di Valerio Goletti (Secolo d'Italia)
In molti se lo chiedono: è possibile una campagna elettorale senza il ritorno dei vecchi fantasmi ideologici? No, in Italia ancora no. Lo si vede molto bene dall’ondata di surreale indignazione che sta colpendo Beppe Grillo reo di avere “sdoganato” i fascisti del terzo millennio di Casapound. In realtà nessuno di quelli che hanno utilizzato quest’arma retorica ci ha creduto veramente nel fatto che Grillo è pericoloso per la democrazia. Non sembrava loro vero, in definitiva, di trovare contro il Movimento 5 Stelle l’argomento degli argomenti, l’accusa di antifascismo troppo tiepido. Per chi avesse dubbi basta leggere oggi sull’Unità l’intervista a Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi. Ebbene Smuraglia dice proprio questo: Grillo, rifiutando la pofessione di fede antifascista, si è posto fuori da una “concezione unitaria” del paese che sovrappone la storia della democrazia a quella dell’antifascismo. “Vede – disquisisce Smuraglia – il fatto è che non si può che essere antifascisti se si amano libertà e democrazia. Non se ne esce”. Invece il paese vorrebbe uscirne, da questi vincoli sofistici, da questi logori assiomi dettati dai vincitori di una geurra mondiale più di 60 anni fa. E vorrebbe uscirne non certo per abbracciare la dittatura e non solo per riconciliarsi con tutte le sue memorie. Vorrebbe uscirne perché è stanco di un’altra dittatura, quella del conformismo ideologico che ha pesato per troppi decenni sul dibattito delle idee in questo paese. L’Anpi si appresta a lanciare un appello perché tutte le forze politiche si riconoscano nei valori della Costituzione, perché nel nuovo Parlamento vi siano solo eletti che si riconoscono nei “valori fondamentali”, antifascismo in primis. Smuraglia è convinto che questo valga più di qualsiasi programma e di qualsiasi proposito innovatore. Quanta nostalgia dell’arco costituzionale, quanto desiderio di trovare comunque un nemico ideologico. I colpi di coda di un’ortodossia mummificata…