di Massimo Fini
Non credevo ai miei occhi quando ho letto che nella legge di stabilità c’è una norma che in materia edilizia, sostituisce il silenzio-rifiuto col silenzio assenso. Di che si tratta? Secondo la normativa vigente se un imprenditore vuole costruire in deroga a "vincoli ambientali, paesaggistici o culturali" deve ovviamente chiederne l’autorizzazione alla Pubblica Amministrazione. Se questa non risponde equivale a un rifiuto. Con la nuova normativa la non risposta entro 45 giorni è invece un "liberi tutti". Già la normativa vigente si prestava a ogni sorta di abusi e di corruttela. Un vincolo è vincolo e dovrebbe valere per tutti. Invece non valeva per alcuni, i soliti noti. È con le deroghe al Piano Regolatore che Ligresti, per fare un esempio noto, ha realizzato il sacco edilizio di Milano. In proposito ho un’esperienza personale. Nel 1989 fui chiamato a processo per diffamazione dall’avvocato amministrativista Cutrera (che con Ligresti e il costruttore Brenda formava la "banda di viale Helvetia" come veniva familiarmente chiamata) per aver descritto sull’Europeo i metodi usati dal "trio". C’era un terreno vincolato, su cui il proprietario non poteva far niente nonostante promettesse, in cambio dell’autorizzazione, di costruire, a spese sue, ogni genere di infrastrutture. Ligresti trafficava con gli Uffici tecnici del Comune, otteneva l’impegno allo svincolo dell’area, poi si presentava dal proprietario: "Quanto vale il tuo terreno? Uno, dato che non ci puoi far niente. Io te lo compro a tre. Il proprietario accettava, tutto contento, ma in quel momento il suo terreno, segretamente svincolato, non valeva tre ma dieci volte tanto. Fui assolto. Dirà il lettore. ma adesso, col sistema del silenzio-assenso, almeno questi truffoni non saranno più possibili. Al contrario: saranno facilitati. Basterà che l’imprenditore disonesto induca, con argomenti convincenti, i tecnici dell’Ufficio a essere neghittosi e, oplà, il gioco è fatto. E non ci sarà nemmeno una delibera del Comune che consenta di risalire al malaffare. Che colpa ne ha l’impiegato del Comune se, sommerso da migliaia di pratiche, se n’è dimenticata qualcuna?
Le nostre coste sono tutte una lunga striscia di cemento. E le città? Milano. Io abito in una brutta casa anni ’50 ma, per una serie di circostanze fortunate, avevo il privilegio di vedere l’arco delle Alpi. Un tempo c’era la stazione delle Varesine, poi è stata spostata un paio di chilometri più in là. Si è aperto uno spazio immenso. Per parecchi anni è stato occupato da un grande Luna Park, perlomeno, o ci si portavano i bambini. Poi il Luna Park, sconfitto, immagino, dalla playstation se né andato ed è nato un bosco, un vero bosco. Miracolo a Milano, un piccolo polmone verde quasi nel centro della città. Una mattina mi alzo: in una sola notte il bosco era stato raso al suolo. In poco più di un anno hanno innalzato lavorando giorno e notte, una serie di ecomostri che hanno distrutto la fisionomia del quartiere, ancora semipopolare, costringendo barini, macellai, formaggiai, drogherie e ogni sorta di negozietti a sloggiare per il rincaro degli affitti.
Capisco che la nuova legge ha lo scopo di incentivare l’imprenditoria edilizia per aiutare l’economia. Ma l’economia non è tutto per una comunità. Esiste anche la qualità della vita. Ma è proprio l’economia, anche quando va bene, anzi soprattutto quando va bene, ad averla distrutta.