giovedì 16 agosto 2012

Amianto ed Eternit ci lasciano una pesantissima eredità


di Matteo Mascia (Rinascita)

L’amianto continua a rappresentare un problema per l’ambiente e la salute degli italiani.
Il Paese è disseminato di manufatti realizzati in Eternit o con derivati del materiale. Decine di migliaia di edifici potenzialmente pericolosissimi. Solo nel 1992 una legge ordinaria vietò l’utilizzo dei prodotti contenenti asbesto. Un ritardo colpevole.
Lassismo della politica con cui saremo costretti a fare i conti. Attenti studi di epidemiologia prevedono infatti un picco nel numero dei tumori della pleura e delle asbestosi. Nel giro dei prossimi dieci anni si vedranno gli effetti di un’idea distorta di progresso industriale. Le patologie non riguarderanno solo gli operai, i loro familiari ed i residenti intorno a determinate aree industriali. In alcuni casi il tumore della pleura si sviluppa anche per brevissimi periodi di esposizione. Le tettoie, le riserve idriche ed alcuni immobili prefabbricati oggi esistenti rappresentano un fattore di rischio non trascurabile. La loro presenza fa il paio con le negligenze delle aziende sanitarie locali e del Ministero dell’Ambiente.
La “tolleranza” e le “omissioni” sono, purtroppo, fatto notorio. La politica si è limitata a stanziare fondi per il monitoraggio delle categorie esposte e a potenziare la normativa vigente. Un’attività legittima che andrebbe accompagnata da una seria politica di repressione contro chi non rispetta i divieti vigenti. Eppure, questa brutta storia poteva essere facilmente evitata. Bastava dare ascolto ai medici tedeschi che firmarono diversi studi tra le due guerre mondiali. La Germania nazista riservava un’attenzione quasi maniacale per la profilassi sui posti di lavoro e per gli studi sulla salute pubblica. Nella recente sentenza emessa dal tribunale di Torino, i magistrati hanno inserito nelle motivazioni della condanna a carico dei proprietari della Eternit di Casale Monferrato la lunga storia dell’amianto. Vicende lunghe più di un secolo che passano anche nella Berlino del terzo reich.
Dove si era già compreso e studiato il nesso di casualità tra amianto e tumori. Verità storica che il collegio giudicante non poteva omettere.
“Le segnalazioni sulla dannosità dell’asbesto pervenute ai Paesi industriali a partire dagli anni trenta assumono dignità scientifica e sociale soltanto nella Germania nazista – si legge nella sentenza di Torino – a seguito delle ricerche del patologo Nordmann, che dimostra, ancor prima dell’inizio della guerra, che il 12 per cento di coloro che contraevano l’asbestosi morivano a causa di un tumore polmonare. In tale Paese viene istituito un sottocomitato che fissa misure tecniche contro le polveri e valori-limite per l’amianto, e che nel 1943 il berlinese Weldler pubblica un articolo nel quale si descrivono proprio quei tumori della pleura in seguito denominati mesoteliomi”.
Questi importantissimi risultati scientifici verranno spazzati via dalla sconfitta tedesca. Gli Alleati – durante e dopo il conflitto – avviarono una vera e propria campagna di controinformazione per evitare di mettere in pericolo la produzione di amianto e la sua estrazione nelle miniere. Diversi “scienziati” accusarono i colleghi dell’Asse di aver “utilizzato tatticamente i risultati della ricerca nazista” per controbilanciare la carenza di amianto dovuta all’embargo imposto dalla comunità internazionale. In Italia la consapevolezza del problema viene maturata tra il 1939 ed il 1940. Enrico Vigliani – così come raccontato nella sentenza sulla fabbrica di Casale – aveva già intuito e compreso il legame tra esposizione alle polveri della lavorazione e l’insorgere di asbestosi e neoplasie. Anche in questo caso, tutto verrà messo in un angolo.
Per gran parte degli anni cinquanta, l’associazione internazionale dei produttori di amianto e cemento (Saiac) cercherà in ogni modo di “porre rimedio alla diffusione delle allarmanti informazioni sulla pericolosità della sostanza che provengono dagli ambienti scientifici, ed in particolare dal settore della medicina del lavoro”. Nel nostro Paese, solo nel 1975, il tumore polmonare verrà inserito dagli istituti assicuratori nella lista delle malattie indennizzabili come complicanza dell’asbestosi.
Questo macabro capitolo della storia industriale testimonia l’esistenza di un pericoloso legame tra scienza e profitto. Un filo rosso letale. Per quanto concerne l’amianto; l’onesta intellettuale di pochi avrebbe potuto salvare le vite di molti.