di Massimo Fini
Il Foglio ci informa che “la filosofa femminista” Luisa Muraro in un pamphlet intitolato 'Dio è violento' riflette sulla legittimità dell'uso della violenza in democrazia, contro il potere democratico. Ne è nato un dibattito in cui sono intervenute soprattutto femministe, più o meno storiche, che disinvoltamente dimentiche dei loro mantra sulla 'non violenza' con cui ci hanno fracassato i coglioni per decenni, propendono per una risposta affermativa sia pur in termini sufficientemente contorti per poter ritirare la mano dopo aver scagliato il sasso.
Per la verità questa questione io l'avevo già posta nel 2004 con un libro 'Sudditi. Manifesto contro la democrazia' che ebbe un largo consenso di pubblico (150 mila copie, allo stato) ma fu silenziato dall' 'intellighentia'. Non capisco (o forse capisco fin troppo bene) perchè se certe cose le dice la Muraro meritano considerazione mentre se le dico io, magari con un certo anticipo, no. Ma lasciamo perdere. E' indubbio merito della Muraro aver scelto il momento giusto. Perchè dopo mezzo secolo di oppressione partitocratica che ci ha portato al punto in cui siamo, e non solo dal punto di vista economico, c'è in giro – è inutile nasconderselo – una gran voglia di menar le mani.
La cosa è ovviamente delicatissima. Per ragioni legate alla nostra storia recente e per questioni teoriche. Già nel '68 si sosteneva che la violenza era legittimata dalla 'violenza del sistema'. Ma il '68 è stato una cosa 'comica e camorristica' per usare un'espressione di Luigi Einaudi a proposito della massoneria, di figli della borghesia che sciamavano per le strade urlando “Uccidere un fascista non è reato”, “fascisti, borghesi ancora pochi mesi”, ma che in realtà aspiravano solo a diventare direttori del Corriere della Sera o conduttori di qualche programma Tv. Più serio è stato il terrorismo ma, a parte che, come il '68, cavalcava un'ideologia morente, il marxismo-leninismo, non è certo questo il genere di violenza cui pensa la Muraro, ma a una violenza di massa, una violenza di popolo.
Questione teorica. Le democrazie non dubitano che sia legittimo abbattere i dittatori con la violenza (è una questione che si è posta fin dall'antichità, già Seneca si domandava “è lecito uccidere il tiranno?”). Tanto è vero che le 'rivolte arabe' sono state viste con grande favore e in alcuni casi (Libia) aiutate anche 'manu militari', per altro del tutto arbitrariamente.
Ma in democrazia? Che bisogno c'è della violenza? C'è il voto. La Muraro sostiene che la violenza è diventata legittima perchè, di fatto, si è rotto il 'contratto sociale'. Interpellato a mia volta dal Foglio ho risposto “più che morto il contratto sociale non è mai esistito”. Perchè la democrazia rappresentativa non è mai stata, fin dalle sue origini, democrazia, ma un sistema di oligarchie, di aristocrazie mascherate, di lobbies, di partiti, che schiacciano il cittadino che ad esse non si adegua, che non ne bacia le babucce, riducendolo allo stato di suddito. Per quanto possa sembrare paradossale è stata proprio la democrazia rappresentativa a tradire il pensiero liberale che voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo, dell'uomo libero che non accetta queste subordinazioni feudali e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata.
Contro questa truffa ben congegnata è lecita la rivolta, anche violenta se occorre. Del resto le Democrazie sono nate su bagni di sangue e non si vede ragione alcuna per cui, avendo tradito quella che doveva essere la loro essenza, non si possa e non si debba rendere loro la pariglia.