di Giulia Mammolotti (newsgo.it)
Erano gli anni di Piombo,
quelli ricordati come un periodo buoi della storia nazionale post
Seconda guerra mondiale: attentati, violenza e omicidi. Tutto in nome di
un’ideologia, di uno scontro tra fazioni politiche. La notte del 16
aprile 1973 quando diversi militanti del gruppo extraparlamentare di
sinistra Potere Operaio (Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo)
versarono diversi litri di benzina sulla porta di casa di Mario Mattei, il segretario della sezione del Movimento Sociale Italiano del quartiere Primavalle, nella periferia capitolina.
Immediatamente divampò l’incendio
e l’appartamento andò a fuoco. Al suo interno c’era la famiglia Mattei,
composta dalla madre Anna Maria, le figlie Antonella, Lucia e Silvia, i
figli Giampaolo, Virgilio e Stefano e il padre Mario. La madre riuscì a
fuggire dalla porta di casa insieme ai figli Antonella e Giampaolo (9 e
3 anni); Lucia (15 anni) si buttò dal balcone del secondo piano aiutata
dal padre; Silvia (19 anni) si gettò dalla veranda e riportò solo
qualche frattura, Sorte diversa toccò ai fratelli Virgilio e Stefano (22 e 8 anni), che morirono carbonizzati
nel rogo di Primavalle. I due non riuscirono a gettarsi dalla finestra e
la gente, insieme alla famiglia, assistette incredula alla tragedia.
Nel cortile uno striscione: “Brigata
Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei
e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria“.
Le indagini sul rogo di Primavalle
portaro a porre particolare attenzione nei confronti di alcuni esponenti
di movimenti collegati al Potere Operaio, che replicò repentinamente
parlando di una montatura creata ad arte, “il
risultato di un meccanismo di provocazione premeditato a lungo e ad alto
livello, tipo «strage di stato», «Primavalle» è piuttosto una trama
costruita affannosamente, a «caldo» da polizia e magistratura, un modo
di sfruttare un’occasione per trasformare un “banale incidente” o un
oscuro episodio – “nato e sviluppatosi nel vermiciaio della sezione
fascista del quartiere”. Due giorni dopo Achille Lollo fu arrestato e, insieme agli altri due imputati, fu rinviato a giudizio.
Ma non tutti andarono contro quelli che erano ritenuti i presunti responsabili del rogo di Primavalle e ben presto si scatenò l’opinione pubblica: vari i giornali e gli intellettuali che si schierarono dalla loro parte. Durante il processo ci furono anche delle manifestazioni per chiedere il loro proscioglimento. Durante il processo di primo grado si ipotizzò la strage e l’accus chiese l’ergastolo per i tre imputati, ma di fatto vennero assolti per mancanza di prove. Nel processo di secondo grado furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio premeditato, ma Achille Lollo fuggì in Sud America, mentre Manlio Grillo fuggì in Nicaragua e di Marino Clavo si persero le tracce.
Ma non tutti andarono contro quelli che erano ritenuti i presunti responsabili del rogo di Primavalle e ben presto si scatenò l’opinione pubblica: vari i giornali e gli intellettuali che si schierarono dalla loro parte. Durante il processo ci furono anche delle manifestazioni per chiedere il loro proscioglimento. Durante il processo di primo grado si ipotizzò la strage e l’accus chiese l’ergastolo per i tre imputati, ma di fatto vennero assolti per mancanza di prove. Nel processo di secondo grado furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio premeditato, ma Achille Lollo fuggì in Sud America, mentre Manlio Grillo fuggì in Nicaragua e di Marino Clavo si persero le tracce.
Dopo la
prescrizione, la famiglia Mattei, in anni più recenti, la Procura di
Roma ha chiesto la riapertura del caso grazie a informazioni ottenute
dagli stessi imputati, che hanno permesso di ipotizzare il reato di
strage. Nel 2005 la famiglia Mattei ha denunciato Lanfranco Pace,
Valerio Morucci e Franco Piperno come mandanti dell’attentato e lo
stesso Lollo confessò la responsabilità nel 2005, affermando però di non aver materialmente incendiato la porta: “Non
volevamo provocare l’incendio, né uccidere. Doveva essere un’azione
dimostrativa, come altre che avevamo fatto contro i fascisti a
Primavalle. Ma al momento di montare l’innesco, mi si ruppe il
preservativo… La Lilli, così si chiamava all’epoca la bomba artigianale,
si costruiva con una tanica, un po’ di benzina — due o tre litri — e i
due preservativi servivano per l’acido solforico, il diserbante e lo
zucchero. L’innesco doveva far esplodere i gas della benzina. Se tutto
avesse funzionato, avremmo provocato un botto e annerito la porta
dell’appartamento. Invece io sbaglio, l’acido mi cola tra le mani e
scappiamo, lasciando la tanica inesplosa. Da quel giorno ho il dubbio su
cosa sia davvero successo dopo. Non abbiamo mai pensato di far
scivolare la benzina sotto la porta per dar fuoco all’appartamento. Mai.
Tutte le perizie ci hanno dato ragione, tra l’altro“.
Ma il rogo di Primavalle continua a bruciare anche oggi dato che i mandanti e i responsabili sono a piede libero o latitanti.