giovedì 27 febbraio 2014

Genova. A Palazzo Ducale in mostra le immagini simbolo della RSI

1392207574bC’è tutta l’ “estetica della strada”, teorizzata dai maestri della cartellonistica del ‘900, nella mostra “Fascismo ultimo atto – L’immagine della Repubblica Sociale”, in corso al Palazzo Ducale di Genova. Le lacerazioni civili e politiche del biennio 1943 – 1945, il contesto drammatico e le vicende belliche trovano una plastica rappresentazione nella ricca iconografia, curata attingendo il materiale dalla Wolfsoniana, collezione focalizzata sulle arti decorative e di propaganda del periodo 1880 – 1945, e dal genovese Istituto Mazziniano, che conserva un fondo dedicato alla Rsi. Operazione-coraggio, si può dire, quella compiuta dalla fondazione che sovraintende al Palazzo Ducale di Genova, in quanto impegnata a fare parlare le carte e le immagini, riducendo al minimo le intermediazioni interpretative. Gli interventi dei due curatori, Matteo Fochessati e Gianni Franzone, sono infatti tutti focalizzati sull’iconografia, ordinata nei sette temi che danno organicità alla mostra: dalla guerra all’8 settembre; la fatale alleanza; i volti del nemico; nemici interni; la difesa dei valori e dell’onore; la propaganda tra illusione e persuasione; catastrofe e palingenesi.
Nella ricca esposizione di manifesti, il cuore della mostra, ma anche di giornali ed opuscoli, ad emergere sono il tentativo di cancellare l’onta dell’8 settembre e di affermare una sorta di “cameratismo dell’onore” con l’alleato tedesco; la visione del nemico, incarnazione dell’imperialismo inglese e del capitalismo americano; la lotta sul fronte interno, espresso dai “borghesi”, dai “sabotatori” e dai “banditi”; la ripresa dello spirito risorgimentale d’impronta repubblicana (con le immagini di Garibaldi e di Mazzini); la denuncia degli scempi dei “liberatori”; la “mistica del sacrificio” e l’aspettativa per una “Nuova Italia” da ricostruire.
Centrali in questa “estetica della strada” le immagini dei migliori illustratori dell’epoca, con in prima fila Gino Boccasile e Dante Coscia. Tra i manifesti esposti nella mostra genovese spiccano (di Boccasile) il manifesto di forte suggestione evocativa “Sta per scoccare l’ora dell’espiazione per l’antiEuropa” ed il notissimo “Razzia” con l’immagine della Venere di Milo, abbracciata dal soldato di colore e segnata, sul ventre, dal prezzo in Usd. Da non perdere il catalogo (Canneto Editore, www.cannetoeditore.it) che conferma il rigore filologico dei curatori e degli organizzatori, impegnati a cogliere – come si legge in premessa – “lo sforzo di rimotivazione ideologica” del fascismo di Salò ed il tentativo “di riattualizzare quella dimensione eversiva e di movimento che aveva caratterizzato il fascismo delle origini”.
Quanto poi quella propaganda riuscì nel suo intento è evidentemente un’altra questione, così come in gran parte da fare è il discorso sull’essenza della Rsi, a cui uno storico- giornalista certo non di orientamenti neofascisti, quale fu Giorgio Bocca, riconobbe, nel suo libro “La Repubblica di Mussolini”, quel consenso popolare che aveva caratterizzato il ventennio precedente. In questa prospettiva, anche sapere guardare l’immagine (e quindi – aggiungiamo noi – l’immaginario) dell’epoca può essere utile, sulla strada di una più compiuta analisi storica, ormai doverosa a settant’anni da quegli avvenimenti.
di: Mario Bozzi Sentieri (barbadillo.it)

mercoledì 26 febbraio 2014

Federica Guidi, il ministro per lo sviluppo economico…della Romania



di Filippo Burla 

“Donna, imprenditrice, quarantenne, famosa”. Così Matteo Renzi aveva tracciato il profilo del neoministro dello Sviluppo economico. E così è stato, con la nomina di Federica Guidi.Laurea in Giurisprudenza, la Guidi ricopre importanti incarichi operativi nell’impresa di famiglia, la Ducati Energia. Presidente dei giovani imprenditori dell’Emilia Romagna prima e presidente dei giovani imprenditori di Confindustria a livello nazionale poi, completa il cursus honorum nell’associazione degli industriali con la vicepresidenza generale della stessa. E’ accreditata inoltre di una forte vicinanza all’ex premier Silvio Berlusconi, che in questo modo e nonostante sia in via ufficiale all’opposizione avrebbe ottenuto uno scranno ministeriale.

A prendere il posto di Flavio Zanonato va quindi una personalità non di secondo piano, in funzione più tecnica che politica, relativamente giovane e con già esperienza alle spalle. Tra le prime scelte, quella di rinunciare ai ruoli rivestiti nella sua azienda, al fine di fugare ogni qualsiasi possibile dubbio relativo al conflitto di interessi. Questo perché la Ducati Energia lavora, tra le altre cose, anche su commesse pubbliche sia a livello nazionale che sull’estero. Un beau geste di marca spiccatamente anglosassone. Non un’abitudine “italiana”, in effetti. A che pro? La Guidi non è una dipendente dell’aziendia come potrebbe essere fin un amministratore esterno, ma a tutti gli effetti parte della famiglia proprietaria. Non manager di diritto, a prescindere dal ruolo ricoperto, ma di fatto.

Al di là del conflitto di interessi il dato rilevante è tuttavia un altro: Ducati Energia, come altre aziende di rilevanza internazionale, non disdegna la pratica della delocalizzazione produttiva. Romania e Croazia per restare in Europa, poi India e perfino Argentina. La ricerca di “migliori” condizioni (e cioé salari ridotti all’osso, diritti sindacali azzerati, ambienti di lavoro insalubri) non nasce certo oggi e l’azienda bolognese non ne é la capofila. Non esistono poi leggi imperative che, al momento, vietino queste scelte d’impresa.

