di Simone Torresani (Il Giornale del Ribelle)
Ci risiamo. Non passa giorno, non passa telegiornale, giornale radio, articolo o approfondimento in cui non si dica, come in un mantra, che la disoccupazione in generale e giovanile in particolare abbia toccato le punte più alte dal 1977.
Le ultime cifre, impietose, sono del 42,4 % per la fascia giovanile sino ai 24 anni e per un mostruoso 13% in riguardo a tutta la popolazione in età di "forza lavoro"(passatemi il bruttissimo termine , tipico dell' età industriale).
Diciamo subito che la disoccupazione è uno dei grandi problemi se non "il" problema numero uno” dell' Italia attuale, quindi nessuno vuol prendere alla leggera siffatti dati.
Quello che urta, che infastidisce, è il continuo termine di paragone col 1977: certo, io nel 1977 ancora non ero nato, ma ho studiato a fondo il periodo quindi so di che parlo.
Prima di tutto, nel 1977 la disoccupazione era congiunturale, dovuta ad almeno tre fattori: 1- le conseguenze degli shock petroliferi del 1973-74, con fasi recessive del mondo occidentale; 2- lo squilibrio territoriale, mai risolto, tra Nord e Sud e 3- l' immissione in massa dei baby boomers neolaureati su un mercato del lavoro, quello italiano, che non riusciva ad assorbirli tutti. Nel 1946 gli universitari erano poche decine di migliaia, nel 1977 si contavano a centinaia di migliaia.
Nel 1977 i Marchionne non minacciavano di produrre le auto in Serbia (pardon, nella Jugoslavia di Tito) o nella Cina da pochi mesi uscita dal delirio rivoluzionar-culturale (?!?) del maoismo.
Nel 1977 i "BRICS" erano fantascienza pura, la robotizzazione agli inizi, le masse dei salariati col cartellino uno spettacolo usuale fuori dalle fabbriche: il rapporto di 20 lavoratori espulsi per uno assunto dalla innovazione tecnologica era, infatti, ben al di là da venire.
Nel 1977 noi avevamo la lira (leggi:sovranità monetaria) e il mercato mondiale era mille volte meno competitivo, solo leggere "made in Taiwan " su un prodotto induceva a risate grasse.
Nel 1977 la Germania, pardon la Germania Ovest, aveva un PPA come indicatore macroeconomico minore che l' Italia; allo stesso tempo i salari italiani erano più elevati di quelli tedeschi (occidentali) e la produzione industriale quasi alla pari, tra i due Paesi.
Nel 1977 le manovre finanziarie e le politiche monetarie erano decise a Roma, a Bonn, a Parigi, a Dublino..cioè dai governi italiano, tedesco (occidentale), francese, irlandese..ora, tutto viene supervisionato dai tecnoburocrati mai eletti da nessuno, a Bruxelles.
Nel 1977 l' economia mondiale non era ancora finanziarizzata col rapporto di 8:1 (ma c' è chi si spinge a 10:1 o 12:1) tra economia reale ed economia speculativa improduttiva.
Nel 1977, infine, i giovani avevano i coglioni per scendere in piazza, facendo sudare freddo i politicanti. Informarsi, prego, sulla reazione dei giovani dopo la morte di Francesco Lorusso nella giornata di Bologna dell' 11 marzo di quell' anno.
Oggi i giovani vanno su "Ask.fm" o su "Twitter", a fare la rivoluzione dei "bit".
Continuare a paragonare ossessivamente il 2014 al 1977 significa dare a bere ai gonzi che la fase attuale di crisi è transeunte, mentre in realtà di transeunte non vi è nulla in questa contingenza che stiamo vivendo.
Siamo alle solite: robe vecchie, dice il popolo bue, chi se lo fila il 1977, chi se la fila la Storia.
I risultati, però, alla fine si vedono.
Beatevi nella vostra bovina ignoranza.
Historia magistra vitae est.