di Marcello Frigeri (giornaledelribelle)
L’Occidente, più o meno dal ‘500 –ma nella seconda metà del ‘900 con piùinsistente nevrosi– si è imposto un compito ben preciso come fosse una missione sacra: "occidentalizzare" il resto del mondo, con la convizione che lapropria società sia a tutti gli effetti “il migliore dei mondi possibili”. La storia, tuttavia, ci insegna che ogni civiltà, dall’ellenica alla romana, dall’egiziana allamesopotamica, si è sempre creduta un “vaso d’elezione”: l’uomo tende a far coincidere l’universo con il proprio modello etico, considerando la sua verità lapiù giusta. Ma mentre le altre civiltà, passate o presenti, non sono andateoltre il ritenersi le più grandi della loro epoca, noi occidentali siamo convintiche quanto abbiamo fatto negli ultimi secoli sia qualcosa di incomparabile, dunque non solo ci riteniamo i migliori, ma imponiamo il nostro modello al resto del mondo. Pretendiamo di inculcare, in estrema sintesi, il sistema liberal-capitalista a popoli la cui cultura –che sia tribale o di stampo medievalista o naturalista non importa– è lontana a noi migliaia di anni luce, sia per storia che per tradizione, contaminandole e, di conseguenza, cancellandole dalla faccia della terra. Il problema è che considerando l’universo occidentale una “creazione perfetta”, non lo si metterà mai in discussione, pur sapendo tuttavia che niente di ciò che crea l’uomo è perfetto. E non mettendo in discussione la nostra cultura ed il suo stile divita, essa non progredirà e anzi, la condanneremo al ristagnamento.Ciò checritico è il fondamento principe della cultura occidentale: la ragione illuminista che, come spiega il termine stesso, ha uno scopo ben preciso: rischiararetutto ciò che all’uomo non è chiaro. Si tratta dunque di sondare evivisezionare la realtà che ci circonda, per comprendere ogni singolo mistero di questa terra e oltre –dall’astronomia alla medicina, dalla natura al modus operandi dell’individuo stesso. Nulla, insomma, deve avere angoli d’ombra, perché la ragione è spinta da un desiderio insaziabile di conoscenza.Ma lasete illuminista del sapere a tutti i costi ci ha tolto il sapore della filosofia, portandoci ad essere più calcolatori e più razionali ma meno filosofi, più materialisti ma meno sognatori. Galileo, che nel ‘600 è diventato il padredella scienza moderna, di fatto ha contribuito all’obbiettivo illuminista dispostare il campo visivo dell’uomo dalla filosofia delle cose alla scienza dellecose. Ma togliendo il chiaroscuro alla vita, si toglie anche il sogno e il dubbio.Il problema, però, è ben più grande: la ragione umana pretende di portarel’uomo alla conoscenza assoluta senza però poterla realmente raggiungere. Così quando arriveremo ad illuminare l’ultimo angolo remoto della nostra stanza, scopriremo che ci saranno altre stanze da far brillare, e così via, fino all’infinito. L’uomo occidentale, per questo, è un individuo frustrato perché ossessionato dal desiderio di agguantare la perfezione, cioè Dio, che in questo caso si personifica nella sapienza oltre ogni confine. Ma una volta avvicinatosi all’Onnipotente esso sfugge, generando una rincorsa che non avrà mai termine. I greci, ben si guardavano da questo “traguardo”, avendo nella loro etica il senso del limite. Noi, invece, questo senso lo abbiamo completamente perduto.
