venerdì 6 settembre 2013

L’anniversario. Con Kerouac e la sua rivolta antimaterialista “scoprimmo la strada”

di Mauro La Mantia (Barbadillo)

Era il 5 settembre 1957 quando venne pubblicato negli Stati Uniti la seconda opera di Jack Kerouac, On the road, il romanzo dalla “prosa spontanea” simbolo della Beat Generation degli anni ’50 e ’60. I più arguti esponenti dell’intellighenzia culturale del marxismo italiano non accolsero bene Sulla strada. Vedevano in Kerouac il profeta di un pensiero individualista ed antisociale, poco incline alla lotta di classe emancipatrice. In effetti nei suoi romanzi non c’è traccia di rivoluzione proletaria. Lo stesso Kerouac si proclamava anticomunista (“il comunismo ha programmi incompatibili con la natura umana”) e ruppe con l’importante gruppo Beat di San Francisco quando esso si allineò alle posizioni della sinistra. Per non parlare degli scrittori a cui si ispiravano Kerouac e gli altri esponenti della Beat Generation: autori come Céline e Pound marchiati a fuoco per la loro vicinanza al “male assoluto”.

Allo stesso tempo vi fu a destra una particolare attenzione al romanzo di Kerouac. Gli scritti di Fausto Gianfranceschi, Luigi de Anna, Pino Quaranta (che definì Kerouac “anarchico di destra”) ed il convegno nella primavera del ’68 sulla Beat Generation, organizzato dalla Giovane Italia a Roma, testimoniano il fascino che i viaggi di Kerouac suscitavano nei giovani di destra. Ma come poteva un autore irregolare piacere ai neofascisti di quegli anni?

Una lettura poco attenta di Kerouac lega la sua opera unicamente ad una sorta di manifesto di una generazione perduta nel vortice della droga, dell’alcol e del sesso. Una generazione, quella della Beat Generation, senza voglia di cambiare la società ed in qualche modo senza ideali. La sregolatezza e l’irregolarità dei suoi personaggi, uno su tutti il coprotagonista Dean Moriarty (pseudonimo dello scrittore Neal Cassady), ha anche ispirato successivamente la cultura hippie. Tanti furono i giovani, anche in Italia, che collegarono i viaggi e lo stile di vita di Kerouac alla nuova sinistra nata dal ’68. Tutti elementi reali ma che vanno analizzati accuratamente.

In realtà dalle pagine di "Sulla strada" emerge un personaggio molto più complesso che si scaglia, secondo Fernanda Pivano, contro “il conformismo di una società di massa sempre più anonima e impersonale”. È l’America del dopoguerra che si incammina verso quella società omologata, massificata dedita ad un consumismo sempre più aberrante. Una società, non più comunità, materialista che ha espulso Dio e qualsiasi riferimento trascendentale. Kerouac, nella sua vita e nei suoi scritti, è alla continua ricerca di Dio (“Voglio che Dio mi mostri il suo volto”). Per Julius Evola “l’alcol, il sesso, la musica jazz, la velocità, le droghe, sono state dei mezzi usati per poter sostenere sensazioni esasperate il vuoto dell’esistenza”. Per i giovani di destra quella di Kerouac, scrive Pino Quaranta nel 1975, era una “rivolta contro il materialismo e il collettivismo, ricerca di valori supertemporali, rivalutazione della tradizione, rifiuto delle formule artificiose dei materialismi edonistici di destra e di sinistra e ricerca di una spiritualità con cui riempire il vuoto spirituale”.

In Kerouac non domina un individualismo esasperato così come descritto da alcuni. Kerouac fugge da una società che ha ridotto l’uomo a materia per ritrovare una propria individualità (cosa diversa dall’individualismo). Sempre Fernanda Pivano afferma che quei ragazzi scappavano da “una società anonima creandosi una società autonoma, e vivono in piccole bande più o meno segrete secondo un codice primordiale, basato sulla inviolabilità dell’amicizia”. E contro quelle derive individualiste a volte presenti in quei giovani ribelli, Kerouac probabilmente fa parlare la sua coscienza nella feroce critica di Galatea a Dean (“Tu non hai il minimo riguardo per nessuno tranne te stesso e le tue maledette voglie”).

Insieme a tutto questo, poi, vi è anche il fascino del viaggio, vero archetipo della civiltà europea ed occidentale, che accomuna più o meno consapevolmente il lettore di ieri e di oggi. Il viaggio di Ulisse, il nostos, per tornare in patria e riabbracciare la famiglia; Enea che viaggia, portando i suoi penati, per fondare una nuova città – patria; il viaggio di Dante nell’aldilà verso la salvezza; i cavalieri di Re Artù alla ricerca del Graal; il viaggio del giovane Enrico di Ofterdingen narrato da Novalis; il viaggio – esilio di Baudelaire. Sono viaggi diversi eppure accomunati da alcuni tratti, uno su tutti il viaggiare per ritrovare se stessi e per comprendere il fine ultimo della vita. I lettori di ogni epoca si ritrovano in questi viaggi, avventure del corpo e dell’anima.

“Dove siete diretti”, si chiede ai viandanti nell’Enrico di Ofterdingen, “Sempre verso casa” è la risposta. Se da un lato i viaggi di Kerouac sono per lo più lineari, a differenza di quelli classici, e dominati dalla fuga dalla società moderna, un rompere i legami per arrivare all’”oltre uomo” di Nietzsche, dall’altro ritroviamo ancora il tema del ritorno. Ad un certo punto di ogni viaggio il protagonista Sal Paradise (cioè Jack Kerouac) sente l’esigenza di tornare dalla zia a New York. In un altro suo romanzo, Satori a Parigi, Kerouac descrive un suo viaggio in Europa per scoprire le origini della sua famiglia in Bretagna. Un nostos moderno alla ricerca nostalgica delle proprie radici e tradizioni. Kerouac arriva anche ad elogiare la guerra di Vandea contro il giacobinismo ateo parigino. Un tema, quello del viaggio in Europa, ripreso dalla Compagnia dell’Anello in Sulla strada, “ballata che narra – scrive Giovanni Tarantino in “Da Giovane Europa ai Campi Hobbit” – di un viaggio in giro per le strade d’Europa, alla ricerca delle radici, del sacro, ma anche fornendo molte suggestioni alla Kerouac”.




Alla fine, però, ogni supposizione su Kerouac si infrange in quel bellissimo chiaro di luna che tutti abbiamo visto, al di là delle nostre idee, leggendo Sulla strada: “La terra al chiaro di luna era tutta mesquite e deserto. All’orizzonte c’era la luna. S’ingrossò, si fece enorme e rossiccia, si ammorbidì e camminò fino a quando la stella del mattino non le contese il campo, e la rugiada non prese a bagnare i finestrini; noi continuavamo ad andare”.