Ciò che risulta però singolare è il fatto chela Guidi non sia chiamata ad un ministero come l’istruzione o l’ambiente ma aquel ministero dello Sviluppo ai cui tavoli siedono le aziende in stato di crisi. Ivi comprese quelle realtà che minacciano ricatti salariali e chiusure di stabilimenti come strumento di pressione per strappare contributi o far digerire la pillola amara dei licenziamenti. Uno dei primi dossier in mano al dicastero sarà peraltro la questione Electrolux, la multinazionale svedese che chiede il dimezzamento dei salari per “avvicinarli” a quelli che la stessa corrisponde ai lavoratori polacchi. Senza dimenticare i casi di Telecom, le privatizzazioni -per le quali lavorerà in stretto contatto con il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan - e tutte le riforme in divenire sui nodi cuneo fiscale e competitività internazionale del sistema-Italia.

Il nuovo corso nel dicastero di palazzo Piacentini e che fu sede dell’allora ministero delle Corporazioni, non comincia sotto i migliori auspici.

martedì 25 febbraio 2014

’1984′ e ‘Hunger Games’ a confronto: viaggio nel mondo del romanzo distopico

di Gianluca Limòn (L'Intellettuale Dissidente)

Il grande capolavoro di George Orwell a confronto con il più giovane romanzo dei nostri giorni Hunger Games. Un totalitarismo, una società divisa in classi, il culto dello Stato e un conformismo dominante. Due libri che ci raccontano una società sotto la repressione e che portano a riflettere attraverso due trame straordinarie.



1984 è il romanzo più importante di Gorge Orwell, scritto nel 1948 durante il periodo della guerra fredda, definito da molti il romanzo dispotico per eccellenza. Il tema affrontato è quello del potere e la manipolazione dei suoi sudditi:

E’ il 1984 e il pianeta Terra è suddiviso in tre grandi potenze, in costante guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. L’azione è ambientata in un futuro prossimo in cui la società è amministrata secondo i principi del Socing, un socialismo estremo, governato da un partito unico il cui capo supremo è il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto e che spia e tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini. La gerarchia del Partito si articola in classi, in testa, i leader e gli amministratori, comandano sugli impiegati e i funzionari. Sotto il partito stanno i Prolet, la forza lavoro adibita ai lavori più pesanti; i proletari che per l’appunto che non hanno niente se non la prole.

Il Partito controlla e educa alla sua ideologia. Il controllo avviene attraverso delle telecamere, che privano gli individui della privacy e di alcuna forma di libertà, e con la forza armata che interviene ad ogni minimo cenno di ribellione o di fronte a comportamenti considerati sospetti. La propaganda sulle masse è costante, lo slogan del partito è “La libertà è schiavitù, la guerra è pace, l’ignoranza è forza”.

Il protagonista del romanzo è Winston Smith, membro del partito che lavora nel Ministero della Verità, il cui compito è aggiornare costantemente le notizie dei libri e giornali non in linea con la politica del partito. In questo modo il passato viene manomesso e la storia, su cui il partito ha il controllo, viene riscritta a proprio vantaggio: “chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato”. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith non sopporta il partito e inizia a remargli contro. Trova un alleato in un compagno di lavoro, O’Brien, insieme al quale inizierà a collaborare con un’organizzazione clandestina.

Orwell, ci mostra una società paradossale che solo al pensarla crea angoscia nel lettore. Un mondo in cui ogni individuo è privo di libertà e dove ogni suo più naturale istinto viene represso. Una società dominata da un’ideologia che attacca e manipola l’origine stessa della vita. E vediamo infine come il presunto “benessere” che il Partito fa vivere ai suoi cittadini, è fonte di depressione, angoscia, frustrazione, perdita di senso. È possibile fare un paragone con il modo di vivere dei nostri giorni che ha scaraventato l’uomo in una disperata infelicità quale nessuna epoca precedente ha mai veduto, ma che per quanto brutale non importa: viviamo comunque nel “migliore dei mondi possibili”.

Più recentemente tra le opere con un’ambientazione futuristica, Hunger Games, il libro della scrittrice statunitense, Suzanne Collins, ha avuto tanto successo da diventare presto un film campione d’incassi.

Il romanzo è ambientato in un Nord America post apocalittico. Protagonista è la sedicenne Katniss Everdeen, che vive nella terra di Panem, divisa in dodici Distretti e governata da un regime totalitario con sede a Capitol City.

La popolazione, è obbligata a lavorare solo ed unicamente per sostentare la ricca capitale, e nel frattempo sopravvive in preda alla fame e alle ristrettezze, senza alcuna prospettiva di reale libertà. In seguito ad un passato tentativo di rivolta, ogni anno da ciascun distretto vengono scelti un ragazzo e una ragazza per partecipare agli Hunger Games, un reality show in cui i 24 ragazzi, i tributi, si affrontano in un’enorme arena finché non resta un solo sopravvissuto.

Katniss e Peeta sono i due giovani scelti del dodicesimo distretto per la 74ª edizione dei giochi. I due partono per la capitale, dove gli aspettano i migliori trattamenti e servigi per i partecipanti dei giochi che si accingono ad andare in contro alla morte. Dopo una grande preparazione e una spettacolare inaugurazione, i giochi hanno inizio.

Questa volta però i giochi avranno un finale inaspettato. I due giovani, infatti, rimasti come ultimi due concorrenti, rifiutano di uccidersi e piuttosto scelgono il suicidio. A questo punto gli organizzatori devono intervenire per non far finire i giochi in tragedia e cosi deludere il pubblico. Vengono sanciti per la prima volta nella storia dei giochi due vincitori. Con la loro vittoria i due ragazzi hanno acceso la speranza nel cuore della gente e in particolare Katniss, temeraria e sfrontata, è diventata un simbolo per il popolo che si sta preparando per la rivoluzione.

Ogni romanzo è figlio del proprio tempo, e Hunger Games è un buon romanzo di avventura, un concentrato di azione e suspense, ma con un sotto testo non banale che guarda con occhio critico alla società contemporanea. Pone l’accento sull’estremo spettacolo con la strumentalizzazione della violenza e della sofferenza per mero intrattenimento. Non a caso è stato scelto Panem come nome del paese. “Panem et circenses” recitavano i latini..

Orwell scrisse il suo romanzo ai tempi del comunismo sovietico, in cui il governo si prendeva con la forza la libertà del singolo individuo. Oggi invece siamo stati noi a consegnare con le nostre mani la libertà al nemico. In 1984 il grande mostro era il comunismo, nel XXI secolo il grande mostro è il conformismo. Se non ci sono più valori, l’importante è lo spettacolo!

