L’Ungheria non cambia verso e si conferma eurocritica più che mai.
Lo ha fatto sostenendo massicciamente alle urne il partito del premier
in carica Viktor Orban: i conservatori del partito Fidesz raggiungono
infatti una maggioranza di due terzi nel Parlamento con il 48%: 133 o
135 seggi su un totale di 199. L’opposizione di sinistra – Alleanza
democratica – che si candidava per battere il governo “scettico” sulle
politiche di Bruxelles, ha raggiunto un risultato piuttosto modesto,
attorno al 25% dei voti. Terza forza ungherese è il partito nazionalista
Jobbik che si attesta intorno al 20%, segnando un ulteriore avanzata.
Una vittoria significativa, questa di Orban,
che conferma come sia stata premiata la prima legislatura del leader
nazionalconservatore che ha spinto molto sul tasto sovranista criticando
l’impianto dell’Europa di Bruxelles. La stessa stampa europea, che
negli anni aveva dipinto Orban alla stregua di un dittatore tout court
(per alcune scelte sull’informazione ma soprattutto per la decisione di
inserire in costituzione semplicemente “Ungheria” togliendo la dizione
Repubblica), sembra tirare un sospiro di sollievo nel momento in cui si
temeva il boom, a scapito delle sinistre, del movimento Jobbik.
Dal punto di vista economico Orban – che ha stretto da tempo rapporti strategici con la Russia di Putin
– ha portato a casa risultati innegabili: dal taglio delle bollette,
all’aumento dell’occupazione grazie alla capacità di utilizzo dei fondi
di coesione Ue. Accanto a questo hanno influito di certo le politiche
sociali e la riforma che ha rinazionalizzato alcuni asset strategici tra
cui la Banca centrale. Tutto questo nonostante Orban con il suo partito
facciano parte di quel Ppe (lo stesso Helmut Kohl ha partecipato alla
campagna elettorale con un saluto al suo amico premier) a trazione
tedesca protagonista in negativo della ventata di austerity che ha
depresso il Sud Europa. Ma in Ungheria, a quanto pare, non si sono fatti
coinvolgere.
L’Ungheria non cambia verso e si conferma eurocritica più che mai.
Lo ha fatto sostenendo massicciamente alle urne il partito del premier
in carica Viktor Orban: i conservatori del partito Fidesz raggiungono
infatti una maggioranza di due terzi nel Parlamento con il 48%: 133 o
135 seggi su un totale di 199. L’opposizione di sinistra – Alleanza
democratica – che si candidava per battere il governo “scettico” sulle
politiche di Bruxelles, ha raggiunto un risultato piuttosto modesto,
attorno al 25% dei voti. Terza forza ungherese è il partito nazionalista
Jobbik che si attesta intorno al 20%, segnando un ulteriore avanzata.
Una vittoria significativa, questa di Orban,
che conferma come sia stata premiata la prima legislatura del leader
nazionalconservatore che ha spinto molto sul tasto sovranista criticando
l’impianto dell’Europa di Bruxelles. La stessa stampa europea, che
negli anni aveva dipinto Orban alla stregua di un dittatore tout court
(per alcune scelte sull’informazione ma soprattutto per la decisione di
inserire in costituzione semplicemente “Ungheria” togliendo la dizione
Repubblica), sembra tirare un sospiro di sollievo nel momento in cui si
temeva il boom, a scapito delle sinistre, del movimento Jobbik.
Dal punto di vista economico Orban – che ha stretto da tempo rapporti strategici con la Russia di Putin
– ha portato a casa risultati innegabili: dal taglio delle bollette,
all’aumento dell’occupazione grazie alla capacità di utilizzo dei fondi
di coesione Ue. Accanto a questo hanno influito di certo le politiche
sociali e la riforma che ha rinazionalizzato alcuni asset strategici tra
cui la Banca centrale. Tutto questo nonostante Orban con il suo partito
facciano parte di quel Ppe (lo stesso Helmut Kohl ha partecipato alla
campagna elettorale con un saluto al suo amico premier) a trazione
tedesca protagonista in negativo della ventata di austerity che ha
depresso il Sud Europa. Ma in Ungheria, a quanto pare, non si sono fatti
coinvolgere.