di Diego Fusaro
Vi è un’affermazione che ricorre con una certa frequenza nel dibattito contemporaneo e che, spesso anche per i toni da “furia del dileguare”, si presenta come una “sparata” priva di consistenza. Alludo all’asserto secondo cui sarebbero banche e finanza a dettare l’agenda della politica, riducendo i politici a semplici maggiordomi dei finanzieri. Si tratta di un’affermazione che, appunto, può apparire – in realtà, purtroppo, non lo è affatto – priva di consistenza. Non serve, in effetti, fare “sparate”: occorre sempre studiare pacatamente la realtà così com’è, per poi criticarla eventualmente nelle sue determinazioni specifiche.
E allora soffermiamo la nostra attenzione sul ruolo svolto dal finanziere Davide Serra alla “Leopolda” del PD pochi giorni fa. Una cosa concreta, dunque: nessuna teoria da complottisti dell’ultima ora. Il finanziere Serra in prima linea nella manifestazione del PD: non soltanto è presente, ma prende la parola. Detta la linea da seguire. Nessuno lo contrasta. Sembra che le sue parole siano normali in un partito che, tragicomica evoluzione del vecchio PCI, è transitato dalla lotta contro il capitale alla lotta per il capitale. Serra dice cosa fare e cosa non fare. Per sua bocca parla il capitale: ridimensionare il diritto allo sciopero, dice Serra. Quel fastidioso privilegio che ancora resiste! Quel fastidioso privilegio che pone “lacci e lacciuoli” alla santa libertà del capitale!
Non vi è peraltro alcun contrasto tra quanto asserito da Serra e la linea del PD: lo sappiamo, Renzi ha individuato alla Leopolda il nemico del partito non nel capitale, ma nei lavoratori; non nella finanza, ma chi scende in piazza per manifestare in nome dei diritti sociali e contro l’ignobile “Job Acts”, vertice del neoliberismo selvaggio e della precarizzazione pianificata. Piena condivisione di intenti, dunque, tra Serra e Renzi. Non v’è dubbio. Il PD non sta coi lavoratori, ma col capitale: chi può ancora dubitarne? È una sparata campata per aria? Se sì, mi si spieghi il ruolo di Serra e, soprattutto, il consenso che ha avuto nel PD; mi si spieghi perché il suo discorso e quello di Renzi sono compelementari, armonici, in sintonia perfetta.
Non stupisce, certo, se poi, pochi giorni dopo, a Terni, accade quel che è accaduto: violento pestaggio dei lavoratori, guarda caso scesi in piazza a manifestare. Manganellati durante il governo che ha fatto dell’antifascismo la sua bandiera, riempiendosi la bocca con la parola “democrazia”, buona in tutte le stagioni (anche quando di democrazia reale ve ne è sempre meno, ovviamente): PD, Pestaggio Democratico, verrebbe quasi da dire. L’effetto Serra rivela che il PD è dalla parte della finanza e del capitale: lo speculum principis non è più redatto da filosofi ed esperti della politica, ma direttamente da finanziari apolidi, magnati del capitale.
Qual è il programma politico-culturale che sta dietro a tutto ciò? Sentiamo le sagaci riflessioni del finanziere Davide Serra: “La Cultura Umanistica ha fatto il suo tempo. Deve diventare cool, figo. Diventare matematici. Lo dico sempre ai miei bambini”. Et voilà, l’ennesimo affronto all’intelligenza, alla cultura, alla dignità. Ci siamo abituati, è il tempo in cui conta solo ciò che può essere contato e vale solo ciò che ha un prezzo. Non stupisce, dunque, che circolino impunemente frasi di inqualificabile volgarità. La finanza e il capitale debbono uccidere la cultura, per poter dominare incontrastati. Il Pd è parte integrante di questo sciagurato processo in corso. E non vi è altro da aggiungere.