di Valerio Pugi
Al Sacrario militare italiano di El Alamein in Egitto si è tenuto il tradizionale pellegrinaggio, organizzato dall’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia (Anpdi), per ricordare il 70° anniversario della famosa e sfortunata battaglia.
Il sottosegretario alla Difesa, Gianluigi Magri, accompagnato dal comandante del Comando operativo di vertice Interforze, generale Marco Bertolini, dopo aver salutato i Reduci ha ricordato tutti i Caduti di El Alamein che diedero la loro vita per mantener fede al giuramento prestato. In particolare, furono gli uomini della “Folgore” gli ultimi a ritirarsi dopo giorni di durissimi combattimenti nei quali la Divisione aveva retto l’urto del nemico, non arretrando di un metro: di fatto la Divisione mai cedette. Nel corso della cerimonia, alla quale hanno preso parte paracadutisti della “Folgore”, Reduci e familiari dei Caduti, il sottosegretario e il presidente nazionale dell’Associazione nazionale paracadutisti d’Italia, generale Giovanni Fantini, hanno deposto una corona di alloro al Sacrario militare di El Alamein, dove sono raccolti i resti di oltre 5.200 soldati italiani e 232 ascari libici. Prima dell’omaggio della corona, i paracadutisti dell’Anpdi si erano lanciati in volo con le bandiere egiziana, italiana e con il medagliere nazionale dei Paracadutisti d’Italia.
«Qui è riunita un’Italia che ha ancora il coraggio e la voglia di ricordare questi fatti. E non è un’Italia fuori dal mondo, ma un’Italia che pensa ai problemi attuali, che, quando è qui, trova l’esempio e la motivazione per affrontarli nel modo giusto e pensare in modo costruttivo». È questo – ha spiegato il sottosegretario alla Difesa Gianluigi Magri – il “messaggio” che ancora oggi arriva da El Alamein, il Sacrario che raccoglie i resti di 4.814 militari italiani morti durante le tre sanguinose battaglie che, come molti sostengono, determinarono la sorte della seconda guerra mondiale.
Intervenendo al pellegrinaggio, Magri ha detto: «È stato molto bello, molto toccante. In molti, paracadutisti dell’Anpdi, loro familiari, rappresentanti di tutte le Armi, hanno voluto esserci anche quest’anno per rendere onore al sacrificio dei nostri Caduti. Un grande esempio di uomini che si sacrificarono – ha proseguito Magri – Sapevano di avere davanti forze più grandi di loro, ma scelsero di servire la Patria con onore. Un esempio agli italiani di oggi per ricercare quella comunione di intenti necessaria per aiutare il nostro Paese in una situazione di difficoltà. C’è un grande contrasto – ha sottolineato il sottosegretario alla Difesa – fra gli alti ideali testimoniati tra queste sabbie da quegli uomini e la mancanza di valori che troppo spesso cogliamo in tanti comportamenti della nostra società. L’esempio dei martiri di El Alamein è per tutti noi un monito a dare il massimo per il bene comune».
Il Sacrario militare italiano di El Alamein fu costruito nel 1959, su progetto dell’architetto Paolo Caccia Dominioni. Ha pianta ottagonale ed è stato edificato interamente in marmo di Carrara. Vi riposano circa 5.000 soldati italiani, di cui 2.000 “militi ignoti”, morti durante la battaglia di El Alamein, che fu combattuta in quella porzione del deserto del Sahara, non lontano da Alessandria d’Egitto, fra il 23 ottobre e il 3 novembre del 1942, tra le forze Alleate al comando del generale inglese Bernard Law Montgomery e quelle dell’Asse guidate dal feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel, la “volpe del deserto”. Dopo aver vinto a El Alamein, Winston Churchill rese omaggio al valore dimostrato dai soldati italiani dichiarando ai Comuni: «Dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore».
Il Sacrario ospita anche un piccolo museo di cimeli bellici e una moschea, a ricordo dei soldati libici, di fede islamica, caduti quando la Tripolitania era una colonia italiana. Nel Cortile d’onore spicca la Colonna votiva dei bersaglieri, sulla quale è scritto «Più forte dell’acciaio è il vostro cuore».
Sulla famosa battaglia è uscito tempo fa anche un film (“El Alamein - La linea del fuoco”, diretto da Enzo Monteleone), che in verità non ha riscosso un grande successo. La pellicola racconta quando nell’ottobre del 1942 l’esercito italiano rimase bloccato presso El Alamein a un centinaio di chilometri da Alessandria. L’avanzata dell’Asse venne fermata dalla depressione di El-Qattara, una striscia desertica che si rivelò insuperabile. La storia segue le vicende di alcuni soldati della divisione Pavia ed è narrata, in una sorta di diario, dal soldato Serra, un volontario universitario che era partito entusiasta di vedere l’Africa, convinto che la vittoria fosse una formalità. Sappiamo invece che El Alamein fu una sconfitta e determinò, con Stalingrado, l’inversione di tendenza della guerra.
Seguiamo le vicende quotidiane del tenente Fiore, del sergente Rizzo e di due soldati: il quotidiano, la noia, la mancanza d’acqua e di tutto, la dissenteria, e improvvisamente la battaglia furibonda, i cannoni, i carri e gli aerei (degli altri). El Alamein significa sconfitta eroica con gravi perdite inflitte al nemico, con soldati che affrontarono i carri armati con le bottiglie incendiarie. Significa anche divisione Folgore, diventata leggendaria e citata in questo contesto solo casualmente.