Di Mattia Savelli
In questi giorni gira in rete un video con alcuni ragazzi in
divisa scolastica intenti a cantare la canzone che meglio rappresenta l’impeto
rivoluzionario del popolo ungherese: “Ragazzi di Budapest”. Le prime strofe in
lingua magiara si trasformano improvvisamente nella versione italiana e il
battito dei piedi scandisce il tempo, il tutto coronato da bandire ungheresi
sventolate con onore dai ragazzi più grandi. Per dei romantici come noi un
idillio, per qualche trombone integralista del politicamente corretto un
oscenità nazionalista. Nella nostra Italia, dove l’antipolitica e antitalianità
la fanno da padroni, noi sappiamo apprezzare i popoli che sono ancora fieri di
appartenere ad una Nazione, ad una terra e alla sua storia. Possiamo solo
immaginare cosa si direbbe se in una scuola italiana si facesse intonare una
canzone nazionalista a degli studenti in grembiule, come minimo il preside
sarebbe processato sommariamente da qualche tribunale del “popolo”.
Il testo intonato dai piccoli magiari è forse la cosa che unisce
di più noi italiani alla lotta dei loro nonni, infatti non molti sanno che
quelle parole sono state scritte proprio da un nostro connazionale. Nel 1977 un
giovane Pier Francesco Pingitore detto Ninni, si avete capito bene proprio
l’ideatore del Bagaglino il programma di cabaret per antonomasia, scrisse
questo testo e chiese al musicista Dimitri Gribanovski, artefice di svariate
colonne sonore di spettacoli e film italiani, di fare un arrangiamento
incalzante per quelle strofe. Probabilmente l’autore italiano, da sempre legato
alla destra e che mai rinnegherà la sua simpatia per il fascismo e per la
Repubblica Sociale, voleva dare il suo contributo al tentativo di rottura del
muro di silenzio che si levò attorno alla causa ungherese. Il risultato fu un potente
grido di libertà contro l’oppressione sovietica e il riscatto di un intero
popolo che in “quell’alba radiosa di ottobre” mise sotto scacco una delle due superpotenze
mondiali costringendola a reprimere la rivolta nel sangue. Negli anni successivi
le parole vennero spesso mutate e il testo adottato da vari gruppi rock
identitari tanto che il Fronte della Gioventù di Triste fece incidere la
canzone in un disco, dal titolo “Giovani d’Europa”, nel 1984. Da quel momento non si contano le cover e le
curve di calcio che spesso e volentieri intonano quelle parole. Probabilmente
Ninni non pensava a questo tipo di evoluzione ma sarà sicuramente fiero di
vedere quei bambini ungheresi cantare a squarciagola, dopo più di trent’anni,
la sua canzone divenuta un vero e proprio monumento alla storia della
Rivoluzione Ungherese.