“Cominciamo a percepire che nella nostra società tecnologica ogni nuovo passo avanti rende l’uomo insieme più impotente e più forte, che ogni nuovo potere acquisito sulla natura sembra essere un potere sull’uomo… gli individui sono sempre più alienati dalla società… sebbene si ponga ancora l’accento sui vantaggi dell’aumento di produzione e del consumo, nei paesi più prosperi sta nascendo la sensazione che la vita stia perdendo in qualità e vengono messe in discussione le basi di tutto il sistema”(Da Sudditi di Massimo Fini). L’uomo è natura e cultura insieme, ma la prima non può essere piegata e spazzata via a discapito della seconda.

È quello che George Orwell e Suzanne Collins, ci mostrano. I due autori ci vogliono mettere in guardia contro un futuro che non è poi cosi lontano. Citando la frase di Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica: “Siamo su un treno che va a trecento chilometri all’ora, non sappiamo dove ci sta portando e, soprattutto, ci siamo accorti che non c’è il macchinista”. Un treno su cui siamo tutti e non sappiamo in quale direzione corre. Soltanto mettendo la libertà e la ragione alla guida, saremo capaci di evitare un destino fatale: lo schianto della nostra civiltà.

lunedì 24 febbraio 2014

Francia: gli omosessuali “non allineati” si schierano contro le lobbies LGBT

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 Tratto da: azionetradizionale.com
“La coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale. Ed è diversa per un semplice dettaglio: non può dare origine alla vita”. “Il nostro movimento rivendica … che gli omosessuali siano trattati diversamente dagli eterosessuali, perché siamo differenti. Non possiamo chiedere l’uguaglianza per situazioni che sono differenti. Non è l’uguaglianza ad essere importante, ma la giustizia. C’è un’uguaglianza giusta e un’uguaglianza ingiusta”. “Noi crediamo che i bambini abbiano il diritto ad avere un padre e una madre, possibilmente biologici, che possibilmente si amino. Un figlio nasce dal frutto dell’amore di suo padre e di sua madre e ha il diritto di conoscerli”. “Noi non vogliamo il matrimonio, che è riservato all’uomo e alla donna in quanto possono procreare. È così da secoli”. “La pace si costruisce dentro la famiglia e per avere pace nella famiglia bisogna donare ai bambini il quadro più naturale e che più infonde sicurezza per crescere e diventare grandi. Cioè la composizione classica uomo-donna”. Queste parole non provengono da un club di sporchi omofobi, ma da Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, un collettivo di cittadini francesi omosessuali che si oppongono alla legge francese su matrimoni ed adozioni gay, appoggiando anche le iniziative di “Manif pour Tous”. Il movimento Homovox viene censurato e represso in Francia, ed è una dimostrazione lampante di come il tema dell’omosessualità e dei fantomatici “diritti” dei gruppi LGBT sia una delle teste d’ariete sfruttate dalle forze della sovversione per abbattere le mura a difesa della Tradizione, a dispetto in primo luogo di quegli omosessuali che non vogliono essere strumentalizzati e che, per primi, riconoscono l’importanza e la necessità del diversificare: “Non è l’uguaglianza ad essere importante, ma la giustizia. C’è un’uguaglianza giusta e un’uguaglianza ingiusta”. Non è Platone a parlare, ma una donna che, proprio perché si trova in una particolare condizione, mostra di capire l’essenza ultima delle cose molto più chiaramente di quanto non possano (o non vogliano) fare tutti gli altri burattini o manovali al servizio delle forze oscure che stanno scatenando il putiferio in quest’epoca di inarrestabile declino.
(Tempi.it) - Sono francesi, sono omosessuali, «la maggioranza degli omosessuali», e non vogliono né il matrimonio né l’adozione per le coppie gay, soprattutto non vogliono essere trattati allo stesso modo delle coppie eterosessuali «perché siamo diversi: non vogliamo uguaglianza, ma giustizia». Parliamo dei cittadini francesi gay rappresentati da Homovox, che non chiede il “matrimonio per tutti” – nome del progetto di legge di François Hollande che legalizzerà il matrimonio gay e l’adozione per le coppie omosessuali – ma “la parola per tutti!”. «In Francia ci censurano, si ascoltano sempre le lobby LGBT, parlano sempre loro nei media, ma la maggior parte degli omosessuali sono amareggiati dal fatto che questa lobby parli a loro nome, perché non abbiamo votato per loro e non ci rappresenta», spiega a tempi.it Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox. Ecco perché l’associazione parteciperà domenica alla grande “Manifestazione per tutti”, che vedrà sfilare dai cattolici agli ebrei ai musulmani ai socialisti ai radicali agli omosessuali contro il progetto di legge di Hollande, che comincerà ad essere discusso all’Assemblea nazionale il 29 gennaio.

Chi rappresenta Homovox in Francia?

