Mentre tutta l'America, Obama in testa, piangeva per la strage dei venti bambini uccisi in una scuola di Newtown (Connecticut) da un ragazzo di vent'anni (certamente folle, ma anche prodotto estremo di un popolo che ha la violenza nel sangue oltre che di un 'mal de vivre' che coinvolge l'intero Occidente, si pensi a quello che accade a casa nostra, soprattutto contro le donne) e i media internazionali dedicavano ogni giorno una mezza dozzina di pagine al tragico evento, in Afghanistan dieci bambine che stavano raccogliendo legna in un bosco vicino al loro villaggio nel distretto di Chanarhar (Afghanistan orientale) sono saltate su una mina, uccise, mentre altre due rimanevano gravemente ferite. I media internazionali hanno dedicato alla notizia -quando l'hanno fatto- poche righe. E questo si capisce. Gli afghani, sia pur bambini, non sono esseri propriamente umani come gli occidentali e, tantomeno, gli americani. Non appartengono alla 'cultura superiore'. Più interessante è come è stata data la notizia. “Si tratterebbe di una mina anticarro forse residuo dell'invasione sovietica o di un ordigno, sempre anticarro dei Talebani”. Un cumulo di menzogne. Per attivare una mina anticarro ci vuole il peso di un blindato, non basta certo quello di un bambino. La mina era anti-uomo. I Talebani non le usano. Non solo e non tanto perché con un editto del 15 ottobre del 1998, quando era in guerra con Massud, il Mullah Omar le proibì considerandole “immorali”, ma perché alla guerriglia non servono. E' molto difficile infatti immaginare che un soldato Nato si aggiri, a piedi, in un bosco. Le forze Nato si muovono esclusivamente sui blindati. Era una mina anti-uomo di provenienza Oto Melara (bisogna pur che i nostri lavoratori abbiano un posto, costi quel che costi, la vita altrui o la propria come all'Ilva di Taranto). Alla Nato,invece, le mine anti-uomo fan molto comodo perché per preparare i loro attacchi i Talebani si muovono a piedi, protetti dalla boscaglia. Ha disseminato quindi questo tipo di mine sul territorio afghano, soprattutto intorno alle proprie basi e ai propri avamposti. Se poi salta in aria qualche bambino in cerca di legna o di pinoli, pazienza, è un 'incidente', magari da attribuire all'occupazione sovietica di quaranta o trent'anni fa. Del resto gli americani non ci vanno con mano leggera, nemmeno quando ci sono di mezzo i bambini. Non più di un paio di mesi fa un caccia, chiamato in soccorso da un fortino assediato, ha ucciso nove bambine, anch'esse occupate a far legna nel bosco, scambiandole per dei pericolosi guerriglieri.
Sono circa 80 mila i civili afghani morti da quando è iniziata la 'missione di pace' Isaf-Nato. O uccisi dai bombardieri, spesso droni senza equipaggio, che sparano alla 'dove cojo cojo', o dalla reazione della guerriglia che di fronte a un nemico invisibile deve ricorrere sempre più spesso al terrorismo (cosa che non fece con i sovietici che avevano almeno, in una guerra meno tecnologica e più 'umana' la dignità di stare sul campo) che, pur mirato a obbiettivi militari e politici, ha anch'esso i suoi inevitabili 'effetti collaterali'. E poiché spesso per prendere un paio di guerriglieri, invece di mandare fuori le truppe a rastrellare (troppo pericoloso), si bombardano interi villaggi, dove sono rimasti quasi esclusivamente donne, vecchi e bambini (ecco perché a raccogliere legna nel bosco c'erano delle ragazzine sotto i 12 anni), mentre gli uomini validi sono a combattere, la 'strage degli innocenti' è incalcolabile e incalcolata.
Per anni in Occidente si è parlato, spargendo copiosamente lacrime di coccodrillo, delle 'guerre dimenticate'. Adesso la guerra 'dimenticata' la stiamo facendo noi. E non ne parliamo o, se ne parliamo, ne diamo un'informazione completamente distorta. Per non coprirci di vergogna.