Oggi mi chiedo: cosa significa per una donna-bambina di 22 anni, nata nell'èra post-ideologica, post-68, post-femminismo sfrenato, essere donna?
Non è più scendere in piazza a gridare "l'utero è mio, me lo gestisco io!" - ammesso che poter gestire il proprio utero sia l'espletamento dell'essenza di una donna-, non è più grandi battaglie di piazza per l'aborto o per il divorzio. (Piccola parentesi sulla questione aborto: giusto poter dare questa possibilità a chi sceglie liberamente secondo coscienza, ma di certo non accetto lezioni di femminismo da chi mi vuole convincere che non poter offrire un'alternativa all'aborto sia una conquista). Non è nemmeno rivendicazione della propria "dignità di genere" tipica dei movimenti simil-Se-non-ora-quando: un revival di tempi che furono, ma senza niente da rivendicare. Strumentalizzati politicamente, peggio che mai: chi le ha più riviste in piazza le nostre moraliste dalla caduta del Governo di B.? Tanta rabbia e indignazione, ma poche proposte.
Non è, vi prego, festeggiare l'8 Marzo! Quante sanno che la festa internazionale della donna è stata coniata per ricordare il giorno in cui, in un’industria tessile di New York, un incendio uccise 129 operaie che scioperavano per protestare contro le terribili condizioni di lavoro? Il giorno della festa internazionale della donna è come il giorno del ricordo, o il giorno della memoria, o il giorno della lotta internazionale all'AIDS: un momento per riflettere sulle conquiste del nostro tempo e su quanto ancora c'è da fare. Ma come tante degenerazioni della nostra èra, ahimé, è diventato un pretesto per signore, magari un po' frustrate, per lasciare a casa i mariti e regalarsi una cena con le amiche, magari con tanto di spettacolo al maschile.
La battaglia che appartiene alle donne di questa generazione non ha niente di chiassoso o di mediatico: è la battaglia per la famiglia e per la vita, è riuscire a conciliare le più che legittime ambizioni personali e professionali con la possibilità di fare un figlio ad assicurare un futuro a questa Nazione. E' la sfida di essere mogli ed essere madri, e magari in carriera. E' il coraggio di avere un figlio. E' costruire l'alternativa di cui sopra all'aborto o alla rinuncia alla famiglia. E' vero e sacrosanto che le donne fanno minimo due lavori: il proprio impiego e tutte quelle mansioni di cura che le sono demandate in quanto figlia, moglie e mamma, sopperendo spesso ad un Welfare poco al passo con i tempi. Questo è il valore aggiunto di una donna nelle istituzioni: portare la testimonianza nei luoghi decisionali, dove si può fare davvero qualcosa per affermare in Italia le politiche di conciliazione. Congedi parentali per gli uomini, asili nido aziendali, flessicurezza: questi gli obiettivi di una donna che, nel 2012, festeggia degnamente l'8 Marzo.
Chiara Frontini - Dirigente Regionale Giovane Italia