Ma poi, anche fosse, illuminando una stanza intera e ogni suo remoto angolo, cosa ci resterà ancora da fare se non tirarci un colpo dipistola?L’illuminismo che tutto deve rischiarare e niente deve lasciare al buio ci ha portato ad essere fortemente individualisti: chi è materialista, infatti, penserà più a se’ stesso che alla propria comunità. Senza rendercene conto,infatti, siamo tutti scienziati alla ricerca dell’elisir del perenne benessere. Oggi lo spazio della nostra vita lo dedichiamo ad un unico scopo: la ricerca della felicità e dello star bene. Così ragionando abbiamo in pratica aperto leporte della nostra essenza all’interesse personale, all’egoismo e al bisogno di concorrenza. E cos’è che può minare questa ricerca infinita? Solo un ostacolo: la morte. Mentre alcune culture la considerano una seconda vita, l’uomo occidentale ne è terrorizzato, tanto che non la nomina mai –nelleultime pagine dei giornali scriviamo “ci ha lasciato”, “è venuto a mancare”, “ne ricordano la dipartita”-, e anzi la si tiene il più lontano possibile dallarealtà -per esempio i cimiteri vengono costruiti sempre nelle periferie dellecittà.Tutto ciò che è male, insomma, allontana il nostro pensiero dalla felicitàe lo avvicina alla morte. Dunque l’obiettivo principale è fuggire dalla morteper raggiungere, o quantomeno avvicinare, la felicità. E qui l’illuminismo ha contribuito allo strappo più grande con le altre civiltà: così razionali ematerialisti, in nome della ragione, siamo arrivati ad identificare il denaro, cherappresenta invece il materialismo più becero, con la felicità stessa. In un’epoca come la nostra, industrial-liberista, infatti, il denaro non è più un mezzo utilizzato per scambiare materie prime –indumenti o alimenti-, ma da mezzo secondario è diventato il nostro ideale obiettivo. Oggi il denaro ha più diritti dell’uomo proprio perché lo riteniamo l’essenza della nostra felicità. In un Occidente privo di valori, l’unico ad averne è proprio il denaro, che inepoche passate è sempre stato considerato un oggetto cui l’unica essenzaera quella del mero scambio. In un tempo non troppo lontano i privilegiatierano coloro che non lavoravano e che vivevano nell’ozio, proprio perché illavoro era considerato una pena. Oggi tutto è ribaltato: il lavoro, comeazione che genera denaro, è alla base della nostra società, e chi non lavora è considerato un reietto o uno scarto. Nessuno, in quest’epoca, potrà maivivere senza generare denaro.Perché, poi, dico che ha più diritti dell’uomo? Basta guardare ciò che succede sotto i nostri occhi: il capitale può cercare lasua collocazione geografica là dove è meglio remunerato –Marchionne, adesempio, vuole spostare la Fiat dall’Italia all’America-, mentre gli uomini, chesi trasformano in immigrati per andare alla caccia dei paesi in cui circolamaggior denaro, e che spesso proprio da quel capitale sono stati resi deimiserabili, non avrebbero questo diritto. Allora la domanda sorge spontanea: siamo proprio sicuri che l’Occidente, terra del liberalismo e dell’illuminismo, siail “migliore dei mondi possibili"?
L’Occidente, più o meno dal ‘500 –ma nella seconda metà del ‘900 con piùinsistente nevrosi– si è imposto un compito ben preciso come fosse una missione sacra: "occidentalizzare" il resto del mondo, con la convizione che lapropria società sia a tutti gli effetti “il migliore dei mondi possibili”. La storia, tuttavia, ci insegna che ogni civiltà, dall’ellenica alla romana, dall’egiziana allamesopotamica, si è sempre creduta un “vaso d’elezione”: l’uomo tende a far coincidere l’universo con il proprio modello etico, considerando la sua verità lapiù giusta. Ma mentre le altre civiltà, passate o presenti, non sono andateoltre il ritenersi le più grandi della loro epoca, noi occidentali siamo convintiche quanto abbiamo fatto negli ultimi secoli sia qualcosa di incomparabile, dunque non solo ci riteniamo i migliori, ma imponiamo il nostro modello al resto del mondo. Pretendiamo di inculcare, in estrema sintesi, il sistema liberal-capitalista a popoli la cui cultura –che sia tribale o di stampo medievalista o naturalista non importa– è lontana a noi migliaia di anni luce, sia per storia che per tradizione, contaminandole e, di conseguenza, cancellandole dalla faccia della terra. Il problema è che considerando l’universo occidentale una “creazione perfetta”, non lo si metterà mai in discussione, pur sapendo tuttavia che niente di ciò che crea l’uomo è perfetto. E non mettendo in discussione la nostra cultura ed il suo stile divita, essa non progredirà e anzi, la condanneremo al ristagnamento.Ciò checritico è il fondamento principe della cultura occidentale: la ragione illuminista che, come spiega il termine stesso, ha uno scopo ben preciso: rischiararetutto ciò che all’uomo non è chiaro. Si tratta dunque di sondare evivisezionare la realtà che ci circonda, per comprendere ogni singolo mistero di questa terra e oltre –dall’astronomia alla medicina, dalla natura al modus operandi dell’individuo stesso. Nulla, insomma, deve avere angoli d’ombra, perché la ragione è spinta da un desiderio insaziabile di conoscenza.Ma lasete illuminista del sapere a tutti i costi ci ha tolto il sapore della filosofia, portandoci ad essere più calcolatori e più razionali ma meno filosofi, più materialisti ma meno sognatori. Galileo, che nel ‘600 è diventato il padredella scienza moderna, di fatto ha contribuito all’obbiettivo illuminista dispostare il campo visivo dell’uomo dalla filosofia delle cose alla scienza dellecose. Ma togliendo il chiaroscuro alla vita, si toglie anche il sogno e il dubbio.Il problema, però, è ben più grande: la ragione umana pretende di portarel’uomo alla conoscenza assoluta senza però poterla realmente raggiungere. Così quando arriveremo ad illuminare l’ultimo angolo remoto della nostra stanza, scopriremo che ci saranno altre stanze da far brillare, e così via, fino all’infinito. L’uomo occidentale, per questo, è un individuo frustrato perché ossessionato dal desiderio di agguantare la perfezione, cioè Dio, che in questo caso si personifica nella sapienza oltre ogni confine. Ma una volta avvicinatosi all’Onnipotente esso sfugge, generando una rincorsa che non avrà mai termine. I greci, ben si guardavano da questo “traguardo”, avendo nella loro etica il senso del limite. Noi, invece, questo senso lo abbiamo completamente perduto.
