lunedì 17 febbraio 2014

L’intervista. Tarchi: “Renzi? Gli manca la legittimazione popolare”



tratto da Barbadillo

Professor Marco Tarchi, riuscirà Renzi a reggere con il suo governo fino al 2018 senza aver ricevuto un mandato popolare attraverso le elezioni?

Lo ritengo improbabile. Al di là dell’impressione di incoerenza che questa sua improvvisa accelerazione può suscitare, credo che gli verrà spesso rimproverata, dagli avversari esterni ma anche da quelli interni, la mancanza di un crisma elettivo. Come molti hanno fatto rilevare, dopo Monti e Letta siamo a tre presidenze del Consiglio di origine extraparlamentare. È un’anomalia eccessiva. Inoltre non capisco a chi gioverebbe, se non a lui stesso, consentire a Renzi di completare la legislatura senza intoppi, avallandone qualunque scelta. Significherebbe, per tutti gli altri soggetti politici, consegnarsi senza combattere a una sconfitta elettorale certa.

Riuscirà Renzi a guidare due maggioranze diverse ma parallele: una maggioranza politica di governo senza Forza Italia e una maggioranza sulle riforme con Forza Italia?

Sarebbe uno straordinario esercizio di equilibrismo. A meno che, dentro Forza Italia, qualcuno – magari un qualcuno che sta molto in alto – non voglia di fatto favorire l’azione governativa di Renzi pur dichiarandogli formalmente un’opposizione, sperando di incassare dividendi su altri piani, a partire da un ridimensionamento dei margini di manovra della magistratura. Ma su questi maneggi da retroscena non si può andare oltre le illazioni. Se il centrodestra vuol davvero battere Renzi, non potrà stendergli il tappeto rosso sotto i piedi sulla via delle riforme di cui mena già tanto vanto(e rivendica la sostanziale titolarità.

L’accordo Renzi-Berlusconi sulle riforme (legge elettorale, titolo V, Senato) sembrava prefigurare un anno di tempo per la loro approvazione. L’impegno sarà mantenuto o adesso che si sta per formare un governo che vuole durare fino al 2018 le riforme, soprattutto quella elettorale, torneranno nell’album delle buone intenzioni?

Dipenderà da come Renzi, notorio uomo di marketing, interpreterà l’andamento dei sondaggi. Non può non essersi accorto, malgrado le quotidiane esternazioni, che quel modello Frankenstein o legge rubamazzo che ha proposto, cannibalizzando brandelli di normative esistenti e rimettendole assieme alla rinfusa con il solo scopo di raddoppiare il peso parlamentare di un partito che giungesse anche solo al 25% dei voti, potrebbe scavargli una buca sotto i piedi. Tuttavia, per invertire la rotta si deve aggrappare ad un pretesto. Vedremo se ne troverà uno convincente. Altrimenti, attribuirà a qualcuno degli alleati la responsabilità di aver depauperato l’agenda e si limiterà ai provvedimenti meno contrastati.

Ma Berlusconi continuerà a sostenere l’approvazione delle riforme istituzionali con un governo Renzi che vuole rinviare il voto fino al 2018?

Politicamente non è nel suo interesse. Non posso però non notare l’ambiguità di molti degli atteggiamenti recenti di Berlusconi, in materia di giudizio su Renzi, prospettive di elezioni, scelte sulla guida del partito, rapporti con i possibili futuri partners di coalizione. Mi dà l’impressione di essere quasi soggiogato da un leader del Pd che per la prima volta non lo demonizza, gli riconosce un ruolo paritario nella definizione di un piano di riforme e in materia economica fa affermazioni che certo non gli suonano sgradite. Non bisogna dimenticarsi che la dimensione psicologica delle idiosincrasie e delle simpatie ha sempre avuto un peso cruciale nelle scelte del Berlusconi attore politico. Portandolo a commettere già vari gravi errori.

Non è che Renzi parla di elezioni nel 2018 per rassicurare i partiti minori e i propri parlamentari, ma sotto sotto è già d’accordo con Berlusconi per varare le riforme istituzionali entro un anno e poi andare alle elezioni anticipate?

Non escludo che nel vasto quadro delle sue ambizioni, Renzi possa avere anche quella di far figura di nuovo Machiavelli, ma non esagererei. E poi, insisto, che interesse avrebbe Berlusconi a fargli fare delle riforme – cosa che in molti italiani susciterebbe molto probabilmente, speranze e simpatie – e poi, senza aspettarne gli effetti (che potrebbero essere ben diversi da quelli promessi, e quindi far nascere delusioni) –, mettergli elezioni anticipate sul piatto d’argento?

Con il varo del governo Renzi, Napolitano potrebbe ritenere conclusa la sua permanenza al Quirinale?

A giudicare dal suo comportamento di tutti questi anni, direi proprio di no. Perché dovrebbe rinunciare proprio oggi ad esercitare quella funzione pedagogica, molto più che di controllo, che gli è stata tanto a cuore fin qui? Già ha dovuto digerire la caduta di un presidente del Consiglio da lui inventato e sorretto quasi ad oltranza; se mollasse adesso, firmerebbe un atto di resa. Poco in linea con il carattere del personaggio.