giovedì 11 aprile 2013

Cosa manca al Bel Paese per gestire al meglio le città d’arte...



di redazione (Secolo d'Italia)

In tempi di disastri, approssimazioni, ignoranza e presunzione un libro come questo dello storico dell’arte Tommaso Montanari (Le pietre e il popolo, Minimum fax) è un aiuto a riflettere sul rapporto tra istituzioni e beni culturali. Certo le obiezioni non mancheranno, specie sul come fare a trovare fondi perché tutto non crolli, in particolare in un momento di crisi grave, e non così transitoria, come questo. 

Non sarà un caso quindi che questo pamphlet contro la retorica del Bello che copre lo sfruttamento delle città d’arte e vorrebbe restituirne ai cittadini l’arte e la storia, come recita il sottotitolo, inizi con Siena, infettata dalla gestione del Monte dei Paschi: “L’enorme quantità di quattrini che MPS faceva piovere sui buoni e sui cattivi ha portato a una degenerazione in cui non contavano più le qualità del progetto, o la qualità delle persone, ma l’affiliazione e la spartizione”. 

Così Montanari denuncia come l’Opera Metropolitana del Duomo abbia ceduto un ramo dell’azienda (quello che si occupa di accoglienza, marketing e iniziative culturali) ai privati (una società controllata da Civita) per soli 42 mila euro, e come L’Ospedale museo di Santa Maria della Scala, su cui da decenni ci sono importanti progetti firmati Brandi e Previtali, sia stato ridotto a uno scatolone per eventi e mostre. Eventi e mostre sono un altro dei suoi bersagli, a cominciare da quelle varie organizzate a Roma sul Rinascimento per arrivare a quelle caravaggesche promosse dalla Sovrintendenza, come quella che “ha strappato quasi 40 opere dagli altari veri, che ancora le accolgono nelle chiese, per essere esibite a Palazzo Venezia, rimontate su finti altari di finto marmo… 

Nel 2011 le chiese di Roma erano dunque ridotte a un colabrodo, anche perché quello di Palazzo Venezia non è l’unico luna-park in attività”. Il problema è che Montanari ci richiama un’ integrità e purezza di visione che è ineludibile nel momento in cui una confusione (potremmo dire creata ad arte?) rischia di finire per far equiparare iniziative meno folli con altre che sono enormi castronerie. 

E in queste pagine ci viene ricordato tutto, dalla pista di sci alta 60 metri proposta per il Circo Massimo, davanti al Palatino, al sindaco di Firenze Renzi che ha “trivellato gli affreschi cinquecenteschi che ornano la più grande sala civica del suo palazzo comunale per tentare di trovare un ‘capolavoro’ perduto che possa alimentare mito personale e diventare feticcio di un super-marketing turistico” (il riferimento è alla leonardesca, mitica Battaglia di Anghiari). Il palazzo comunale è poi uno dei simboli centrali per Montanari: “Per secoli, anzi millenni, la forma dello Stato, la forma dell’etica, la forma della civiltà stessa si sono definite e si sono riconosciute nella forma dei luoghi pubblici… 

Le piazze, le chiese, i palazzi civici italiani sono belli perché sono nati per essere di tutti: la loro funzione era permettere ai cittadini di incontrarsi su un piano di parità” (da qui la difesa del Patrimonio dell’art. 9 della Costituzione). Ora invece il valore civico è stato negato in favore della rendita economica, così che “a essere distrutta è in primo luogo la cittadinanza come condizione morale, intellettuale, politica”. 

Le pietre e il popolo passa in rassegna situazioni di tutte le città d’arte, da Venezia all’Aquila, da Milano a Napoli, e alla fine ci mostra un quadro disperante che rispecchia nella situazione, privatizzazione e trasformazione in Disneyland del nostro patrimonio il grave degrado della vita sociale e politica che stiamo attraversando.