domenica 13 luglio 2014

Il fascista che sfidò la «Fiat» e «Wall Street»

solaro

di Maurizio Bergonzini (Il Borghese)

Di Giuseppe Solaro si è scritto poco. E di lui è impressa nella memoria delle generazioni di militanti nazionali (come si autodefinivano un tempo) soprattutto la foto terribile che lo vede ritto sopra il camion che lo porta, prigioniero di partigiani festanti, in giro per Torino prima dell’impiccagione. Foto terribile divenuta un’icona dei «giorni dell’odio ».


Vincenti, giornalista e studioso, lo libera, pur offrendo un’attenta e dettagliata ricostruzione delle vicende della sua morte, dal ruolo di icona proponendo una ricostruzione precisa della sua vita, dei suoi studi, delle sue scelte che costituiscono un ritratto rigoroso di un giovane fascista di origini sociali modeste, dei suoi sforzi per conquistare, lui geometra, la laurea in economia, del suo impegno nel GUF avendo come modelli Pallotta, Ricci, Giani e collaborando alla rivista Vent’anni, fondata appunto da Pallotta, dell’iniziativa intrapresa costituendo, nell’ambito sempre del Guf, il Centro Studi Economici. Ed è proprio questo lavoro politico e intellettuale che lo farà inserire in una lista nera nazista (cfr H. W. Neulen, Europa und das dritte Reich ed. Universitas Munchen): la sua affermazione di un’Europa a doppia guida (italiana e tedesca) comportava una visione della guerra come riscatto sociale in netto contrasto con «una guerra nazionale sublimata dal razzismo biologico». Come scritto dal citato storico tedesco «il terzo Reich si dimostrò una potenza imperialistica centralizzata che non aspirava ad ottenere la fiducia dei vinti, ma che mirava ad erigere una grande formazione territoriale germanica a spese dei Paesi sconfitti». L’8 settembre lo vide tra i primi fascisti torinesi impegnati nella ricostituzione dell’organizzazione locale.

L’autore studia ed espone in modo particolareggiato l’attività del Solaro come federale del PFR: l’ansia (simile a quella di Bombacci) di convincere gli operai a confrontarsi con il rinato Fascismo che avrebbe dovuto essere consapevole dei limiti dell’esperienza del ventennio, la volontà di spiegare e di realizzare la socializzazione, la determinazione nell’eliminare gli angoli oscuri e violenti presenti nello stesso PFR («fa arrestare il comandante del presidio di Chivasso… per malversazioni e soprusi contro la popolazione»), la lotta alla «borsa nera».

E l’autore indica con chiarezza come l’impegno di Solaro si infrange contro la ostilità popolare che non crede alle promesse fasciste, i ripetuti scioperi, l’astensione del 99 per cento dei lavoratori alle elezioni per i comitati di gestione della Fiat socializzata. Questa impossibilità a confrontarsi con le masse è particolarmente dolorosa per Solaro che, mentre come studioso di economia cita in un fondo ne La Stampa – nella scia di Pound – Gysell e l’idea di moneta deperibile, si schiera (con Pavolini, Zerbino, Borsani) nel Direttorio Nazionale del Partito per definire come «socialismo fascista» la prospettiva nelle tematiche sociali.

Solaro consapevole che i tedeschi, nella migliore delle ipotesi interessati soltanto alla produzione bellica (ma il generale Leyers rappresentante in Italia del Ministero della Produzione verrà nominato nel dopoguerra consulente della Deutsche Fiat), erano oggettivamente alleati con la dirigenza Fiat che non voleva la socializzazione e con i comunisti che ne aborrivano la prospettiva tenterà fino all’ultimo una opera di convincimento.

Il dramma per lui era che «Il ribelle, appartenente alla classe minuta, è fucilato od incarcerato perché catturato con le armi in mano» il dirigente della Fiat «che gli ha fornito le armi, no!» Da meditare la bella e convinta introduzione del Professor Giuseppe Parlato (professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Internazionale di Roma , presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma e componente del Comitato scientifico della rivista Nuova Storia Contemporanea e di Nuova Rivista Storica e del Comitato scientifico dell’Archivio Centrale dello Stato) che sottolineando la capacità del volume di dar conto dell’attività del Fascismo repubblicano a Torino, delle condizioni di vita dei torinesi nella Rsi, della ricerca dei temi di fondo culturale su cui si basò l’azione di Solaro chiarisce come Vincenti abbia tolto Solaro stesso «dal mito della bella morte… da quella fissità ieratica» per farlo diventare «un uomo, rigoroso, coerente, drastico, ma un uomo, con le sue incertezze e i suoi errori di valutazione ».