Homovox è un collettivo di cittadini francesi che porta la voce degli omosessuali francesi che si oppongono al progetto di legge Taubira. Sul nostro sito Homovox.com si possono trovare le testimonianze delle persone omosessuali che spiegano perché si oppongono al progetto di legge.
Perché avete firmato l’appello della “manifestazione per tutti”?
In Francia si ascoltano sempre le lobby LGBT, parlano sempre loro nei media, ma molti omosessuali non fanno parte di questo movimento. La maggior parte degli omosessuali sono amareggiati dal fatto che questa lobby parli a loro nome, perché non abbiamo votato per loro. Noi vogliamo dare la parola alla maggioranza degli omosessuali in Francia e sosteniamo la “Manifestazione per tutti” perché noi gay non vogliamo il matrimonio.
Perché?
Perché la coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale. Ed è diversa per un semplice dettaglio: non può dare origine alla vita, per cui ha bisogno di una forma di unione specifica che non sia il matrimonio. Ha bisogno di un’altra cosa perché la realtà delle coppie omosessuali è diversa da quella delle coppie eterosessuali.
Nel vostro comunicato accusate la comunità LGBT di essersi autoproclamata portavoce della comunità omosessuale.
È proprio così. Le comunità LGBT sono composte molto spesso da persone omosessuali che sono state rigettate dalla famiglia, sono venute a Parigi e hanno trovato ospitalità nella comunità Lgbt, sorta nel quartiere del Marais. Queste persone hanno una ferita in rapporto alla loro omosessualità: poiché non la accettano, rivendicano di essere come gli eterosessuali. Il nostro movimento rivendica invece che gli omosessuali siano trattati diversamente dagli eterosessuali, perché siamo differenti. Non possiamo chiedere l’uguaglianza per situazioni che sono differenti. Non è l’uguaglianza ad essere importante, ma la giustizia. C’è un’uguaglianza giusta e un’uguaglianza ingiusta.
E per quanto riguarda l’adozione di bambini da parte di coppie gay?
È importante capire che in Francia nella legge non ci sono distinzioni tra il matrimonio e l’adozione: tutte le coppie sposate hanno il diritto di adottare. Quando si propone il matrimonio per gli omosessuali, esso comprende automaticamente l’adozione. Non c’è divisione come in altri paesi europei. Noi crediamo che i bambini abbiano il diritto ad avere un padre e una madre, possibilmente biologici, che possibilmente si amino. Un figlio nasce dal frutto dell’amore di suo padre e di sua madre e ha il diritto di conoscerli. Se le coppie omosessuali adottano dei bambini che sono già privati dei loro genitori biologici, allora li si priva di un padre e di una madre una seconda volta. Questa legge in Francia è stata fatta nel dopoguerra, quando c’erano molti bambini da adottare e si voleva dare loro dei genitori. L’adozione però non è un diritto degli adulti, serve a donare dei genitori ai bambini che non ne hanno, ma oggi non è più così.
Cioè?
Le coppie che fanno domanda attendono anni prima di potere adottare un bambino, perché non ce ne sono più. Inoltre molti paesi del mondo non concederanno più adozioni alla Francia se questa legge sarà approvata, dal momento che paesi come la Cina e altri in Asia hanno procedure nelle quali chiedono che le coppie omosessuali siano escluse. Tutto ciò significa rendere l’adozione per le coppie uomo-donna ancora più difficile.
Chi espone gli stessi vostri argomenti, di solito, viene chiamato omofobo. È da due mesi che in Francia sono usciti allo scoperto gli oppositori al “matrimonio per tutti”. Prima chi si opponeva al matrimonio gay veniva subito chiamato omofobo da quasi tutti i grandi media ed era impossibile opporsi senza essere immediatamente tacciati di omofobia. Io e i miei amici omosessuali, che non possiamo certo essere accusati di omofobia, chiediamo che ci sia un dibattito per permettere le unioni omosessuali, ma creando un’istituzione diversa dal matrimonio.
Ad esempio? Che ci sia un allargamento dei Pacs, che si rifletta sui Pacs. Ma noi non vogliamo il matrimonio, che è riservato all’uomo e alla donna in quanto possono procreare. È così da secoli.
Che cosa chiedete quindi al presidente Hollande?
Noi domandiamo gli Stati generali del matrimonio, cioè domandiamo un dialogo fra François Hollande e il popolo. Perché il presidente aveva promesso che non avrebbe fatto passare una legge con la forza se il popolo francese non fosse stato d’accordo. Ha detto che voleva dialogare col popolo francese. Speriamo che aprirà il dialogo con degli Stati generali sul matrimonio e con un referendum per interrogare tutti i cittadini su questo argomento.
Hollande ha una grande maggioranza all’Assemblea nazionale. Secondo voi la manifestazione può andare a buon fine, la legge potrebbe non passare?
Dipenderà dalla mobilitazione della manifestazione di domenica e del modo in cui il governo ascolterà il popolo francese. La risposta dipende da François Hollande e domenica il popolo francese si rivolgerà a lui, non contro di lui ma per chiedergli di avere tutti insieme il tempo per riflettere su cosa sia meglio per la società francese perché le persone possano vivere in pace.
In che modo? 
 La pace si costruisce dentro la famiglia e per avere pace nella famiglia bisogna donare ai bambini il quadro più naturale e che più infonde sicurezza per crescere e diventare grandi. Cioè la composizione classica uomo-donna.

domenica 23 febbraio 2014

La questione Ucraina



di Nicolai Lilin (L'Intellettuale Dissidente)


Cari amici, in questi giorni mi sono arrivate molte lettere con la richiesta di condividere con voi la mia opinione su quello che succede in Ucraina. Sarò breve, perché mi sto occupando della mia figlia neonata.
L’Ucraina oggi rappresenta uno dei tanti punti di scontro del potere occidentale (Bruxelles, NATO, la BCE, la finanza ecc.) con quello russo (Mosca e gli alleati, Gasprom, Putin, gli ortodossi ecc.). Come avviene già in Siria, in Caucaso e attorno al Mar Caspio, l’Occidente, con metodi per niente eleganti, cerca di accerchiare la Russia per poterla bloccare in futuro nella stretta militare e, sfruttando le sanzioni economiche, costringerla a diventare una miniera di risorse naturali (gas, petrolio e altro). È da considerare che la Siberia, terra ricca di ogni risorsa, è stata scoperta fino ad ora soltanto al venti percento e visto l’avanzato riscaldamento globale non è difficile ipotizzare che nei prossimi decenni sarà più facile conquistare quell’immenso territorio. Senza parlare del controllo del Polo Nord con i suoi fondali ricchi di gas e petrolio. Chi lo farà, detterà le regole della politica energetica globale per il prossimo secolo. Quindi nel presente momento storico si gioca il futuro e nessuna delle parti vuole risparmiare i colpi. Per l’Occidente la conquista della Russia è importante per un altro motivo: dalla Russia si potranno fare pressioni maggiori sulla Cina, il paese che va di traverso agli americani, ma contro il quale nessuno osa fare una guerra diretta perché la potenza militare cinese oggi sarebbe capace di trasformare in polvere qualsiasi altro stato. Conquistando la Russia l’Occidente potrà creare una serie di conflitti intermediari contro la Cina, cioè fare una guerra lunga e difficile con le mani degli altri e stremare i cinesi, finché non crollano. Questi sono i motivi più importanti, poi ci sono quelli meno importanti, come l’Iran, l’India ecc.

In Ucraina attualmente non è ancora cominciata la guerra civile, ma visto come si sviluppano gli eventi, se presto non interviene l’esercito ucraino sostenuto da quello russo, la guerra civile è inevitabile. So che per gli occidentali gli immagini delle piazze che bruciano e le notizie delle decine dei morti sembrano già qualcosa fuori dal normale, ma per le persone dell’ex repubbliche sovietiche questo tipo di eventi sta nella categoria che si chiama “i disturbi di massa” quindi, ci vota ancora un po’ prima che l’esercito si muova.

