di Filippo Ghira (Rinascita)
La Germania ha paura che sia in arrivo una crisi finanziaria senza precedenti ed ha incominciato a ritirare dall’estero parte delle sue riserve in lingotti d’oro delle sue circa 4.000 tonnellate. Per la precisione sono 3.396. La scelta è caduta su tutti i lingotti detenuti presso la Banca di Francia, 374 tonnellate e una parte di quelle conservate a Fort Knox. Alla Riserva Federale Usa, Berlino ha depositato nel tempo un 45% pari a 1.800 tonnellate. La Bundesbank ritirerà così 300 tonnellate non subito e tutti insieme ma nell’arco di sette anni. Sembra una quantità trascurabile ma in questi casi è il segnale che conta. Una mossa che ha messo sull’avviso i mercati finanziari e i governi di tutto il mondo che si sono interrogati sull’ipotesi che la signora Merkel e il suo governo, dati per vincenti alle elezioni di autunno, considerino imminente ed inevitabile una crisi finanziaria in grado di fare impallidire gli effetti di quella del 1929. Una crisi che potrebbe infliggere un colpo mortale al sistema dell’euro e che di conseguenza si ripercuoterebbe sul livello dei debiti pubblici dei Paesi membri del sistema di moneta unica.
Se le cose stessero davvero così, non si spiegherebbe allora perché la Bundesbank abbia deciso di lasciare al loro posto le oltre 500 tonnellate di oro detenute presso la Banca d’Inghilterra. Eppure Londra non fa parte dell’euro che non ha mai amato e ha preferito tenersi la sterlina. E in tale ottica ha assunto un atteggiamento ambiguo con un piede dentro ed uno fuori dell’Unione tanto da indurre un europeista storico come il francese Jacques Delors a dichiarare che la Gran Bretagna dovrebbe andarsene dalla Ue perché costituisce soltanto un elemento di disturbo. Un ruolo che è apparso chiarissimo durante la recente crisi finanziaria quando dalla City londinese e dai paradisi fiscali sotto la sovranità britannica (Cayman, Guernsey e Jersey) sono partite buona parte delle operazioni speculative della finanza anglo-americana contro i titoli pubblici europei (italiani e spagnoli in testa) e di conseguenza contro l’euro.
La mossa della Bundesbank nasce probabilmente anche dalla considerazione che l’economia Usa si trova sull’orlo del collasso per il generale indebitamento della sua economia. Sono indebitati i cittadini per tutti gli aspetti della propria esistenza (consumi e mutuo). E’ perennemente in rosso la bilancia commerciale con un debito che supera abbondantemente i 600 miliardi di dollari. E soprattutto sono indebitate perennemente le casse federali con un debito che ha superato da tempo il 100% sul Prodotto interno lordo tanto da spingere Obama e i repubblicani a raggiungere nell’agosto scorso un accordo bipartisan per alzarne il tetto legale. Una operazione che si sta ripetendo adesso a fronte dell’incapacità di tenere a freno la dinamica della spesa pubblica. A dimostrazione che gli Usa e i suoi cittadini vivono ben al di sopra delle proprie possibilità e che la tenuta del dollaro è frutto più che altro del ruolo di prima potenza militare globale che utilizza la propria moneta come moneta di occupazione.
Per tale motivo la Merkel sospetta e teme che gli Usa possano fare bancarotta e che vantando o millantando chissà quali crediti verso la Germania possano cercare di trattenersi l’oro tedesco che ha cominciato a depositarsi presso la Federal Reserve subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. C’è poi un altro fatto che non fa dormire sonni tranquilli alla Cancelliera ed è il fatto che la Cancelliera, è non è la sola in Germania e in Europa, a sospettare che le riserve di oro depositate presso Fort Knox non siano in realtà pari alla quantità ufficiale dichiarata. Siano esse di proprietà degli Usa o di un altro Paese. Non è un sospetto nuovo. Esso nasce dall’ipotesi che gli Usa abbiano potuto indebitarsi oltre ogni limite perché hanno venduto o hanno dato in garanzia i lingotti giacenti alla Federal Reserve. I propri e quelli ricevuti in deposito. Il periodo di 7 anni che sarà necessario per riportare a casa appena il 13% dell’oro tedesco fa sospettare che quella sia tutt’altro che ipotesi. Perché è ovvio che se i lingotti tedeschi fossero lì in custodia sarebbe sufficiente andare a riprenderli. Quello che manca nel panorama finanziario internazionale è di conseguenza la fiducia. E quei lingotti, che incominciarono ad essere lasciati a Fort Knox per paura di una invasione sovietica non hanno più ragione di trovarsi lì. Lo stesso pensano i governi di altri Paesi come l’Olanda. Ma quando manca la fiducia reciproca può innescarsi un meccanismo incontrollabile che, in conseguenza di un effetto domino può produrre sconquassi a livello globale. Così una manovra, quella tedesca, pensata per tutelarsi, potrebbe avere un effetto completamente opposto.