lunedì 19 maggio 2014

Il tradimento di Efialte


tratto da Azione Tradizionale

300 è un film che ha fin troppo affascinato l’ambiente politico della destra nonostante le sue incongruenze e inesattezze, che ad un pubblico poco attento potrebbero sembrare invece delle realtà storiche e simboliche. Ma aldilà del “fomento” e dello stravolgimento di alcune verità, ed a prescindere dal riferimento fantasioso a Sparta ed alle Termopili, nel film sono comunque presenti degli interessanti spunti di riflessione.

Facciamo subito una premessa: 300 è un film fantasy basato sulla grafic novel di Frank Miller, e quindi NON è un film storico sulla battaglia delle Termopili. Inoltre siamo i primi ad sostenere che il film in troppe parti tende a presentare gli spartani ed i persiani come in realtà non erano, ma questo è dovuto proprio al fatto che è soltanto una storia di fantasia basata liberamente sul glorioso sacrificio dei 300 opliti. Diciamo questo per evitare facili polemiche sul personaggio di cui qui parliamo, anche perché se volessimo basarci soltanto sul racconto storico di Erodoto avremmo solo da constatare il tradimento di “Efialte figlio di Euridemo che, convinto di ricevere da Serse qualche grande ricompensa, gli parlò del sentiero che portava alle Termopili attraverso i monti.”

Ma l’Efialte di 300 non è solo il traditore per denaro, quello per antonomasia prima ancora di Giuda. Nel famoso film il giovane soldato è rappresentato come un essere deforme, uno spartano “mancato” dato che fu salvato dai genitori dalla morte certa che gli spettava secondo la severa legge di Lacedemone. Egli è quindi già un figlio del tradimento, quello dei genitori, che oltretutto lo crescono facendogli credere comunque di essere uno spartano, a tal punto che il padre lo addestra e gli dona mantello, scudo e corazza.

Consapevole di questo, Efialte vuole riscattare l’onore della propria famiglia ed offre il suo servizio a re Leonida, ma già nel farlo pone un’implicita condizione: “Permettimi di redimere il nome di mio padre servendo te in combattimento”. Il rifiuto del re è immediato, le menomazioni fisiche del giovane non gli permettono di alzare lo scudo abbastanza da proteggere il soldato al suo fianco, questo è inammissibile nell’esercito spartano che combatte come una singola impenetrabile unità. Ma non si tratta di un rifiuto assoluto, perché gli viene subito offerto di dare un contributo più che utile alla vittoria di Sparta: soccorrere i feriti. Non tutti siamo fatti per essere soldati, e portare acqua ai feriti e prendersene cura avrebbe significato evitare che lo dovesse fare un vero guerriero, sottraendosi dalla battaglia e quindi mettendo a repentaglio la vita degli altri e la vittoria. Del resto in ogni organizzazione tradizionale ad ognuno viene sempre dato il posto che gli spetta secondo la propria natura e qualificazione; in questo il Leonida cinematografico mostra coerenza, e la magnanimità di un capo che offre una possibilità a chi vuole riscattarsi.

Ma Efialte questo non può capirlo, forse perché non ha ricevuto un’autentica educazione spartana, forse perché è troppo schiavo del suo ego gonfio di pretese e aspettative di fare quello che vuole e non quello che deve; probabilmente entrambe le cose, essendo una la conseguenza dell’altra. Quindi il ragazzo rifiuta l’offerta e, piuttosto che appartenere con dignità ed umile semplicità al fronte che sente suo, preferisce passare al nemico. Lì avrà il suo contentino: un’armatura e le armi. In cambio dovrà “soltanto” indicare a re Serse qual è il sentiero per aggirare i 300 e colpirli alle spalle; in cambio dovrà soltanto condannare il suo nome a millenni di disonore.

La sua menomazione fisica può essere assunta a valore esemplificativo: quello che si vede sul suo corpo non è altro che il riflesso di ciò che è presente nella sua anima, l’incapacità fisica di combattere simboleggia la sua incapacità interiore di lottare contro sé stesso, contro i suoi istinti e le sue bassezze. E’ così che molto spesso chi non è all’altezza di una situazione o di un compito, magari perché troppo debole per imporsi una regola o delle rinunce, invece di riconoscere i propri limiti tende a considerare ciò che faceva come privo di interesse o di senso, quasi ad odiarlo, come a doversi giustificare (vedi la volpe e l’uva). Ancora più grave quando questo accade nel caso si avesse comunque la consapevolezza di stare compiendo il giusto ed il vero; in questo caso accade anche che il debole cada veramente in basso e si rivolti completamente contro, in una maniera che non esitiamo a definire satanica, cercando quindi di indebolire e sottrarre forze al fronte di cui faceva parte. E’ questo il caso del nostro Efialte.

Ed è il caso piuttosto tipico dei “convertiti” infatti quello di voler dimostrare a tutti, ma soprattutto a se stessi, la forza della loro scelta non facendo altro che parlare male di quello che fino a poco tempo prima era il loro credo, a volte perfino combattendolo esplicitamente e non solo a parole. Esempio questo di chi non capisce che le vie tradizionali portano ad una vetta comune se percorse verso l’alto; di chi invece di riconoscere di non essere in grado di percorrere la via più diretta, e perciò faticosa, sostiene che essa era sbagliata e ne sceglie un’altra più comoda. Ma così facendo la percorre verso valle, se non verso un precipizio; e più si era arrivati in alto con la via precedente, più rovinosa sarà la caduta.

Queste persone impersonificano la contraddizione e l’incoerenza in maniera così palese che possono fungere da “esempio al contrario” per chi ha la capacità di riconoscerle, ma possono trascinare via con se coloro che invece ne sono attratti e che dimostrano così di non avere la necessaria capacità di discernimento. Inoltre in cuor loro non avranno mai pace perché, come dicevamo prima, continuano a sapere nel profondo che la parte lasciata era quella del vero e del giusto.

Per questo a tutti loro facciamo lo stesso augurio di re Leonida: “Efialte, dico a te: possa tu vivere in eterno.”