I giornalisti da tutte e due le parti strumentalizzano la situazione. Io ho due amici, uno sta con i rivoltosi e l’altro con i governativi, tutti e due ex militari. Da quello che mi dicono loro gli scontri hanno un medio livello di pericolosità, sono state viste le armi da fuoco in mano ai rivoltosi, in gran parte sono armi illegali, alcuni fucili AK47 modificati con canna corta e calcio pieghevole, pistole Macarov e Baical calibro 9×18, alcuni muniti con i silenziatori, molti fucili da caccia con le canne mozze e qualche relitto della seconda guerra mondiale (uno dei manifestanti è stato trasportato nell’ospedale con ferite molto gravi all’occhio perché ha cercato di sparare con una pistola-mitragliatrice PPS, quella di sistema di Sudaev, arrugginita e l’arma è esplosa, ferendolo con i frammenti metallici del telaio). Da prendere in considerazione che qualche giorno prima dell’inizio dei disordini a Kiev sono avvenuti due furti ai collezionisti d’armi da fuoco, sono state rubati circa trecento fucili e pistole, dei quali ventotto sono fucili di precisione da guerra. Non è vero che tutti i manifestanti pro occidente sono nazisti.

Tra gli estremisti di destra ci sono banderovzi (nazional-socialisti ucraini), UNA UNSO (nazionalisti neonazisti) Ortodossi Nazionalisti (i neonazisti credenti cristiani ortodossi) NFVK (il fronte nazionale dei guerrieri cattolici). Tra i manifestanti ci sono studenti, nazionalisti ucraini (neonazisti) sono presenti in grande numero ma non rappresentano la maggioranza dei manifestanti. Il mio amico pro occidentale non è un neonazista, lui è un semplice giovane uomo apolitico, ex militare che lavora come autista di un tram. Nella barricata presso cui protesta all’inizio si sono presentati alcuni neonazisti ma i manifestanti li hanno allontanati. Quindi anche se molti dicono che la protesta è un evento organizzato e gestito da un unico nucleo di comando, io credo che questo non sia del tutto vero. Forse c’è una parte dei manifestanti che si è organizzata e agisce esibendo le capacità organizzative maggiori rispetto agli altri, forse loro sono strumentalizzati dai servizi occidentali, in ogni caso è ancora troppo presto per dirlo ma si può già ipotizzarlo. Invece il fatto che la rivolta si preparava da settimane, è ormai evidente. I manifestanti hanno un ottimo servizio di logistica, di comunicazione, sono forniti di materiale necessario per i combattimenti, hanno le armi e le munizioni, hanno molto materiale infiammabile fatto apposta per fabbricare le molotov, hanno molte bombe fabbricate in casa, hanno una mensa mobile che fornisce il cibo caldo e quello liofilizzato.

La parte governativa a grandi linee per ora si trova nella posizione di osservazione, vuole vedere fino a quanto la gente rimarrà sulle strade e cerca di isolare le zone di combattimenti per evitare che l’effetto si dilaghi su tutta la città. La polizia ufficialmente non usa le armi da fuoco, non sono ancora stati abilitati a farlo e se lo faranno senza l’ordine rischiano di finire sotto processo. Sono stati visti i cecchini, che sicuramente agiscono per la parte del governo ma non ci sono notizie che qualcuno li abbia mai autorizzati a sparare ai rivoltosi, è molto probabile che alcuni poliziotti o militari o agenti dei servizi particolarmente arrabbiati con rivoltosi agiscano in quel modo per la propria iniziativa, questo era già avvenuto in passato, basta ricordare le rivolte nelle repubbliche baltiche dove alcuni agenti del KGB sparavano alla gente dai tetti dei palazzi senza aver ricevuto l’autorizzazioni a farlo. 
Io spero che le violenze finiscano e che l’Ucraina torni alla normalità seguendo la volontà politica e sociale dettata dal desiderio espresso democraticamente dal popolo, senza decadere nella brutalità della guerra civile.

sabato 22 febbraio 2014

Governo. Renzi si accontenta delle donne, Napolitano (e l’Ue) del ministero del Tesoro


di Eric Cantona (Barbadillo)

Oltre la fuffa del governo “rosa”, con otto esponenti donne e tanti volti nuovi, l’esecutivo guidato da Matteo Renzi conferma l’ipoteca del Quirinale e dei poteri europei sul ministero del Tesoro, stanza dei bottoni delle politiche economiche.

La squadra. Confermati i tre esponenti del Nuovo Centrodestra (Angelino Alfano al Viminale, Beatrice Lorenzin alla Salute e Maurizio Lupi ad Infrastrutture e Trasporti), c’è Dario Franceschini alla Cultura, Andrea Orlando, che passa dall’Ambiente alla Giustizia. Poi una sfilza di neofiti. Due under 40: Marianna Madia alla Pubblica amministrazione, Maria Elena Boschi alle Riforme e Rapporti con il Parlamento. Appena quarantenne è Federica Mogherini, neo ministro degli Esteri. Le altre donne? Stefania Giannini, Federica Guidi, Roberta Pinotti e Maria Carmela Lanzetta vanno rispettivamente all’Istruzione, allo Sviluppo Economico, alla Difesa e agli Affari Regionali. Pier Carlo Padoan va al ministero dell’Economia; e Giuliano Poletti, già presidente di Legacoop, a Lavoro e Welfare.

Il “commissario” Padoan. La Repubblica” non a caso elogia la nomina del presidente dell’Istat in pectore con il titoletto “Una garanzia per Bruxelles e la Bce”. Il suo curriculum parla chiaro con “i suoi precedenti incarichi di vice segretario generale e capo economista dell’Ocse, di direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale per l’Italia nonché consulente della Banca Centrale Europea e della Commissione Ue”. La nomina, che avrà connotati diversi da Monti/Letta/Saccomanni ma la stessa sostanza, ha il via libera quirinalizio e tanto basta per dire che Renzi si consolerà con i ministeri rosa, mentre sarà l’Europa a dettare la linea…

