di Steve Watson
TV turns you into a zombie
Mentre da un lato queste parole suonano come la solita metafora utilizzata per evidenziare quanta immondizia ci viene oggi propinata attraverso la televisione, sono anche una terribile affermazione che descrive in modo letterale la nostra realtà.
Solo in quest’ultimo mese due studi separati hanno rivelato che un eccessivo uso della televisione, anche se lasciata in sottofondo, può avere effetti deleteri sullo sviluppo cerebrale nei bambini, al punto che, quando crescono, mostrano difficoltà nelle relazioni sociali.
Se a questo aggiungiamo l’impatto ampiamente documentato che la TV ha su ognuno di noi, il potere che ha di alterare letteralmente la nostra coscienza e deprimere il pensiero critico, si può comprendere perché già da tempo è stata definita la “scatola dell’idiozia”.
Come ha riportato in quest’ultimo mese la Reuters, ricercatori dell’Università della North Carolina Wilmington (UNCW), hanno scoperto che i rumori di sottofondo emessi dalla televisione distraggono e confondono a tal punto i bambini da pregiudicare, nel lungo termine, la loro capacità di interagire con altri esseri umani, rallentarne il pensiero cognitivo e lo sviluppo del linguaggio.
Lo studio, pubblicato nella rivista Pediatrics, ha rivelato che i bambini statunitensi sono attualmente esposti a una media di cinque ore di televisione al giorno. Matthew Lapierre, che ha coordinato lo studio, ha spiegato che quei bambini che sono più esposti alla televisione passano meno tempo a interagire con i genitori e i coetanei.
Lapierre ha anche osservato che sono i bambini più piccoli quelli maggiormente esposti alla televisione di sottofondo.
“Questo è un chiaro avvertimento per i genitori: quando non stanno guardando la televisione, la devono spegnere.” Ha detto il Dr. Victor Strasburger, un pediatra dell’ Università del New Mexico di Albuquerque che in precedenza aveva studiato l’esposizione dei bambini ai mezzi di comunicazione. E ha aggiunto “E’ anche un consiglio ai genitori di evitare totalmente la televisione per i bambini sotto i due anni.”
“Avere voci indistinte di sottofondo genera confusione nei bambini in fase di comprensione ed elaborazione del linguaggio” ha sottolineato Strasburger, e ha aggiunto agli intervistatori che quando i genitori gli portano i loro bambini, riesce facilmente a individuare quali sono più esposti alla televisione e quali meno.
“I bambini ai quali viene spesso letto, chiacchierano in modo disinvolto, mentre quelli che stanno davanti alla televisione per lungo tempo, sono più silenziosi”. Ha detto. “Questo significa che viene messo in pericolo lo sviluppo del loro linguaggio – possono recuperare, sì, ma è comunque un problema.”
In un altro studio, alcuni medici del Royal College of Paediatrics and Child Health (College Reale di Pediatria e di salute infantile) di Londra, hanno scoperto che i bambini che nascono oggi, all’età di sette anni avranno visto un intero anno di televisione. Lo studio ha anche rivelato che in media i bambini oggi passano più tempo davanti alla televisione di quanto ne passino a scuola.
Il Dr Aric Sigman ha pubblicato lo studio negli Archives Of Disease In Childhood (Archivi di malattie infantili), una rivista medica associata al gruppo del British Medical Journal.
Sigman ha evidenziato che una tale esposizione elevate alla televisione può provocare delle lacune nei rapporti sociali, problemi di deficit d’attenzione e provocare gravi danni psicologici. Sigman ha aggiunto che la sovraesposizione a nuove tecnologie come la televisione in 3D e la console di gioco possono causare nei bambini gravi difetti nello sviluppo della percezione della profondità spaziale.
Lo studio consiglia di evitare che bambini sotto i tre anni guardino la televisione tutti insieme, e aggiunge che il tempo dedicato alla televisione è bene che sia limitato a un massimo di due ore al giorno.
“Avendo appurato che i problemi arrivano quando si supera il limite massimo delle due ore di schermo al giorno, e benché i nostri bambini siano attualmente esposti in media tre volte questo tetto, una decisa iniziativa mirata a ridurre il tempo giornaliero dedicato alla televisione porterà certamente dei miglioramenti nella salute e nello sviluppo infantile”. Ha detto Sigman.
In un rapporto pubblicato un anno fa, l’American Academy of Pediatrics ha evidenziato che numerosi studi precedenti sono arrivati alle stesse conclusioni; ovvero che esiste un collegamento diretto tra l’aumento dei tempi televisivi e i ritardi cognitivi dei bambini.
Nel 2010, un altro studio pubblicato in Pediatrics, riportò che dall’analisi di più di 1,000 bambini di età compresa tra I 10 e gli 11 anni, si scoprì che quelli che passavano almeno due ore al giorno davanti alla TV avevano il 60% in più di probabilità di sviluppare problemi psicologici di quegli altri bambini che ne passavano meno o per niente.
Lo studio rivelò anche che quei bambini impegnati in attività fisiche, e che comunque guardavano molta televisione, avevano il 50% di probabilità in più di soffrire di problemi d’iperattività, difficoltà a relazionarsi con i coetanei e gli amici, cattivo carattere e comportamenti antisociali.
