giovedì 7 febbraio 2013

Ustica: 32 anni e una verità...


di Pier Paolo Corsi
(intellettualedissidente)

La Suprema Corte stavolta ce l’ha fatta, se non interamente, almeno in parte ha abbattuto il famoso “muro di gomma” creato dalle istituzioni italiane, dal Ministero della Difesa, dei Trasporti e delle Infrastrutture. «Non c’è dubbio – scrivono i giudici – che le amministrazioni avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli e che l’evento stesso dimostra la violazione della norma cautelare». Una sentenza che si commenta da sola e che finalmente mette un punto alla vicenda giudiziaria civile su quella che ormai a pieno titolo può esser definita “strage”. “Strage” è una di quelle parole che se pronunciate, in un momento di totale silenzio o di assordante confusione, provocano gli stessi effetti, sempre. Sgomento, insicurezza e in alcuni anche rabbia riferendosi alle reazioni dei comuni cittadini, mentre molto più fantasiose e variopinte sono sempre state quelle delle istituzioni e dei loro componenti.

In particolare tra le reazioni variopinte è bene citare una che ebbe davvero un gran successo all’interno degli ambienti militari e che ben si distinse invece dalle confusionarie e caciarone dichiarazioni politiche, questa fu la maldestra quanto sconclusionata attività di eliminazione delle rilevazioni radar, delle comunicazioni con le torri di controllo, di qualsiasi traccia del passaggio dell’aereo di linea DC-9 Itavia nella prima serata del 27 Giugno 1980, in particolare dalle stazioni di rilevamento di Marsala, di Grosseto. Maldestri poi perché con il traffico aereo che imperversava sul Tirreno in quegli anni, si parla di aerei americani, francesi, libici, russi e naturalmente italiani, tutti militari, nonché un satellite russo, le tracce radar dopo un momento iniziale di mancanza di prove, sbucarono da tutte le parti.

A fronte delle suddette reazioni da parte degli organi dello Stato coinvolti parvero sospette e poco attendibili le rilevazioni dei periti di parte, i quali inizialmente supposero guasti tecnici causati da una cattiva manutenzione per poi virare su una bomba nascosta nella toilette. Rilevazioni che finirono per diventare l’emblema del grottesco, quanto poco meticoloso seppur piuttosto vergognoso modo di mettere a tacere le implicazioni degli apparati civili e militari italiani nonché di alcuni internazionali. Grottesche e vergognose poiché sempre materialmente confutate, ma sempre prese in considerazione da più di qualche giudice (un esempio lampante fu quello degli oblò che rimasero intatti o il non rilevamento di ustioni da esplosione sui corpi rinvenuti). Fortunatamente, dopo venti anni di indagini, 4000 testimoni, 115 perizie un’ottantina di rogatorie internazionali e 300 miliardi di lire di sole spese processuali e quasi trecento udienze processuali, sono stati identificati dal Tribunale di Palermo nel 2011 e ieri, 28 Gennaio 2013, confermati dalla Cassazione i civilmente responsabili della vicenda.

Individuati nei ministeri della Difesa, Trasporti e Infrastrutture e ritenuti colpevoli secondo le seguenti motivazioni: «L’omissione di una condotta rileva quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l’esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell’evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell’obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che l’evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava d evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva ai fini dell’esonero dalla responsabilità che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell’esistenza del pericolo». Quest’analisi, però non vuole aprire un’ulteriore, un’ennesima inchiesta, ma semplicemente essere solo una fotografia che documenti come in Italia “i panni sporchi non si lavano in casa”, bensì (spesso) in compagnia di amici americani, libici e francesi e chi più ne ha più ne metta.

L’analisi, la fotografia allora si concluderà con due ultime deduzioni, corrette e confermate dalle varie commissioni che negli anni si sono succedute: esiste una responsabilità civile per non aver garantito la sicurezza dovuta ed è attribuita allo Stato Italiano, inoltre è appurato che l’aereo sia stato colpito da un missile, del quale non si sa né la provenienza, né la direzione a cui era destinato, né il motivo per cui avesse dovuto colpire invece il volo DC-9 Itavia.