venerdì 26 ottobre 2012

Choosy a chi? "Non siamo schizzinosi, pretendiamo ciò che ci spetta"

di Giulia Rosoni

26 anni, laureata con passione e fatica, 600 euro al mese, un tirocinio non pagato. La storia di Giulia in una lettera arrivata in redazione, un destino comune. La condizione di tantissimi giovani (e meno giovani) italiani che, dopo essere stati definiti "sfigati", "bamboccioni", "neet", vengono ora chiamati "choosy", schizzinosi, dalla ministra Elsa Fornero.



Vengo ora da un colloquio serale; un colloquio di lavoro per diventare animatrice per bambini. È un gruppo magnifico, vorrei farlo vedere alla nostra amata ministra. Ragazze di 20-22 anni, hanno tirato su un'associazione dal niente, e ne hanno fatto una professione; sono appassionate e intraprendenti.

È il loro sogno, e lo hanno realizzato da sole, con fatica e tenacia. È il loro sogno, non il mio. Io sono in una fascia di mezzo: troppo giovane per avere esperienza, troppo adulta per iniziative. Ma forse questa seconda cosa è solo un alibi. Non lo so.

Una cosa la so di per certo però: ho 26 anni, una laurea ottenuta con entusiasmo, fatica e passione. Vivo sola, perché a 26 anni non voglio più dipendere dai miei genitori. Genitori meravigliosi, volenterosi, grandi lavoratori, impegnati e energici, ridotti all'osso da un paese che se poco offre a me, quasi nulla ormai offre a loro. Ma mi appoggiano e mi aiutano e mi sostengono. 

26 anni, una laurea, un lavoro nel sociale che mi porta a contatto con persone che si definiscono (e cito) 'ingombranti ma invisibili'. Persone disabili. 400 euro al mese: cifra che non basta neanche per l'affitto. 260 euro: quello che riesco a racimolare con un lavoro da babysitter che occupa 10 ore della mia giornata. Un tirocinio obbligatorio, gratuito, perché sia mai che il lavoro di 5 anni di studio debba essere ricompensato.

600 euro dunque. Così campo io; così campiamo in moltissimi, troppi.

Mi sono infuriata: siamo definiti mammoni, bamboccioni, pigri, sfigati e ora choosy, schizzinosi. Schizzinosi? Quanti di noi sono laureati (ma anche no) e passano le mattinate a mandare curricula per fare il lavapiatti? Quanti sono in mobilità, cassa integrazione, disoccupati, o a casa di mamma e papà a 30 anni perché con 600 euro al mese una casa non la paghi? 
26 anni, laureata con passione e fatica, 600 euro al mese, un tirocinio non pagato. La storia di Giulia, un destino comune 
Stamattina mi sono svegliata come sempre alle 6. Mi sveglio 2 ore prima di dover uscire per lavoro, per guardare annunci su internet e mandare il mio curriculum in giro. Stamattina l'ho mandato a 1 azienda, 2 ristoranti, 4 mamme in cerca di babysitter. 

Alle 8 sono andata dai 'miei' disabili; alle 14 ero a casa per un boccone, alle 15 in macchina per prendere la piccola che tengo il pomeriggio, alle 19 ho finito, alle 20 ero a fare un colloquio. Non è stata una giornata particolarmente piena, lo devo ammettere.

Ma un senso di disagio era già presente in me dalle 6, ho scritto su Facebook e riporto: 

“Analisi e autocritica: come mai non siamo tutti a Roma con le mani piene di sonori schiaffi da distribuire? Cosa ci devono dire per farci incazzare una volta per tutte? Sono arrabbiata, sfinita, distrutta. Sono preoccupata. Choosy? Non sono choosy, sono esaurita...”.

Io oggi non dovevo essere in associazione, non dovevo prendere la piccola, non dovevo andare al colloquio: dovevo essere in strada ad urlare un furore che mi sta facendo tremare. Darei l'anima per fare la lavapiatti, la porta pizze, la donna delle pulizie, e vedere il volto di mio padre sereno, perché sua figlia può pagare le bollette.

Darei la vita per poter portare avanti il tirocinio (non pagato) che mi serve per fare ciò per cui, cara ministra, ho studiato e sudato. Non è essere schizzinosi, è chiedere ciò che ci spetta. E a 26 anni mi spetta ragionare per passione e voglia e grinta, non per quanti soldi servono per tirare a campare. E mi servono istituzioni che mi aiutino in questo, non che mi maltrattino e offendano qualunque sia la scelta di vita che faccio. Scelta, mi viene quasi da ridere: noi non abbiamo una scelta. Non possiamo neanche volendo, cara ministra, essere choosy.
"Darei la vita per poter portare avanti il tirocinio (non pagato) che mi serve per fare ciò per cui, cara ministra, ho studiato e sudato"

Sarei voluta scendere in piazza, urlando, portando con me altre 1000, 2000, 100000 ragazzi e ragazze come me. Vogliamo lavorare, vivere e sognare, non più sopravvivere. Perché invece sono a casa, stremata e distrutta? Perché i miei amici non sono in piazza con me? Cosa devono farci o dirci ancora? 

"Perché sono stato tutto il giorno a lavoro", mi ha detto il mio migliore amico (che per lavoro, sia chiaro, intende tirocinio non pagato). "Perché in piazza ci va chi ha tempo tesoro, e io e te tempo non ne abbiamo". Porca puttana. Non ne abbiamo. E non ne abbiamo perché dobbiamo sopravvivere. No, è un alibi forse. La verità è che io e con me tutti i giovani che state martoriando, cara ministra, mi sento schiacciata. Pietrificata.

Voglio urlare, ma non ho più voce. Voglio correre, ma non ho più forze. Siamo talmente esausti da non riuscire più ad arrabbiarci. E anche con queste parole, non riesco a far uscire neanche la metà della rabbia che ho in corpo. Sto tremando.

Domani nuova sveglia alle 6. Si ricomincia. Ho scritto la parola choosy sul muro... perché questa volta non voglio che la passino liscia, perché questa volta non voglio che la rabbia si affievolisca, e che la vita mi inghiotta come sempre. Voglio arrabbiarmi come oggi. 

Svegliamoci! Urliamo, corriamo! Chi ci aiuta c'è, cominciamo a pretendere ciò che ci spetta. Vivere.