Anche quest’anno il corteo per i martiri delle foibe c’è stato. Accanto a Casaggì e alla Giovane Italia hanno sfilato molti uomini liberi, stanchi di vedere negata una pagina di storia che migliaia di innocenti hanno scritto col sangue. Nonostante la neve che ha bloccato decine di pullman e impedito la partecipazione di centinaia di persone da tutta Italia e la presenza di Giorgia Meloni, che però tornerà a Firenze tra pochi giorni e farà visita a Casaggì; nonostante il freddo siberiano che ha costretto molti fiorentini a casa; nonostante le vibrate proteste di chi, come da consuetudine, ha organizzato un contro-corteo per inneggiare a Tito e agli sterminatori degli italiani; nonostante i mille imprevisti e le disposizioni delle Questura che fino a qualche giorno fa non sapeva se avrebbe potuto garantire al meglio l’ordine pubblico ed ha infine spostato la partenza della marcia. Il corteo c’è stato, perché così doveva essere. C’è stato perché aveva come scopo quello di ricordare, senza lasciarsi andare a strumentalizzazioni di sorta. C’è stato e insieme a noi c’erano centinaia di persone.
Come da tradizione un fiume di tricolori ha sfilato silenziosamente per ricordare le trentamila vittime della follia titina e i trecentocinquamila esuli fuggiti dal confine orientale. Un composto fiume di persone, senza nessun simbolo di partito o di movimento. Chi non è potuto scendere in piazza con noi, dalle strade che abbiamo percorso, ha comunque voluto salutare il nostro passaggio affacciandosi alla finestra e sventolando il tricolore in segno di vicinanza e di solidarietà: gesti semplici, ma ricchi di significato, di voglia di partecipare, di volontà di condividere, di non volersi piegare ad un senso comune che vorrebbe relegare la nostra storia nel dimenticatoio e classificare i morti in serie, uccidendo ancora una volta chi trovò la morte per mano degli infoibatori comunisti.
Una grande giornata, fatta di sacrifici e di dignità, di grande amore e di forte passione. Una giornata che Casaggì ha preparato accuratamente, che ha promosso con una mobilitazione che a Firenze non si vedeva da tempo, affiggendo migliaia di manifesti e inondando di volantini i quartieri, le scuole e le facoltà della città e della provincia, dormendo al freddo sul pavimento di una sezione accanto ad un secchio di colla, sfidando la rabbia e l’odio di chi non può capire, come a voler prendersi con l’entusiasmo di sempre quell’agibilità totale e sacrosanta che in molti hanno messo in discussione con futili pretesti. Una giornata che ha dato lezioni di stile e di caparbietà a quanti, con ogni mezzo e da ogni parte, avevano provato ad impedirne lo svolgimento. Il contro-corteo, organizzato dai centri sociali strumentalizzando brutalmente la morte dei due senegalesi uccisi lo scorso 13 dicembre, è andato letteralmente deserto e si è sciolto dopo aver percorso poche strade, segno evidente dello scollamento che si è ormai creato tra la gente comune e chi vive con le lancette dell’orologio indietro di qualche decennio.
Ancora una volta siamo passati.