mercoledì 12 febbraio 2014

La “colpa” di essere italiani: quei giorni dell’esodo e delle foibe…


di Antonio Pannullo (Secolo d'Italia)

In questi dieci anni le pagine di storia strappate dal libro dell’Italia stanno lentamente cominciando a essere reinserite. Piano, piano, ma sempre più italiani stanno venendo a conoscenza di due delle maggiori tragedie nazionali: l’esodo giuliano-dalmata e le foibe. Dal 1945 al 2004, infatti, nelle scuole nessun professore ha mai raccontato agli studenti cosa accadde ai nostri confini orientali in quegli anni. E il cittadino della strada non sapeva neanche cosa volesse dire il termine “foiba” né era a conoscenza del fatto che centinaia di migliaia di suoi compatrioti furono costretti ad abbandonare le loro vite in fretta e furia. perché minacciati dalle truppe jugoslave. 

Né, soprattutto, si fece mai luce sull’atteggiamento supino dei governi italiani nei confronti della tracotanza di Tito, allora dittatore della Jugoslavia e a capo dei partigiani rossi, grazie al quale atteggiamento molte terre italiane sono oggi straniere. E il perché di questa sordina imposta ai masse media, agli storici, alle istituzioni, è presto spiegato: nessuno ci faceva una bella figura. Il Partito comunista, perché di fatto appoggiava i partigiani titini e le rivendicazioni jugoslave, in contrasto quindi con l’interesse nazionale, i democristiani e i loro sodali, perché avevano rinunciato alle rivendicazioni e perché avevano nascosto gli esuli, non sostenendoli in alcun modo e facendoli vivere ai limiti della sopravvivenza in campi profughi. Addirittura, la sezione del Msi di Colle Oppio, ubicata dentro un rudere romano, si chiama ancora oggi “Istria e Dalmazia” perché negli anni intorno al 1945 vi dormivano profughi e rifugiati da quelle terre. Insomma, erano tutti d’accordo nel silenziare la tragedia. Se non fosse stato per il Movimento Sociale Italiano, unico custode della memoria degli esuli e degli infoibato, oggi probabilmente della questioni nessuno parlerebbe più. 

Furono infatti il Msi e i suoi esponenti e militanti che, ogni anno, puntualmente, solitari, ricordavano e commemoravano le vittime in cerimonie disertate da tutte le istituzioni. Ma per sessant’anni il Msi con il suo organo ufficiale il Secolo d’Italia, ha ricordato, ricostruito, denunciato, raccontato, testimoniato cosa accadde a quei nostri connazionali colpevoli solo di essere italiani. E le uniche canzoni che li cantavano, i nostri esuli, erano quelle dei gruppi alternativi di area, musica che più underground non si può, che raccontavano che «in Istria, non vi sembri strano, anche le pietre parlano italiano». Ma la cosa non andava oltre il ristretto e criminalizzato ambiente missino, così per decenni accadde che gli esuli istriano erano ricordati solo da altri esiliati, esiliati in patria. I profughi infatti non erano ricchi, non avevano amici potenti, non facevano pena all’intellighentzia di sinistra che in Italia ha raccontato la storia come le faceva comodo. Non potevano contare su nessuno, se non su un pugno di associazioni di esiliati e appunto sull’Msi. “Silentes loquimur” era una di queste associazioni della memoria, ossia, “noi silenti parliamo”, riferendosi ai morti infoibati. 

Già: sappiamo tutto delle atrocità commesse durante la guerra, ma non abbiamo mai saputo nulla su ciò che hanno subìto i nostri compatrioti del confine orientale: sevizie di ogni genere, stupri collettivi, torture, menomazioni e infine la morte terribile, precipitati giù negli inghiottitoi carsici legato col fil di ferro uno all’altro e costretti all’agonia dolorosa accanto ad altri che erano pietosamente morti sul colpo. Per tutto valga il nome di Norma Cossetto. E non erano fascisti o nazisti, come i negazionisti della sinistra hanno detto per anni, no: erano solo italiani, e colpevoli proprio – e solo – di questo. Chi non ha perso la vita, ha perso un parente, un amico, le case, i beni, i ricordi, l’identità, tutto. E ha perso soprattutto la comprensione dello Stato italiano,che invece di accoglierli e aiutarli, li ha nascosti per sessant’anni. 

Le cose sono cominciate a cambiare con la legge che ha istituito il Giorno del Ricordo per il 10 febbraio , legge varata dal governo Berlusconi ma fortemente voluta dalla componente di Alleanza Nazionale, “erede” del Msi. Da allora faticosamente si sta squarciando il velo di omertà che ha sempre ostacolato la memoria. È un percorso difficile, lento, perché ancora oggi molte amministrazioni rifiutano di celebrare il Giorno del Ricordo, ma se non altro oggi molti italiani sanno davvero quel che accadde. E accadde che in quei giorni in cui le truppe jugoslave avevano invaso l’Istria e Trieste, migliaia e migliaia di italiani hanno perso la vita assassinati barbaramente per la loro etnìa, altri sono stati annegati, altri ancora deportati nei lager titini, dai quali non sono più tornati. Ma oggi, finalmente, malgrado il negazionismo fazioso delle sinistre, la verità sta emergendo.