giovedì 28 giugno 2012

Crollano i consumi? Siamo al ridotto della Valtellina...



di Miro Renzaglia

La non notizia è questa: in Italia, secondo l’Istat, le vendite al dettaglio, ad aprile del 2012, scendono ai minimi storici di un meno 6,8% su base annua. E’ record assoluto negativo.
Perché è una non notizia? Perché non serve essere laureati in economia, e tantomeno esimi professori della Bocconi per capire che quando introduci nuove tasse, congeli salari e pensioni, non riesci a frenare l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, crei nuova disoccupazione, ingigantisci il precariato, susciti nel lavoratore il terrore di licenziamenti più facili; ecco – dicevo – non bisogna essere per forza Mario Monti per capire che, quando succede tutto questo, anche solo per buon senso pratico, il consumatore cerchi di consumare meno.
Il che non sarebbe neanche sbagliato se la contrazione non riguardasse anche e soprattutto generi di prima necessità. Uno dei settori a più alto indice di regressione della spesa – pari al 6,1% – riguarda, infatti, il settore alimentare.
Se non è difficile capire il fenomeno, non era nemmeno complicato prevederlo. La politica dei sacrifici e dell’austerità ha sempre prodotto recessione economica e mai sviluppo. Provate a sottrarre al ciclo produzione-consumo-produzione, su cui si fonda il meccanismo economico del mercato capitalista in auge, il termine di mezzo (consumo) e vi rimarrà un binomio tautologico (produzione-produzione) che alla fine smetterà di avere la propria ragione sociale.
In realtà, chi ha avviato questo processo recessivo mira ad altro. Proprio mentre agli italiani veniva imposta una finanziaria da lacrime e sangue (35 miliardi di euro) la Bce metteva a disposizione delle nostre banche 150 miliardi di euro ad un tasso d’interesse irrisorio. Il messaggio è chiaro e suona pressappoco così:
“Care consorelle di usura, grazie alla crisi, che noi stesse abbiamo sapientemente provocato, abbiamo potuto avviare un meccanismo strozza popoli che non mancherà di farsi avvertire sia tra i lavoratori che tra gli imprenditori. Entrambi, se vogliono arrivare alla fine del mese e non chiudere baracca, avranno bisogno di indebitarsi ulteriormente. Questi 150 miliardi che la Bce vi dà ad un tasso dell’1%, e che voi rivenderete al dettaglio a non meno del 4%, sono i rifornimenti necessari al fabbisogno della nostra decisiva battaglia, quella di creare un unico cittadino del mondo: il debitore”.
Messa così, le rilevazioni dell’Istat che segnano una regressione dei consumi va letta come atto di estrema resistenza del popolo italiano alla morsa dei trafficanti di denaro. Ma siamo ormai al ridotto della Valtellina.