mercoledì 16 settembre 2015

L’immigrazione incontrollata? Determinata dai nostri politici



Intervista ad Alain de Benoist (barbadillo.it)
La foto di quel bambino siriano arenato sulla spiaggia sarebbe potrebbe essere in grado di cambiare le opinioni degli europei? Nella nostra epoca di “narrazione”, si tratta di mostrare che la questione dei migranti è un “dramma umana”…
E’ chiaro che si tratta di un “dramma umano”. Bisogna avere il cuore arido o essere accecati dall’odio per non rendersene conto. I musulmani minacciati dall’islamismo jihadista, intere famiglie in fuga dal Vicino Oriente destabilizzato dalle politiche occidentali, tutto questo è un “dramma umano”. Ma è anche una questione politica, e anche geopolitica. Si tratta quindi di sapere quali rapporti dovrebbero esserci tra politica e questione umanitaria. Ora, l’esperienza dimostra che gli interventi “umanitari” in genere aggravano le cose. E che il dominio delle categorie morali sulle categorie politiche è una delle principali cause di impotenza degli Stati. Lo tsunami migratorio al quale stiamo assistendo non fa che aggiungersi al disastro. Sono stati calcolati in migliaia i profughi, poi in decine di migliaia, poi in centinaia di migliaia. Più di 350mila migranti hanno attraversato il Mediterraneo in questi ultimi mesi. La Germania ha acconsentito ad accoglierne 800mila, molto di più di quante nascite avvengono in quella nazione ogni anno. Siamo lontani dall’”immigrazione interstiziale” di trent’anni fa! Di fronte a questo assalto, i Paesi europei non si chiedono che una cosa: “Come accoglierli?”, mai “Come impedire loro di entrare?”. Laurent Fabius trova anche “scandaloso” l’atteggiamento dei Paesi che vogliono chiudere le frontiere. Come sarà quando gli ingressi saranno conteggiati a milioni? I politici continueranno a preoccuparsi di innumerevoli “drammi umani” che accadono nel mondo più che del bene comune dei loro concittadini? L’intera questione è lì.
Al di là della emozione scaturita dallo “shock delle foto”, quali sono gli argomenti usati da coloro che vogliono convincerci della fondatezza delle migrazioni?
Si dispiega su due livelli: gli argomenti morali (“sono nostri fratelli, abbiamo un obbligo morale verso di loro”) e gli argomenti economici (William Lacy Swing, direttore generale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni: “Le migrazioni sono necessarie se vogliamo che l’economia prosperi”). I primi, che confondono la morale personale e privata con la morale politica e pubblica, fanno risaltare lo stesso universalismo dei secondi. Coloro che li impiegano pensano che prima di essere Francesi, Tedeschi, Siriani o Cinesi gli individui sono innanzitutto “esseri umani”, vale a dire che appartengono innanzitutto all’umanità, mentre in realtà vi appartengono solo in maniera mediata, in quanto membri ed eredi di una data cultura. Per loro, il mondo è popolato da “persone” astratte, fuori dalla terra, dei quali la caratteristica principale è quella di essere intercambiabili. Per quanto riguarda le culture, non vi si vedono che degli epifenomeni. E’ ciò che dichiarò Jacques Attali alla rivista Cadmo nel 1981: “Per me, la cultura europea non esiste, non è mai esistita”. Il Dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto secondo il quale, nei Paesi europei, il calo del tasso di natalità fa sì che “il calo demografico è inevitabile in assenza di migrazioni di sostituzione”. E’ indicato che “per l’Europa nel suo complesso il livello di immigrazione dovrebbe essere il doppio di quello registrato negli anni Novanta del secolo scorso”, altrimenti l’età pensionabile dovrà essere spostata a 75 anni. L’Europa invecchia, l’immigrazione la salva: ecco una perfetta illustrazione dell’idea che gli uomini sono intercambiabili indipendentemente dalla loro origine, e che gli imperativi economici devono prevalere su tutte le altre. La morale di “diritti dell’uomo” non è che un insieme di interessi finanziari. In particolare, vi è anche l’aspetto demografico. Voi conoscete le parole dell’ex presidente algerino Houari Boumedienne, che le persone di destra non finiscono mai di citare: “Un giorno milioni di uomini lasceranno l’emisfero Sud per andare nell’emisfero Nord. E non andranno lì come amici perché andranno lì per conquistarlo. E lo conquisteranno con i loro figli. Il ventre delle nostre donne ci darà la vittoria”? Grande sostituzione? Secondo alcuni, Boumedienne avrebbe fatto queste osservazioni nel febbraio 1974 in occasione del secondo vertice islamico di Lahore, in Pakistan; secondo altri, 10 aprile 1974 alla tribuna delle Nazioni Unite. Questa incertezza è già rivelatrice, tanto più che il testo integrale di questo presunto discorso non fu mai consegnato a nessuno. Houari Boumedienne, che non era un imbecille, inoltre sapeva molto bene che il Vicino Oriente è nell’emisfero Nord, non nel Sud del mondo! Quindi ci sono buone possibilità che si tratti di un testo apocrifo. In questo settore, è più sicuro ascoltare i demografi. La popolazione del continente africano è passata da 100 milioni nel 1900 a oltre un miliardo di oggi. Negli anni 2050, cioè fra soli trentacinque anni, gli africani saranno tra due e i tre miliardi; supereranno i quattro miliardi alla fine del secolo. Anche se i rapporti demografici non sono riconducibili a un semplice fenomeno di vasi comunicanti, bisogna essere ingenui per pensare che questa prodigiosa crescita demografica, che noi stessi abbiamo favorito, non avrà alcuna incidenza sulle migrazioni future. Come ha scritto Bernard Lugan, “come sperare che i migranti cesseranno di andare verso un ‘paradiso’ europeo indifeso e popolato da vecchi?”. Grande sostituzione? Personalmente, io parlerei piuttosto di grande trasformazione. La Grande sostituzione, a mio parere, sarà la sostituzione dell’uomo con la macchina, la semplice sostituzione dell’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale. Un pericolo più reale di quanto pensiamo
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