L’Europa sarà chiamata alle urne per il
rinnovo del Parlamento europeo alla fine di maggio, a cento anni dalla
Prima guerra mondiale. L’attentato di Sarajevo, è storicamente l’inizio
delle ostilità. In realtà, alla guerra ci si preparava da anni,
specialmente la Francia e l’Inghilterra che, con la stipula della
Triplice Intesa insieme alla Russia zarista, progettavano di distruggere
i due grandi Imperi centrali europei, quello prussiano e quello
austro-ungarico. Non dimentichiamo che l’Italia, appena nata come Stato
unitario, era alleata della Germania e dell’Austria all’interno della
Grande Alleanza. Salvo poi, dopo un anno fare, il salto della quaglia,
nella migliore delle tradizioni.
Mentre i «mercanti» preparavano la
guerra, Woodrow Wilson, 28° presidente degli Stati Uniti, durante la
campagna elettorale per il suo secondo mandato, aveva sostenuto che gli Usa
non sarebbero mai entrati in guerra. Eppure, nell’ultimo anno del suo
primo mandato, varò un piano di potenziamento dell’Esercito e della
Marina, attraverso tassazioni straordinarie. Il 2 aprile del 1917, gli
Stati Uniti entrano in guerra a fianco della Triplice. Negli anni ’30
del secolo scorso, la Commissione Nye stabilì che la causa principale
dell’intervento americano fu dovuta all’enorme indebitamento dei
banchieri e dei fabbricanti di esplosivi nei confronti della Gran
Bretagna. Dopo la guerra gli Imperi centrali crollarono , la Russia fu
squassata dalla rivoluzione bolscevica, la Germania e l’Italia, e poi la
Spagna, videro il nascere di regimi autoritari. Anche per loro,
all’inizio, vi fu l’influenza e l’appoggio della finanza e della grande
industria, che pensarono di sfruttare i movimenti come argine contro il
nascente comunismo russo.
L’evolversi in forma nazionalista e
sociale dei nuovi regimi, con l’introduzione di leggi e direttive contro
la forte presenza di banche e industria nella gestione politica dello
Stato e della economia monetaria, fu una delle cause principali che
porteranno alla Seconda guerra mondiale. Hitler, dopo la presa del
potere nel 1933, si oppose al cartello delle banche internazionali,
stampando la propria moneta. Mussolini, con la nascita dell’Imi, dell’Iri e la Legge bancaria del 1936, salvò l’Italia e ispirò a F.D. Roosevelt il progetto del New Deal. Artefice di tutto questo fu un socialista, massone, antifascista, Alberto Beneduce.
Dopo il 1945, con la vittoria delle
potenze alleate, inizia la «guerra fredda» che vedrà opposti Stati Uniti
ed i loro alleati occidentali, da una parte e la Russia sovietica di
Stalin dall’altra. Fino al 1989, caduta del Muro di Berlino, nel mondo
si susseguiranno tante piccole guerre «locali», dalla Corea alla crisi
di Suez, dalle guerre arabo-israeliane al Vietnam. Ufficialmente, per
l’opinione pubblica mondiale, era lo scontro tra le forze del bene e
quelle del male, dei princìpi democratici dell’occidente contro la bieca
tirannia del comunismo sovietico, al quale poi si aggiungerà quello
cinese, cubano, etc.
Non dimentichiamo l’Africa. La
decolonizzazione dei Paesi africani, non fu voluta per la libertà dei
popoli, ma per la gestione delle principali risorse energetiche sepolte
sotto i loro piedi. Basti pensare quando, dopo il 1918, al momento di
smembrare l’Impero turco, Americani ed Inglesi misero le mani sullo
scrigno del petrolio. Quindi la «liberazione» dell’Africa fu decisa dai
consigli di amministrazione delle banche occidentali: si capì che era
più conveniente depositare in Svizzera le tangenti ai capi tribù locali,
che sostenere le spese di una guerra. L’unico Paese fuori di questo
sistema fu il Sud Africa bianco. Oro, diamanti, armi, questo permise ai
sudafricani di reggere botta alle sanzioni internazionali. Finché non
dovettero cedere alle spinte anglo-americane e liberare Mandela, cedendo
il potere all’ANC.
Dopo il 1989, il Risiko
internazionale, gestito dalle banche globalizzate, con gli Stati sovrani
nel ruolo dell’esecutore, vedrà Serbia, Kossovo, Irak, Kuwait,
Afghanistan, Siria, le varie Intifada, deflagrare, portando i valori della democrazia e del libero mercato, a chi non li voleva.
Nel frattempo la Russia cambia, si
trasforma, vede nascere una generazione di oligarchi miliardari in grado
di gestire quanto rimasto dell’Impero sovietico, portandolo nel
21°secolo. A capo di tutto questo un ex agente del Kgb, Vladimir
Putin. Conscio che le radici della Russia sono «profonde e non gelano
mai», ha riportato Dio e la Patria nei cuori dei russi. Questo, ha
trascinato la Russia in rotta di collisione con la geopolitica
anglo-americana, il cui cuore batte a Wall Street, ed il cervello
risiede nella Fed. Ecco le guerre locali, Georgia, Cecenia,
Azerbaigian, finanziate e sostenute dagli Americani, al fine di logorare
l’Orso russo. Fino ad arrivare all’Ucraina.
In questo caso, la mano è tedesca,
perché la Merkel guarda allo spazio economico ad est. Fin dai tempi
della ex Jugoslavia, la Germania ha puntato a crearsi un impero
economico, sotto l’ombra del marco (lo chiamano euro soltanto gli
sciocchi). Dopo la mossa russa in Crimea, Berlino si è spaventata,
permettendo alla UE ed alla Nato di organizzare la commedia delle sanzioni. Le armi ed i soldati sono quelli della Trojka, finanziamenti in cambio di cessione di sovranità. L’esempio della Grecia è monito a chi si ribella.
Quando voteremo a maggio, per togliere
le catene dell’euro all’Europa, ricordiamoci che esistono uomini e donne
che non hanno paura dei «poteri forti» e dei banchieri di Francoforte.
La fregatura per noi è che non possiamo votarli, perché sono in Francia,
in Inghilterra, in Norvegia, in Ungheria, in Germania.
A noi hanno lasciato gli «avanzi».