lunedì 30 settembre 2013

Sesso e ecologia in D. H. Lawrence critico dell’industrialismo e amato da Drieu.



di Sandro Marano (Barbadillo.it)

Al suo apparire nel 1928, come pure nei decenni successivi, L’amante di Lady Chatterley suscitò scandalo, perché, pur essendo un grande romanzo, contiene“alcune delle più accese e struggenti pagine di erotismo della letteratura moderna”(Guido Almansi).
D. H. Lawrence però non è soltanto il profeta del vitalismo e d’una sessualità libera, gioiosa, consapevole. E’ anche un critico feroce dell’industrialismo, che abbrutisce gli uomini, rompe i ritmi naturali, genera miseria spirituale e materiale e distrugge il paesaggio.
Come ebbe modo di chiarire Pierre Drieu La Rochelle in alcune pagine di grande spessore dedicate allo scrittore inglese: “Lawrence, osservatore delicato, sensibile alla complessità delle cose, non vede solo il gesto sessuale. E non lo venera se non come lo schiudersi, come il segno ultimo di una completa rinascita dell’uomo. Quel che Lawrence vuole è l’uomo completo… Lawrence vuole che l’uomo ascolti tutte le proprie voci e ne ricomponga il coro. Anzitutto, vuole che l’uomo tenga conto del proprio corpo. Vuole che lo tenga in esercizio, in buona salute, che lo porti a spasso e lo circondi di campagna, sottraendolo alla città… Poi, Lawrence vuole che l’uomo ascolti il proprio cuore, sfrutti la propria anima… Lawrence ha un senso acuto delle forze intermedie tra il corpo e la ragione che sono nell’uomo e questo senso acuto gli viene giustamente dal fatto di conoscere l’importanza reciproca dei tre ordini… E’ in questo gioco di cerniera tra la vita fisica e la vita spirituale che si inserisce il malinteso su Lawrence maniaco del sesso, su Lawrence apostolo della libertà sessuale.” (in Prefazione a “L’uomo che era morto” di D.H. Lawrence, Gallimard 1933).
Oggi il nostro rinnovato interesse per Lawrence è soprattutto legato all’attualità del suo messaggio ecologico: “Farei piazza pulita delle macchine, le spazzerei via dalla faccia della terra, ponendo fine una volta per tutte all’era industriale, come si fa con un errore madornale” dice Oliver Mellors, il guardiacaccia protagonista insieme a Connie del romanzo.
E Drieu chiosa: “L’uomo si è perduto nelle astrazioni della scienza e dell’industria… avendo dedicato troppo del suo tempo e della sua meditazione ai prolungamenti artificiali della vita, si è a poco a poco, senza accorgersene, disabituato a vivere. Non sa fare più i gesti elementari della vita, che sono la vita intera. E se non sa fare più quei gesti, ben presto le sue scienze, le sue industrie, le sue arti se ne andranno alla deriva. Già la sua economia gli sfugge. Lawrence ha osservato tutto questo e sentito tutto questo in maniera tragica.”
Pagine di grande efficacia narrativa, vibranti d’indignazione contro la polluzione industriale sono rinvenibili dovunque nel romanzo. Basti pensare alla celebre descrizione, nel capitolo undicesimo, del viaggio in auto di Connie attraverso l’orrendo Tevershall, la grande zona industriale limitrofa alla sua abitazione. Ma già all’inizio del romanzo, Connie, che da poco è andata ad abitare nella tenuta che confina con la miniera e col villaggio dei minatori, scopre qual è il prezzo del progresso: ”poco distante si scorgeva la ciminiera del pozzo carbonifero di Tevershall, con le sue nubi di vapore e di fumo e, più lontano, nella bruma umida che avvolgeva la collina, le rozze case sparpagliate dell’abitato di Tevershall, che cominciava appena oltre i cancelli del parco e si trascinava in assoluta, disperata bruttezza per un paio di raccapriccianti, interminabili chilometri… L’altoforno del pozzo di Tevershall bruciava, bruciava da anni e anni e ci sarebbero volute migliaia di sterline per spegnerlo. Sicché bisognava lasciarlo bruciare. E quando il vento soffiava da quella direzione, il che accadeva spesso, la casa si riempiva del fetore di quella combustione sulfurea degli escrementi della terra.”
La domanda fondamentale che Lawrence si pone è la seguente: chi ha defraudato la gente della vita naturale in cambio di tutto questo orrore industriale? La sua risposta è: il denaro, vale a dire l’avidità, la corsa al guadagno, all’accumulazione, a ricchezze sempre maggiori. Nelle pagine finali del romanzo la professione di fede di Oliver contro il progresso, contro un mondo dominato dal denaro, è la stessa dello scrittore: “Se solo si potesse dir loro che vivere e spendere non sono la stessa cosa! Ma non serve a nulla. Se solo li si educasse a vivere, anziché a guadagnare e a spendere.. allora non avrebbero bisogno di denaro. Ed è questo il solo modo per risolvere il problema industriale: insegnare alla gente a saper vivere e a vivere in bellezza” .
E Drieu riassume magnificamente: “Quando l’uomo naturale non esiste più, presto si disgrega anche l’uomo sociale”. Perdere il senso della natura, illudersi che si possa vivere a prescindere dalla terra significa perdere anche il senso della società, significa vedere nell’altro uomo solo un consumatore, un affarista, un competitore, lo specchio opaco dei propri egoismi!