Altri studi pubblicati in Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine (Archivi di Medicina Pediatrica e Adolescenziale), mostrarono che i bambini maggiormente esposti allo schermo televisivo hanno più probabilità di sviluppare comportamenti aggressivi e avere uno scarso rendimento scolastico. Inoltre, i dati mostravano che i bambini che guardano più televisione tendono a mangiare più cibi non sani e a diventare vittime di atti di bullismo da parte dei compagni di scuola – conseguenze che causano dei “corto-circuiti” a livello cerebrale.
Altri studi recenti hanno rivelato che molti programmi televisivi creati apposta per i bambini possono addirittura avere effetti dannosi sul loro sviluppo, perché contengono immagini e animazioni troppo veloci, sovraccaricando quindi il cervello e provocando una ridotta capacità di attenzione.
A causa di questi effetti della televisione e dei videogiochi, la mente dei bambini è obnubilata prima ancora di potersi sviluppare. Quando diventeranno adulti, agiranno sulla base di scelte e comportamenti presi per lo più a livello inconscio. In pratica, degli zombie; umani che agiscono secondo un processo mentale impulsivo e reattivo, penalizzando la logica e il pensiero critico.
E non sono solo i bambini a essere esposti al rischio di creare un esercito di morti viventi. E’ noto che le fluttuazioni luminose dello schermo televisivo inducono onde cerebrali Alpha, cullando il cervello in uno stato di subconscio simile al sonno, causando una sorta d’ipnosi che rende più suscettibili alle suggestioni.
Questo è noto fin dagli anni ’60 e fu dimostrato chiaramente in un esperimento del 1969 da Herbert Krugman. La ricerca intrapresa da Krugman nel quadro di un più ampio progetto relativo alla pubblicità, rivelò che l’emisfero cerebrale sinistro, che elabora le informazioni in maniera logica e analitica, viene completamente disattivato quando un individuo guarda la televisione.
La luce radiante e le oscillazioni luminose degli schermi televisivi riducono l’attività cerebrale a uno stato “Theta”(onde Theta). Si riduce il pensiero critico, lasciando attive le parti del cervello che conservano i ricordi, le sensazioni e le emozioni.
Tutto ciò che arriva dalla TV in qualche maniera “bypassa” la mente logica e va a inserirsi direttamente nel subconscio. In altre parole, la TV fa presa più sulle emozioni che sulla logica. Numerosi studi hanno anche mostrato che le oscillazioni luminose nei videogiochi causano stati di alterazione della coscienza. In alcuni casi l’attività cerebrale si riduce al di sotto della frequenza Delta. Altri studi hanno anche evidenziato un collegamento tra l’eccessiva esposizione alla televisione e la malattia di Alzheimer. Lo stato semi-conscio indotto dalla TV pare che influenzi direttamente i meccanismi della memoria, del linguaggio e delle percezioni.
Krugman ha anche scoperto che leggere e ascoltare aumentano la cognizione e costruiscono nuovi percorsi neuronali, poiché quando si ascolta si è costretti a pensare in modo critico e a visualizzare il “teatro della mente”.
Inoltre, il passaggio dal cervello sinistro al destro indotto dalla visione degli schermi televisivi, causa un rilascio degli oppiacei naturali del corpo, simile al rilascio delle endorfine durante l’attività fisica. Questo provoca nello spettatore un effetto di piacere. Di conseguenza, quando si spegne lo schermo si scatenano dei sintomi di dipendenza. E come in ogni situazione di astinenza da oppiacei, tali sintomi comprendono ansia, frustrazione e depressione.
Degli esperimenti eseguiti negli anni ’70 dimostrarono che le persone che tenevano la televisione spenta per lunghi periodi, dopo visioni prolungate, tendevano a soffrire di depressione; alcuni si sentivano come se avessero “perso un amico”.
Una combinazione di quattro studi, pubblicati nel Journal of Experimental Social Psychology (Rivista di psicologia sociale sperimentale), concludevano che la televisione può indurre un senso di dipendenza in spettatori con poca autostima e con scarse relazioni sociali. Riferendosi all’ipotesi di surrogato sociale, degli psicologi dell’Università di Buffalo e Miami, Ohio, dimostrarono che per riempire il vuoto emotivo della privazione sociale, alcune persone instauravano dei rapporti con i personaggi dei programmi televisivi.
La TV è davvero l’oppio dei popoli.
Ovviamente quello di cui parlo qui è solo un flash. Oggi siamo bombardati da ogni parte da distrazioni, sostanze e condizioni create per trasformare il modo in cui interpretiamo la nostra realtà. Siamo condizionati fin dalla nascita ad agire sempre più senza coscienza, proprio la cosa che ci distingue da ogni altro organismo vivente dell’universo conosciuto.
Siamo letteralmente programmati a uno stato di sonno vigile, un’esistenza da zombie. Abbiamo il dovere di agire in modo cosciente e educare gli altri allo stesso modo, se vogliamo spezzare questa dannosa “programmazione” e preservare l’umanità.
Steve Watson, da Londra, scrittore e redattore per Alex Jones in Infowars.com e Prisonplanet.com. Ha un Master in Relazioni Internazionali conseguito alla Scuola Superiore di Politica all’Università di Nottingham in Gran Bretagna.