venerdì 13 luglio 2012

Estate a casa


di Gabriele Marconi

Uno può pure decidere di restare a casa e godersi le ferie in città. Prendete Roma, per esempio, d’estate è una meraviglia: strade libere (vabbè, quest’anno molto meno), parcheggio facile, serate piene di cose da fare, con spettacoli all’aperto, arene cinematografiche, mostre…
È sempre stata una scelta a suo modo originale, controcorrente: mentre tutti s’affannano a trovare uno spicchio di spiaggia disponibile scavalcando masse d’adipe unta d’oli abbronzanti, tra le grida dei ragazzini e i giuggioloni che giocano coi racchettoni manco fossero a Wimbledon, io me ne sto in pace a casa, magari passeggio per strada cantando «Tutta mia la città! Un deserto che conosco…».
Oppure, invece d’inseguire il fresco girellando per le silenti praterie montane in quel di (chessò) Pinzolo, trovando invece masse informi di tifosi al seguito della Juventus in ritiro, in cerca di un autografo o di una foto con sorriso e abbraccio dell’idolo, io faccio un salto al banchetto del cocomeraio e mi rinfresco come facevano i miei nonni nei mitici tempi andati, «là sotto l’arberi der Lungotevere».
Ecco, appunto: una scelta. Allora sì che può essere piacevole. Quasi un viaggio in un universo parallelo, invisibile nella quotidianità ma che ad agosto diventa accessibile, e negli angoli più impensati si palesano passaggi nascosti per accedere a un’altra dimensione, in un altro tempo, dove le metropoli possono ancora risplendere in tutta la loro magia perduta.
Ma quest’anno gli italiani che resteranno in città non lo faranno per scelta consapevole ancorché anticonformista: sarà la “cura Monti” a costringerli a casa. A casa, sì, quella per cui (chi ce l’ha) avrà dovuto pagare la prima rata dell’Imu (…rtacci loro! dicono a Roma) raschiando il fondo del barile, mentre i grossi grassi saggi della Banca centrale europea dichiaravano che per combattere la crisi sarà necessario ridurre i salari. Giuro, non è uno scherzo, l’hanno detto davvero! L’hanno anche scritto nel bollettino di luglio della Bce, un concentrato di ricette demenziali che fa piangere anche se sembra un copione per i comici di Zelig.
Ma il delirio assoluto si raggiunge con i tribuni mediatici che fanno a gara per lodare gli sforzi dei “tecnici” salva-Italia. Che se il centrodestra avesse fatto un millesimo della macelleria sociale operata dal governo del Grigiocrate, giornali e tv avrebbero scatenato l’inferno e le piazze d’Italia sarebbero state invase da sindacati e indignati a comando (questa l’abbiamo già detta, ma per ora almeno ripetere non porta tasse nuove e perciò lo ribadiamo).
E invece niente. Silenzio di tomba. Al massimo qualche minaccetta di scioperini. E lodi sperticate per la nuova “sobrietà” che ha riportato all’Italia il gradimento dei potenti: senza un’ombra di vergogna, esultano per il cane che s’è rimesso il collare da solo.
Intanto, oltre a togliere di tasca agli italiani pure gli spiccioli rimediati per le vacanze, creano così ulteriore disoccupazione schiantando l’industria turistica.
Perché, come diceva quel capocomico, «bambole, non c’è una lira!». Oggi diciamo “non c’è un euro” e suona molto più triste. Neanche a dire che avremo di che rinfrescarci con aranciate e limonate, ché stavolta gli spremuti siamo noi. E spremuti alla grande.