giovedì 20 febbraio 2014

Se un seme saprà germogliare …


di Mario M. Merlino


In uno degli ultimi viaggi d’istruzione, a Berlino, la mia collega d’inglese portò con sé il figlio, un ragazzetto curioso e ciarliero. Dopo alcuni anni Thomas (questo il suo nome e ormai fattosi giovanotto) mi ha contattato per invitarmi ad un convegno, tenutosi sabato 15 febbraio, in una ampia sala di un hotel di fronte alla stazione della metropolitana, via Laurentina. E mi ha chiesto di aggiungere qualcosa al già nutrito numero di oratori. Il tema: le foibe e l’esodo. Organizzatori: i giovani di Forza Italia. Gli amici Rodolfo e Roberto, anch’essi docenti di storia e filosofia e coautori di alcune pubblicazioni (l’ultima il romanzo La guerra è finita, appena edito), storcono la bocca sia perché hanno una visione pessimistica, a mio parere riduttiva, dell’impegno interesse capacità delle nuove generazioni e sia perché avvertono come, con le sue scelte liberiste, il partito di Berlusconi rappresenti quanto di più distante possa esserci con quell’Italia ‘proletaria e fascista’ a cui abbiamo affidato mente e cuore (in primis Roberto con il fascismo di sinistra, mediato dall’aver studiato alla scuola di De Felice, ed io con il mio anarcofascismo, mentre Rodolfo è più prossimo alle posizioni espresse da Julius Evola e Adriano Romualdi).

Non posso dar loro torto perché, sebbene alla fisiognomica non sia dato il riconoscimento di scienza, la gran parte dei dirigenti, tutti rigorosamente in giacca scura cravatta azzurra camicia bianca sembrano rappresentanti di commercio porta a porta. E i loro interventi un compitino un po’ sciatto e di contenuto modello vecchio Bignami. Ricordo, al contrario, la piccola modesta umile battaglia di un Merlino sedicenne al liceo per evitare di portare la cravatta, sempre con il maglione a girocollo, e ringrazio il ’68 e dintorni, fra molte altre cose, di aver potuto fare l’insegnante con i capelli lunghi la camicia fuori dei pantaloni e aperta sul collo. E ricordo quando la preside mi chiese con garbata ironia ‘quando avremo il piacere di vederla, professore, con i capelli corti?’ e la pronta mia risposta: ‘solo se lo vorrà la natura’…

Seguono gli interventi più direttamente specifici l’argomento sulla tragedia delle genti istriano dalmate e di Fiume, genti italianissime fin dal tempo di Roma, e ascolto parole sul dovere di possedere una memoria condivisa di instaurare civile dibattito di auspicare il superamento di destra e di sinistra in nome del dramma che ha offeso e lacerato la Patria tutta. Quel bla-bla-bla di buoni sentimenti, un minestrone insipido dove galleggiano le parole del politicamente corretto. Si chiude qui, anzi no, perché mi tocca, mi si chiede d’intervenire, presentandomi come un pezzo di storia (?), forse confondendomi con un cimelio d’archeologia… E preciso subito che non credo ad alcuna memoria condivisa, ognuno si tenga stretta la propria con i sogni gli ideali errori e orrori compresi (ciò vale per uno degli intervenuti che s’è fatto puntiglioso accusatore del fascismo, dando così il pretesto a coloro che giustificano ‘la pulizia etnica’ quale reazione, magari eccessiva, dello slavo assassino); che non può esservi alcuna civile dialettica e che la Patria (quella, appunto, che un tempo avvertivamo obbligatorio scrivere con la maiuscola in quanto, in primo luogo, te la portavi dentro, tua nella mente e nel cuore) l’è morta da lunga data.

E rinnovo quanto già scritto qui, su Ereticamente, del corteo di Trieste, con le sue atmosfere e suggestioni, il lungo lento silenzioso sfilare dalla chiesa di Sant’Antonio fin su a San Giusto e al monumento ai caduti. Di Trieste, città di confine, anch’essa preda delle bramosie titine in quei 55 giorni di occupazione e con la foiba di Basovizza a muta eloquente testimonianza di cosa rappresentò la cappa mefitica di quei lunghi oscuri giorni. E il rientro a Roma e, la notte stessa, la città deturpata da scritte infami e da manifesti in cui si inneggiava a Tito il boia e ai suoi sgherri. Cosa con costoro avere da condividere, quale memoria e civile convivenza? E, se va riconosciuto alla destra il merito d’aver approvato il giorno del ricordo, quanto poi s’è adoperata per renderlo patrimonio comune? Uno sceneggiato in televisione Il cuore nel pozzo dove, accanto a numerose ambiguità, non una volta è stata pronunciata la parola ‘comunismo’… E’ Lenin ad affermare che la conquista del territorio passa attraverso la conquista delle coscienze…

E cosa aver da spartire con quel consigliere comunale di Milano, lista del sindaco Pisapia, che ha scritto sul suo profilo come ci sia ancora posto nelle foibe? Io appartengo a quella generazione che, negli anni ’70, fu coinvolta dal terrorismo e accusata di terrorismo, beh, questa volta non ci troveranno impreparati e nelle foibe ci buttiamo loro… Immediata scatta l’apoteosi, una prolungata ovazione d’applausi… (Ognuno di quelli che conoscono ormai l’innata mia ‘modestia’ può immaginare il rossore sul volto, la testa e lo sguardo basso, la vergogna… ahahah…).

Carissimi Rodolfo e Roberto, ho sempre difeso quanto annotava Mishima Yukio e cioè come le emozioni antecedono il ragionare (non per altro mi definisco felicemente orfano dell’illuminismo e del marxismo). Amo la tragedia greca, soprattutto quella di Eschilo e Sofocle; condivido essere la filosofia uno dei tanti vani simulacri come pensava Céline; mi annoia da tempo leggere – e scrivere – saggi, mentre credo – e scrivo – dell’uomo che dà testimonianza in carne ossa e sangue (lo testimoniano Atmosfere in nero, Ai confini del nero e l’ultimissimo La guerra è finita). Non mi faccio, però, strane illusioni, non mi aggrappo a future premesse o promesse. Non mi sento deputato ad essere una sorta di chioccia sotto le cui ali protettive e sagge accorrono pulcini… Quei ragazzi, in quel momento, esprimevano quanto era in loro non quanto io dicessi; si spogliavano di giacca cravatta e incarichi per ritrovare, in qualche sperduto angolino di se stessi l’ardore e l’ardire della giovinezza di cui ci siamo nutriti (‘primavera di bellezza’). Poi, domani, torneranno ad essere figli di questo tempo in cui noi, oramai, ci sentiamo spaesati, ma pure abbiamo compiuto il dovere d’essere parola e azione e, se un seme saprà germogliare, vorrà dire che siamo stati degni e partecipi alla ‘bella battaglia’…

mercoledì 19 febbraio 2014

«Maschio o femmina? Termini discriminanti». Facebook si adegua e inventa 50 sfumature di identità sessuale...


da Il Secolo d'Italia

Si fa presto a dire uomo o donna. Facebook ha aggiornato il numero di generi sessuali. Oltre a maschio o femmina, si potrà scegliere tra termini come ad esempio androgino, bisessuale, intersessuale, transgender o transessuale. Un numero impressionante di sfumature e di definizioni, in tutto 56: come Gender, Androgyne, Androgynous, Bigender, Intersex, Male to Female, Trans, Trans Female, Trans Male. Ci sono anche Two-Spirit, Transmasculine, Cisgender, Pangender e altre distinzioni complicatissime. 

