di Adriano Scianca (Secolo d'Italia)
Il déjà vu è una falla del programma che governa le nostre esistenze e indica che qualcosa sta cambiando nella matrice, lo sappiamo bene. O almeno lo sappiamo noi appassionati di “Matrix”, il film dei fratelli Wachowski che nel 1999 ci rivelò l’inconsistenza virtuale e predeterminata delle nostre vite apparentemente perfette. Ed era proprio così che, nel complicato intreccio della pellicola, veniva spiegata la sensazione di aver già vissuto un certo evento: come un errore tecnico dovuto alla riprogrammazione in corso di Matrix.
Qualcosa di simile deve essere in corso anche in questi mesi, perché la sensazione di déjà vu è forte come non mai. Quando si entra in un cinema e i primi film che ci vengono proposti hanno a che fare con Batman, Spiderman e 007 (anno di nascita dei rispettivi personaggi di fantasia: 1939, 1962, 1953) qualcosa, decisamente, deve essere andata storta. A Hollywood, ormai, nessuno rischia più con storie nuove, si producono solo sequel, remake e film che attingono a filoni dell’immaginario collettivo già abbondantemente arati, come quelli che riguardano fumetti o telefilm. Siamo incatenati al passato. In particolare sembra che abbiamo scelto un decennio nello specifico da reiterare all’infinito: sono gli anni ‘90. Un decennio iniziato con le terribili notizie che venivano dal Golfo Persico, dove i media ci raccontavano di miliziani iracheni intenti a strappare gli infanti kuwaitiani dalle incubatrici. Non era vero nulla, ma intanto nell’agosto del 1990 iniziava di fatto la prima Guerra del Golfo. Oggi notizie analoghe di crimini perpetrati contro i bambini ci giungono dalla Siria e staremo a vedere quando scoppierà l’ennesimo conflitto.
Noi, intanto, siamo tutti presi dalla possibile implosione di quell’Unione europea che nasceva il 7 febbraio 1992, quando veniva approvato nella cittadina di Maastricht il trattato economico e politico divenuto tristemente noto. Negli anni ’90 avevamo Tangentopoli. Oggi abbiamo il popolo viola e Travaglio, Rizzo e Stella, i gruppi anticasta su facebook, una folla instupidita che guaisce slogan manettari. Negli anni ’90 avevamo il panfilo Britannia e i governi Dini, Amato, Ciampi. Oggi il panfilo Britannia ha attraccato direttamente al Quirinale. La speculazione che nel 1992 fece tremare la lira e vide Ciampi arrancare sotto i colpi di Soros oggi si ripresenta sotto forma di spread e Mario Monti non sembra maggiormente attrezzato per l’occasione. Il “Popolo di Seattle” trova il suo clone stanco ed effimero negli indignados: massa gelatinosa di moralismo, legalismo e social network. Né potevamo farci mancare una riedizione dell’emergenza “naziskin”, con conseguente Legge Mancino, alla cui riproposizione assistiamo ogni giorno con i servizi di Repubblica sull’orda nera che travolge l’Europa. Le prime pagine, allora, erano poi occupate dal fenomeno Lega, la vera novità del momento. E anche oggi i lumbard non hanno smesso di fare notizia, sia pur facendo posto, per il dopo Bossi, al volto nuovo del Carroccio: Bobo Maroni. Déjà vu, ancora déjà vu. Come nel caso dello strappo di Gianfranco Fini, che ieri dominava i servizi di politica interna e oggi... pure. E gli equilibrismi di Casini? E gli ex Pci che cercano disperatamente un modo per essere ancora di sinistra? E i fuochi d’artificio grammaticali di Di Pietro, ieri di scena nei tribunali e oggi in Parlamento? Insomma, siamo sempre lì. Siamo sempre al palo.
Schiavi di una nostalgia canaglia che, come una zavorra, ci lega a terra. C’è di che deprimersi, decisamente. Poi uno apre il giornale e legge anche della “sua” discesa in campo. È fatta, il tempo si è bloccato. Siamo fermi al 1994 e non riusciamo a uscirne. In Matrix devono essere in corso grandi manovre. Ci resta solo da scrutare il cielo e attendere l’arrivo di Neo. Che poi vuol dire, per l’appunto, “Il Nuovo”. Solo il nuovo ci salverà dal già visto, come diceva quel film... uscito 15 anni fa e che pure continuiamo a citare. Decisamente, siamo senza speranze.