA: IL PRIMO CALENDARIO!



Casaggì sbarca anche nella Valdichiana. Una nuova sede, costruita dal nulla in questi mesi e regolarmente affittata, ristrutturata e mantenuta coi mezzi dell'aufinianziamento della militanza dei nostri attivisti, ha aperto i battenti a Montepulciano. 

Un'altra sfida vinta, fatta di radicamento e di territorialità, di scelte condivise e di sacrifici. Una scommessa che vale doppio, in un tempo di crisi e di sfiducia che investe anche e sopratutto la politica, ormai relegata al rango di ruota di scorta dei poteri forti, senza alcun legame diretto con la Polis, con i suoi drammi quotidiani, con le sue esigenze, con le sue paure e coi suoi dubbi.

E' su questo terreno che Casaggì vuole agire: laddove la politica dei partiti e dei comitati non è arrivata, nel dialogo serrato con la società, con gli ultimi, con le vittime di un mercato che ha esteso le sue propaggini più pericolose fin nell'ultimo anfratto della nostra socialità. Ciò che ci preme è il recupero di un legame comunitario e di un tessuto sociale ormai atrofizzato e distrutto, ripartendo dalle piccole cose, creando punti di aggregazione e di discussione, di vita, di allegria, di approfondimento e di cultura, di azioni, di metodi nuovi e più freschi. 

Quello di Montepulciano è il quarto spazio non conforme che la nostra Comunità umana e politica ha aperto nell'ultimo anno di attività, dopo quelli di Firenze, Grosseto ed Empoli. In arrivo c'è quello di Arezzo, già in fase di ristrutturazione...


Domenica si parte con la prima delle attività in programma: una cena sociale di autofinanziamento aperta alla cittadinanza. Ritrovo alle 20 in via del Poggiolo, 3 a Montepulciano. Vino, tradizione e Comunità.