Per ora saranno attive solo per le pagine degli Stati Uniti, ma il gruppo californiano ha annunciato di essere pronto a estenderle anche nel resto del mondo. «Mentre per molti questo cambiamento potrebbe non significare molto, per le persone coinvolte è un grande cosa», si legge su Facebook Diversity page, la pagina ufficiale del gruppo per parlare di diversità genere. «Vediamo questo come un passo in avanti per rendere Facebook (che ha 1,15 miliardi di utenti mensili attivi a livello globale ndr) un luogo in cui esprimere la propria identità autentica», continua l’annuncio sulla pagina. 

Dietro la trovata che rappresenta la deriva parossistica del “politicamente corretto”, c’è l’idea di Mark Zuckerberg di affidare a un ingegnere trans, Brie Harrison, l’aggiornamento delle definizioni. Ma quando ti avventuri sul crinale scivoloso della discriminazione, trovi sempre qualcuno più politicamente corretto di te. Quindi non sono bastate neanche queste distinzioni. Il quotidiano britannico Guardianha fatto notare che molti utenti trans si sono sentiti discriminati perché i termini “maschio” e “femmina” vengono prima delle altre 56 definizione di genere. Anche sui pronomi, che sono “appena” tre: lui, lei, loro, è scoppiata la polemica. «Troppo pochi». 

Vanno inventati dei termini ad hoc, sostentono molti attivisti dei diritti Lgbt. Altri, invece, hanno chiesto di tagliare la testa al toro e di cancellare completamente la definizione di genere. Con tanti saluti alla distinzione tra maschio e femmina.

martedì 18 febbraio 2014

La sinistra italiana ha fatto di più per Luxuria in due ore che per i marò in due anni


di Redazione Secolo d'Italia

Nessun arresto. Solo una trovata pubblicitaria di pessimo gusto. Si conclude nel più imbarazzante dei modi per l’immagine dell’Italia all’estero, la vicenda della trans Vladimir Luxuria, già deputata dell’estrema sinistra italiana, che da Sochi aveva annunciato via sms un arresto mai effettuato da parte delle autorità russe. Domenica pomeriggio Luxuria aveva postato su Twitter: «Sono a Sochi! Saluti con i colori della rainbow, alla faccia di Putin!». Un arrivo concordato con la trasmissione Le Iene, che l’aveva arruolata per un servizio provocatorio contro la normativa russa che vieta la propaganda omosessuale davanti ai minori. L’ex vincitrice dell’Isola dei famosi, 49 anni, al secolo Guadagno Wladimiro, deputato di Rifondazione comunista dal 2006 al 2008, nel dimenticatoio da qualche tempo, aveva colto la palla al balzo. Poi la notizia diffusa dall’Arcigay del suo arresto. Dopo neanche mezz’ora, con una tempestività che la Farnesina in altre occasioni non ha avuto, è arrivato il comunicato dello staff di Emma Bonino. «L’ Unità di crisi è già attiva per il fermo di Vladimir Luxuria». E ancora Gennaro Migliore, presidente di Sel alla Camera, decine di esponenti della sinistra italiana in Parlamento e fuori mobilitati a livello istituzionale e mediatico come se Luxuria da un momento all’altro dovesse finire al patibolo. In realtà l’Arcigay, che aveva gridato frettolosamente “al lupo al lupo”, aveva ricevuto un sms della diretta interessata che comunicava di essere stata arrestata dalla polizia per una bandiera arcobaleno con la scritta in cirillico “Essere gay è ok”.

Invece non c’è stato nessun arresto, hanno fatto sapere i rappresentanti del Cio, spiegando che Luxuria anziché chiamare Roma avrebbe fatto prima a trovarsi un interprete che le avrebbe spiegato che non era in atto alcun procedimento restrittivo nei suoi confronti. La stessa ex parlamentare poco dopo ha annunciato di essere stata rilasciata e di essere intenzionata ad assistere ai Giochi. Forse con la speranza di alzare un altro polverone per godere di un po’ di visibilità. Non è un caso che, in queste ore, alcune associazioni gay abbiano chiesto a Renzi di inserire Luxuria addirittura nella lista del toto-ministri. Alla fine della carnevalata rimane però un dato inoppugnabile: la sinistra italiana ha fatto di più per Luxuria in due ore, che per i marò in due anni.

lunedì 17 febbraio 2014

L’intervista. Tarchi: “Renzi? Gli manca la legittimazione popolare”



tratto da Barbadillo

Professor Marco Tarchi, riuscirà Renzi a reggere con il suo governo fino al 2018 senza aver ricevuto un mandato popolare attraverso le elezioni?

Lo ritengo improbabile. Al di là dell’impressione di incoerenza che questa sua improvvisa accelerazione può suscitare, credo che gli verrà spesso rimproverata, dagli avversari esterni ma anche da quelli interni, la mancanza di un crisma elettivo. Come molti hanno fatto rilevare, dopo Monti e Letta siamo a tre presidenze del Consiglio di origine extraparlamentare. È un’anomalia eccessiva. Inoltre non capisco a chi gioverebbe, se non a lui stesso, consentire a Renzi di completare la legislatura senza intoppi, avallandone qualunque scelta. Significherebbe, per tutti gli altri soggetti politici, consegnarsi senza combattere a una sconfitta elettorale certa.

Riuscirà Renzi a guidare due maggioranze diverse ma parallele: una maggioranza politica di governo senza Forza Italia e una maggioranza sulle riforme con Forza Italia?

