di Lorenzo Vitelli (L'Intellettuale Dissidente)
Con il motto “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” la Francia dei Lumi inaugurò i nuovi valori repubblicani dopo la rivoluzione del 1789. Gli intellettuali francesi furono tra i primi teorici dell’Illuminismo con l’Encyclopédie di Diderot e il Dictionnaire philosophique di Voltaire. Essi assunsero il ruolo di think tank sovversivo per la borghesia illuminata di tutta Europa. Così il motto repubblicano divenne comune al continente Occidentale come sintesi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Liberté, Egalité, Fraternité rimane tuttora massima della Repubblica francese e stemma dell’ideologia dominante, nonché legittimazione del sistema democratico e del dirittoumanismo. Ma cosa si conserva di questi concetti santificati e svuotati di senso non appena la borghesia ha dato vita al fenomeno dell’industrialismo? Cosa rimane di un elogio ideale ed universalistico dell’uomo che non si traduce in momento reale, in miglioramento concreto delle condizioni sociali, in rispetto quotidiano dei valori sostenuti? A che pro parlare ancora di Libertà, Uguaglianza, Fraternità?
Un’analisi più approfondita dovrebbe subito avallare una simile questione, per cogliere quanto, invero, questi valori si riproducano perfettamente nella realtà delle cose. E’ doveroso però comprendere in che modo le élite d’Occidente abbiano interpretato queste nozioni. Perché a seguito di questa interpretazione sopraggiunge la realizzazione di un progetto, che rende questo motto non un semplice simbolo, ma un programma ideologico da portare avanti.
Di fatti se seguiamo la logica del pensiero dominante la Libertà si è realizzata come libertinismo, l’Uguaglianza come indifferenziazione, la Fraternità come meticciamento.
La libertà ha compiuto un movimento di transizione circoscrivendosi nella sfera del libertinismo a seguito delle proteste e delle rivendicazioni sessantottine. Così essa si è realizzata nell’abolizione dell’autorità, nella possibilità illimitata, nell’edonismo, nello sfogo compulsivo degli istinti e nella canalizzazione di queste pratiche in pubblici ed aperti spazi di consumo. Il Capitale rese mercificabile, successivamente al 68′, l’istanza del desiderio per eliminare definitivamente lo spazio che intercorreva tra pubblico e privato con relativa unificazione delle due sfere nel Mercato. La libertà si realizza con e nel Mercato. Siamo liberi consumatori.
Allo stesso modo l’uguaglianza, più che tradursi come da buon senso in giusta redistribuzione delle ricchezze, si attua nell’ambito della sessualità, ovvero come indifferenziazione – a cui segue l’interscambiabilità – dei sessi. L’uomo è donna e la donna è uomo, ed entrambi non sono più portatori di una nota distintiva una volta vestiti i panni del consumatore, a cui non è più richiesta una specificità sessuale. Così il padre può divenire madre, la moglie marito e il fenomeno dell’uguaglianza diviene concretamente omologazione di massa a cui segue la perdita di qualsivoglia eterogeneità.
Ciò che banalmente possiamo definire fraternità, ovvero l’aspetto solidale e comunitario dei rapporti sociali, non è divenuto coesione di popolo ma, nella società di mercato, è sinonimo di globalizzazione, ovvero meticciamento, di modo che l’eliminazione delle frontiere possa estendere la forma merce indiscriminatamente a tutti i popoli amalgamati – tramite l’accettazione dell’ideologia della fraternità e della tolleranza – in una cultura unica, cosmopolita, indifferenziata. L’idea di fraternità legittima il processo dell’immigrazione, generato dalle guerre e dagli “interventi umanitari” nei Paesi sottosviluppati da parte dell’Occidente e delle organizzazioni internazionali ad esso affiliate, a cui si aggiunge lo sfruttamento delle risorse naturali ed umane da parte delle multinazionali.