giovedì 31 luglio 2014

Finché fisco non ci separi



di Marcello Veneziani

Trovo una coppia d'amici, chiedo come va e mi dicono tutto bene, vanno d'amore e d'accordo, perciò si stanno separando. Chiedo a questo punto il motivo dell'insano gesto e mi spiegano che è per ragioni fiscali. Da quando lei ha perso il lavoro vivono con lo stipendio di lui che ha un reddito tassabile di 59mila euro. Separandosi e concordando per lei un assegno pari a circa la metà delle sue entrate, lui lo detrae dal reddito e in tal modo rientra nel secondo scaglione Irpef. Così lui risparmierà oltre 10mila euro di tasse, lei ne pagherà meno di 7mila, in tutto risparmieranno 3.800 euro l'anno, cioè quattro volte i famosi 80 euro al mese strombazzati dal governo Renzi. Mica poco.

Ma non solo: entrando in una fascia di reddito più bassa scattano altre agevolazioni sugli assegni famigliari, ticket sanitari, mensa, ecc. Così i due si sposarono per amore, si separeranno per interesse. Impressiona la perversione fiscale: in questo Paese non solo non c'è una politica in favore delle famiglie, ma c'è un sistema fiscale che premia chi si separa e punisce chi resta unito (ci penserà poi il tribunale civile a far soffrire pure i separati).

Per completare il quadro antifamiliare, separarsi conviene alle famiglie monoreddito, con un coniuge casalingo, purché siano sopra la soglia di esenzione fiscale. C'è qualcosa di diabolico, antisociale e di antitetico in questo sistema fiscale. Dalla famigerata tassa sul celibato alla nefasta tassa sul coniugato. Questo non è un paese per famiglie. Ci vuole un fisco bestiale...