giovedì 20 giugno 2013

Quegli strani “ostacoli” che rallentano il film “Il segreto” sulla strage partigiana di Codevigo…


di Priscilla del Ninno (Secolo d'Italia)

Questo film non s’ha da fare. È stato questo l’anatema scagliato contro Il segreto, del regista padovano Antonello Belluco, professionista che ha all’attivo un curriculum di tutto rispetto, che va dall’impegno registico per Radio 2 e Rai 3, alla realizzazione del film Antonio guerriero di Dio, e poi di spot e filmati per marchi più che celebri, fino alla produzione di audiovisivi, documentari e inchieste. 

Il motivo del sabotaggio? Semplicemente la scelta della storia da raccontare, o meglio, della verità storica su cui puntare i riflettori: l’eccidio perpetrato nel ’45 da alcune formazioni partigiane a danno di militari e civili fascisti (o presunti tali). Una mattanza di cui ancora oggi sfuggono i contorni effettivi. Una strage tra le più cruente della storia bellica nazionale, compiuta in un’unica località a guerra già finita, a guerra finita con vincitori e vinti già proclamati, quando le armi e le ostilità intestine avrebbero dovute essere già deposte, in un arco temporale che va dal 29 aprile alla metà di maggio, (forse anche dopo): nessuno può stabilire con precisione la cornice di sangue che delimita l’esecuzione sommaria di un numero compreso tra 114 e 136 vittime, tra militi della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), delle Brigate Nere (BN), e semplici cittadini. 

Così come nessuno ha mai stabilito la contabilità esatta della mattanza: c’è chi parla di 136 vittime, chi di 168, chi di 365, chi addirittura, in base a un documento dell’arcidiocesi di Ravenna-Cervia, ipotizza la sconcertante cifra di 900 morti. Un numero imprecisato di corpi straziati, non tutti recuperati dalle fosse comuni, che accredita i contorni numerici della strage solo sulla base di quelli identificati, (ne furono riconosciuti con certezza 114), e che ancora oggi indigna per l’efferatezza delle esecuzioni: le vittime furono trucidate per vendetta, seviziate, umiliate e poi trucidate. Di molti di loro ha scritto Giampaolo Pansa ne Il sangue dei vinti. Di moltissimi altri si continua a non sapere nulla perché quella pagina feroce delle stragi partigiane nell’Italia liberata rappresenta ancora oggi un tabù difficile da affrontare e metabolizzare. Se ne è reso conto Renzo Martinelli ai tempi delle riprese, e della distribuzione, di Porzùs, di cui addirittura si arrivò a chiedere il ritiro dalle sale. 

Se ne è reso conto Belluco, dal 2011 alle prese con la lavorazione travagliata de Il segreto, di cui ultimerà le riprese a luglio. Che spera di finire di montare entro dicembre. Che si augura di riuscire a distribuire. Una lavorazione funestata da mille pressioni e da disponibilità ritirate, condizionata già dopo i primi ciak da una concatenazione di eventi negativi, difficilmente riconducibili al caso: la rinuncia del produttore, il dietrofront degli sponsor, i contributi ministeriali e regionali che sfumano, le promesse disattese da collezionisti e addetti ai lavori che avevano garantito di mettere a disposizione materiale bellico e costumi d’epoca, le diffide legali piovute sulla sceneggiatura. 

Unica luce in fondo a un tunnel nero, la partecipazione al film di Romina Power, tra i protagonisti del plot. Progetto tormentato su cui l’attrice e cantante ha scelto di scommettere a dispetto di tutto e tutti, per tornare davanti alla macchina da presa dopo un lunghissimo periodo di assenza dal set.