sabato 1 dicembre 2012

ILVA: la sopravvivenza è servita,ma la crisi resta...

di Matteo Mascia (Rinascita)


E così, dopo una vergognosa strategia della disattenzione da parte del governo, l’agognato decreto legge “salva-Ilva” è arrivato. L’esecutivo dei “tecnici” ha elaborato una norma-tampone per far sopravvivere l’Ilva di Taranto. Con la sua mossa in “zona Cesarini”, la produzione potrà proseguire: ancora qualche giorno e i Riva avrebbero avviato le pratiche per la messa in mobilità di migliaia di operai su tutto il territorio nazionale.

Naturalmente i lavoratori hanno accolto la notizia con gioia: il disastro è rinviato e per il momento non hanno nulla da temere. Il tribunale del riesame dovrà confrontarsi con l’atto dell’esecutivo. Ha forza di legge e non potrà essere eluso dai magistrati chiamati a verificare la legittimità della decisione presa dal gip su richiesta della Procura. Naturalmente i “tecnici hanno pensato anche alla loro oligarchia, prevedendo la figura di un garante, l’ennesimo garante che non controlla nulla ma che permette il moltiplicarsi di consulenze e apparati ad hoc.

In ogni caso, dopo l’autorizzazione integrata del ministero dell’Ambiente, l’iter giudiziario è destinato ad avere un lungo strascico. Quanto accaduto a Taranto è figlio della totale mancanza di un’autentica politica industriale. Per decenni si è fatto finta di nulla. Come se il secondo parco siderurgico d’Europa non fosse in Italia. La politica ha scelto di stare alla finestra, abdicando al suo ruolo. Il mercato si è “autoregolato”: per accumulare profitti i Riva hanno scelto di posticipare l’abbattimento delle emissioni. Una scelta incivile che la vecchia Italsider, pubblica, non avrebbe fatto, né potuto fare.

Negli ultimi giorni si era lanciato da più parti l’invito a nazionalizzare l’Ilva. Una proposta di tipo “peronista” - l’Argentina è stata salvata così dal disastro liberista: con le rinazionalizzazioni di tutte le aziende strategiche - ma odiata dai cultori del liberismo, “governanti tecnici” in primis. Eppure, lo Stato avrebbe potuto cogliere l’occasione per tornare ad essere protagonista e non spettatore. Una pia illusione. Gli attuali inquilini di Palazzo Chigi sono in piena sintonia con la finanza.

L’economia reale, per loro, semplicemente, non esiste.