Signor de Benoist, Alain Madelin e
Gérard Longuet, che lei ha conosciuto quando erano dei giovani
spadaccini, alla fine divennero ministri. Solo per constatare che il
vero potere era detenuto più dalle amministrazioni che avrebbero dovuto
obbedir loro, ma che non obbedirono … Oggi, in politica, dov’è il
potere?
“Molte persone oggi hanno una concezione
del potere che risale al XIX secolo. Un partito politico cerca di
ottenere la maggioranza per assumere il potere. Quando è al potere,
attua il suo programma. Il campione (o la campionessa) diventa così un
salvatore! Sfortunatamente, non è più questo il modo in cui vanno le
cose. Gli ex ministri che lei ha citato, e molti altri prima di loro,
non hanno smesso di constatarlo: il margine di manovra di cui
dispongono, dopo essere ‘arrivati al potere’ non ha smesso di
restringersi come la pelle di zigrino. Ciò non significa che loro sono
totalmente impotenti, ma che la loro libertà d’azione urta contro
vincoli di tutti i tipi che la limitano o l’ostacolano in maniera sempre
più stretta. Il potere ha peraltro lasciato da tempo le sue istanze
tradizionali. Domandarsi dove è il vero potere è chiedersi dove si
prendono le decisioni. La grande domanda in politica è: chi decide? ‘ E’
sovrano, ha scritto Carl Schmitt, chi decide nel caso d’eccezione’. In
poche parole, era stato detto tutto. Il potere dello Stato, oggi, è in
gran parte diventato un potere accessorio o subordinato. Coloro che
detengono il potere reale appartengono a un cenacolo al di fuori dello
Stato e anche al di fuori del territorio. Questi cenacoli contano molti
nominati o cooptati che eletti. E sono loro che decidono. E’ una delle
cause della crisi della democrazia rappresentativa, che sarebbe meglio
chiamare altrimenti democrazia sostitutiva, poiché sostituisce alla
sovranità popolare l’unico potere dei suoi presunti rappresentanti”.
Quando, nel 1997, Lionel Jospin,
allora primo ministro, riconobbe a proposito della chiusura dello
stabilimento Renault di Vilvorde che “lo Stato non può fare tutto”,
firmò la capitolazione del potere politico nei confronti del potere
economico?
“Non so se questo è il miglior esempio
che si possa prendere, ma è evidente che la subordinazione del potere
politico al potere economico, e soprattutto finanziario, è uno dei
tratti maggiori della situazione attuale, come anche una delle
principali cause di deperimento del politico (il politico è tutt’altro
che la politica nel senso corrente del termine). L’ideologia liberale,
per la quale il legame sociale si riduce esclusivamente al contratto
giuridico e allo scambio commerciale, ha sempre sostenuto tale
subordinazione, in quanto la sovranità politica impedisce i meccanismi
di ‘regolazione spontanea’ (la ‘mano invisibile’ del mercato) di
produrre pienamente i loro effetti – contro una tradizione europea che
aveva sempre badato che la dimensione economica fosse ‘incastrata’
(embedded, incorporata, dice Karl Polanyi) nel sociale, sotto l’autorità
del politico e che aveva sempre messo in guardia contro il potere della
crematistica. Il triste privilegio della nostra epoca è stato di
spingere questa subordinazione a un livello che non aveva mai raggiunto
prima. La politica del debito adottata dagli Stati li ha legati mani e
piedi al potere dei mercati finanziari. I diktat moralistici
dell’ideologia dei diritti umani hanno fatto il resto”.
Un potere che non è più sovrano perde di
per sé il suo carattere politico. Ora, come tutti sanno, intere parti
di sovranità sono venute meno nel corso degli ultimi decenni. La nostra
sovranità militare è stata delegata alla Nato, la nostra sovranità
politica è stata svenduta alle istituzioni dell’Unione europea, la
nostra sovranità di bilancio al Trattato sulla stabilità, il
coordinamento e la governance firmata a Bruxelles nel 2012, la nostra
sovranità giuridica alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ciò a cui
stiamo assistendo, è quindi l’espropriazione pura e semplice del potere
politico, e al suo massiccio trasferimento verso istanze e persone che
non sono state mai elette. E come queste differenti istanze sono a loro
volta acquisite all’ideologia liberale, il potere politico scompare in
una sorta di buco nero”.
Per riassumere, qual è lo scopo del
potere? La volontà di potenza? Dotarsi di mezzi per ripristinare un po’
di senso in una società sempre più frammentata? Lasciare una traccia
nella storia? Far trionfare le sue idee a scapito di altri?
“Un po’ di tutto questo, non c’è dubbio.
Nel senso più alto, il potere politico avrebbe per fine soprattutto di
garantire a un popolo, non solo un avvenire, ma un destino. Ma
nell’immediato, il primo compito sarebbe quello di provare a ridare al
politico i mezzi per svincolarsi dal sistema monetario. Essendo ben
consapevoli che prendendo il potere si rischia di più di cederlo. Il
primo gennaio 1994, il molto zapatista subcomandante Marcos disse: ‘Noi
non vogliamo prendere il potere poiché sappiamo che se prendessimo il
potere, saremmo presi da lui’. Un avvertimento sul quale si potrebbe
meditare”.