Ma poi, anche fosse, illuminando una stanza intera e ogni suo remoto angolo, cosa ci resterà ancora da fare se non tirarci un colpo dipistola?L’illuminismo che tutto deve rischiarare e niente deve lasciare al buio ci ha portato ad essere fortemente individualisti: chi è materialista, infatti, penserà più a se’ stesso che alla propria comunità. Senza rendercene conto,infatti, siamo tutti scienziati alla ricerca dell’elisir del perenne benessere. Oggi lo spazio della nostra vita lo dedichiamo ad un unico scopo: la ricerca della felicità e dello star bene. Così ragionando abbiamo in pratica aperto leporte della nostra essenza all’interesse personale, all’egoismo e al bisogno di concorrenza. E cos’è che può minare questa ricerca infinita? Solo un ostacolo: la morte. Mentre alcune culture la considerano una seconda vita, l’uomo occidentale ne è terrorizzato, tanto che non la nomina mai –nelleultime pagine dei giornali scriviamo “ci ha lasciato”, “è venuto a mancare”, “ne ricordano la dipartita”-, e anzi la si tiene il più lontano possibile dallarealtà -per esempio i cimiteri vengono costruiti sempre nelle periferie dellecittà.Tutto ciò che è male, insomma, allontana il nostro pensiero dalla felicitàe lo avvicina alla morte. Dunque l’obiettivo principale è fuggire dalla morteper raggiungere, o quantomeno avvicinare, la felicità. E qui l’illuminismo ha contribuito allo strappo più grande con le altre civiltà: così razionali ematerialisti, in nome della ragione, siamo arrivati ad identificare il denaro, cherappresenta invece il materialismo più becero, con la felicità stessa. In un’epoca come la nostra, industrial-liberista, infatti, il denaro non è più un mezzo utilizzato per scambiare materie prime –indumenti o alimenti-, ma da mezzo secondario è diventato il nostro ideale obiettivo. Oggi il denaro ha più diritti dell’uomo proprio perché lo riteniamo l’essenza della nostra felicità. In un Occidente privo di valori, l’unico ad averne è proprio il denaro, che inepoche passate è sempre stato considerato un oggetto cui l’unica essenzaera quella del mero scambio. In un tempo non troppo lontano i privilegiatierano coloro che non lavoravano e che vivevano nell’ozio, proprio perché illavoro era considerato una pena. Oggi tutto è ribaltato: il lavoro, comeazione che genera denaro, è alla base della nostra società, e chi non lavora è considerato un reietto o uno scarto. Nessuno, in quest’epoca, potrà maivivere senza generare denaro.Perché, poi, dico che ha più diritti dell’uomo? Basta guardare ciò che succede sotto i nostri occhi: il capitale può cercare lasua collocazione geografica là dove è meglio remunerato –Marchionne, adesempio, vuole spostare la Fiat dall’Italia all’America-, mentre gli uomini, chesi trasformano in immigrati per andare alla caccia dei paesi in cui circolamaggior denaro, e che spesso proprio da quel capitale sono stati resi deimiserabili, non avrebbero questo diritto. Allora la domanda sorge spontanea: siamo proprio sicuri che l’Occidente, terra del liberalismo e dell’illuminismo, siail “migliore dei mondi possibili"?