Sarebbe uno straordinario esercizio di equilibrismo. A meno che, dentro Forza Italia, qualcuno – magari un qualcuno che sta molto in alto – non voglia di fatto favorire l’azione governativa di Renzi pur dichiarandogli formalmente un’opposizione, sperando di incassare dividendi su altri piani, a partire da un ridimensionamento dei margini di manovra della magistratura. Ma su questi maneggi da retroscena non si può andare oltre le illazioni. Se il centrodestra vuol davvero battere Renzi, non potrà stendergli il tappeto rosso sotto i piedi sulla via delle riforme di cui mena già tanto vanto(e rivendica la sostanziale titolarità.

L’accordo Renzi-Berlusconi sulle riforme (legge elettorale, titolo V, Senato) sembrava prefigurare un anno di tempo per la loro approvazione. L’impegno sarà mantenuto o adesso che si sta per formare un governo che vuole durare fino al 2018 le riforme, soprattutto quella elettorale, torneranno nell’album delle buone intenzioni?

Dipenderà da come Renzi, notorio uomo di marketing, interpreterà l’andamento dei sondaggi. Non può non essersi accorto, malgrado le quotidiane esternazioni, che quel modello Frankenstein o legge rubamazzo che ha proposto, cannibalizzando brandelli di normative esistenti e rimettendole assieme alla rinfusa con il solo scopo di raddoppiare il peso parlamentare di un partito che giungesse anche solo al 25% dei voti, potrebbe scavargli una buca sotto i piedi. Tuttavia, per invertire la rotta si deve aggrappare ad un pretesto. Vedremo se ne troverà uno convincente. Altrimenti, attribuirà a qualcuno degli alleati la responsabilità di aver depauperato l’agenda e si limiterà ai provvedimenti meno contrastati.

Ma Berlusconi continuerà a sostenere l’approvazione delle riforme istituzionali con un governo Renzi che vuole rinviare il voto fino al 2018?

Politicamente non è nel suo interesse. Non posso però non notare l’ambiguità di molti degli atteggiamenti recenti di Berlusconi, in materia di giudizio su Renzi, prospettive di elezioni, scelte sulla guida del partito, rapporti con i possibili futuri partners di coalizione. Mi dà l’impressione di essere quasi soggiogato da un leader del Pd che per la prima volta non lo demonizza, gli riconosce un ruolo paritario nella definizione di un piano di riforme e in materia economica fa affermazioni che certo non gli suonano sgradite. Non bisogna dimenticarsi che la dimensione psicologica delle idiosincrasie e delle simpatie ha sempre avuto un peso cruciale nelle scelte del Berlusconi attore politico. Portandolo a commettere già vari gravi errori.

Non è che Renzi parla di elezioni nel 2018 per rassicurare i partiti minori e i propri parlamentari, ma sotto sotto è già d’accordo con Berlusconi per varare le riforme istituzionali entro un anno e poi andare alle elezioni anticipate?

Non escludo che nel vasto quadro delle sue ambizioni, Renzi possa avere anche quella di far figura di nuovo Machiavelli, ma non esagererei. E poi, insisto, che interesse avrebbe Berlusconi a fargli fare delle riforme – cosa che in molti italiani susciterebbe molto probabilmente, speranze e simpatie – e poi, senza aspettarne gli effetti (che potrebbero essere ben diversi da quelli promessi, e quindi far nascere delusioni) –, mettergli elezioni anticipate sul piatto d’argento?

Con il varo del governo Renzi, Napolitano potrebbe ritenere conclusa la sua permanenza al Quirinale?

A giudicare dal suo comportamento di tutti questi anni, direi proprio di no. Perché dovrebbe rinunciare proprio oggi ad esercitare quella funzione pedagogica, molto più che di controllo, che gli è stata tanto a cuore fin qui? Già ha dovuto digerire la caduta di un presidente del Consiglio da lui inventato e sorretto quasi ad oltranza; se mollasse adesso, firmerebbe un atto di resa. Poco in linea con il carattere del personaggio.

sabato 15 febbraio 2014

Per il PD i disastri ambientali non esistono



di Augusto Grandi (Destra.it)

Piove e nevica, come succede sempre in inverno. Ma ad ogni goccia che scende in Italia, scatta l’allarme. Franano le montagne e le colline, cedono muri di protezione, crollano monumenti antichi. Tutto per garantire i soldi ai professionisti dell’emergenza. Perché la prevenzione costa, e rende agli amici degli amici, meno di un quarto rispetto agli interventi di emergenza. Certo, prevenire vorrebbe dire investire, creare posti di lavoro, muovere l’economia sana, preservare il territorio e favorire il turismo.
Ma puntare sull’emergenza significa invece far lavorare sempre gli stessi ad un costo (per le casse pubbliche) molto più elevato. Significa permettere la distruzione del paesaggio, significa frenare il turismo.
Un disastro per gli italiani anche a livello d’immagine. Senza contare i morti, i feriti, le aziende fallite perché danneggiate in modo irreparabile o, comunque, in misura tale da non potersi più risollevare. Un disastro che si ripete ogni anno, in inverno, in primavera (per il disgelo), in autunno. Mentre in estate si lascia spazio ai piromani, alla siccità, a qualsiasi cosa consenta di distruggere il territorio e le persone che ci vivono.
E di fronte a questo disastro cosa fa la maggioranza che sgoverna l’Italia? Prepara una legge per imbavagliare il web, i social forum di ogni tipo. Con la scusa delle offese personali. Si parte facendo finta che si tratti di una battaglia per la tutela dei minori e si arriva immediatamente alla censura. Perché il ministro o l’assessore dei Beni culturali si riterrà offeso dall’immagine di Pompei che crolla, il ministro o l’assessore dell’Ambiente riterrà offensivo raccontare di una frana dovuta a mancati rimoschimenti, il ministro o l’assessore al Turismo soffrirà per le tabelle che evidenziano la fuga di visitatori italiani e stranieri di fronte ad uno scempio architettonico o a servizi indecenti.
Vietato raccontare, vietato informare. Ufficialmente per non creare una gogna mediatica contro chi è il colpevole dei disastri. In realtà per non informare i sudditi sulle colpe di lorsignori. D’altronde il livello di asservimento dei media tradizionali e ufficiali garantisce già la massima tranquillità a questi personaggi. Si tratta ora di imbavagliare l’informazione alternativa. Un plauso, dunque, ai sostenitori della censura, a partire dai parlamentari del Pd Moretti e Sanna. Ma forse rendere noto il loro tentativo è già una gogna mediatica..