mercoledì 1 maggio 2013

Fuga di cervelli? Non si abbandona la nave col mare in tempesta...



di Raoul Covelli

Tutto questo agitarsi delle nuove generazioni attorno al problema economico che si vive in Italia è lecito, in quanto tutti hanno diritto ad un futuro, ed in un paese che ha scelto il capitalismo come caposaldo del proprio essere, la stabilità economica privata è quanto mai indispensabile. Ma tutto questo pubblicizzare fughe all'estero che si legge e si percepisce ovunque rattrista e lascia l'amaro in bocca.

La nostra Nazione attraversa probabilmente il momento più critico della sua storia dal dopoguerra ad oggi, stretta com'è tra le speculazioni dell'alta finanza ed una comunità internazionale che non ha mai visto di buon occhio la sua indipendenza politico economica: basti pensare al trattamento riservato all'Italia dagli "Alleati" inglesi e francesi in conseguenza della Vittoria nella Prima Guerra Mondiale quando, nonostante il grande sforzo bellico sostenuto dal nostro popolo gli oltre 650.000 morti, non furono rispettati gli accordi prebellici che ci garantivano l'annessione delle terre italiane dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, o alle ridicole sanzioni imposte negli anni '30 dagli stessi oligarchi europei per presunti crimini contro il popolo abissino durante la guerra coloniale di quegli anni (il fatto che due Nazioni storicamente legate alle guerre coloniali e agli stermini di massa come Francia e Gran Bretagna insistessero per sanzionare l'Italia indignò addirittura l'opinione pubblica statunitense), per arrivare alla pagliacciata della guerra alla Libia di Gheddafi dei giorni nostri - paese con cui l'Italia, per ovvi motivi storici dati dallo status libico di ex colonia italiana, godeva di sconti sostanziosi sulle forniture di svariate materie prime tra cui petrolio e gas - e ci renderemo conto di quanto, da sempre, siamo invisi per motivi occulti a questi paesi che tengono per le redini l'intero occidente e sono causa di questa fantomatica crisi che attanaglia la vita del Belpaese.

E davanti a questo disastro economico ci si aspetterebbe uno spirito combattivo da parte dei giovani, una costruttiva protesta che obblighi chi di dovere a garantire ciò che ci spetta: ed invece assistiamo sempre di più a patetici teatrini che divulgano l'idea che abbandonare la nave mentre il mare è in tempesta, andare all'estero alla ricerca del posto fisso e dello stipendiuccio garantito sia la soluzione al problema. Questi sono i danni causati da 70 anni di capitalismo sfrenato, dalle varie mode e dai vari oppi dei popoli che hanno partorito greggi sempre più vuote il cui unico fine è l'istintivo, quasi animalesco, bisogno di quella stabilità economica che diventa legge, ideale e religione.

Ma non è vero che i marinai si vedono col mare in tempesta? E allora chi sono questi cervelli in fuga dalla propria Terra, dalle proprie origini, dalle proprie tradizioni? Sono essi davvero modelli da seguire ed un fallimento il vederli partire? Questa Terra non credo abbia troppo bisogno di loro: essi rappresentano un fallimento sì, ma un fallimento degli ideali più puri di Nazione e di Popolo. Questa Patria, che insegnò la civiltà al mondo intero coi Romani, che fu culla di rinascita dal buio medievale sotto l'alta guida di quella Firenze che universalmente rappresenta il bello ed il genio, che lottò per essere unita e respinse lo straniero invasore nelle gloriose giornate sul Piave, che fu invidiata terra di avanguardie socio culturali col Fascismo e poi rasa al suolo si ricostruì mattone su mattone, oggi ha bisogno di figli più elevati, di figli che vadano orgogliosi di questa storia e compiano un sacrificio per salvare la nave dalle acque in tempesta, che la sostengano e la proteggano dai venti speculativi internazionalisti e dalla nuova guerra, quella economica.

La nave non si abbandona, ed in questo momento più che mai i cervelli dimostrino di essere tali qui e non altrove.