domenica 24 novembre 2013

Il nuovo abito del Potere si chiama Matteo Renzi

di Sebastiano Caputo (L'Intellettuale Dissidente)


Le elezioni europee sono di fatto sempre più simili a quelle Oltreoceano. Lo stesso linguaggio “democratico” che giura il falso, le stesse menzogne, gli stessi termini come “crescita”, “libertà” e “progresso” volti a sedurre gli elettori e mascherare le derive del mondo capitalistico. I talk show, la cultura hollywoodiana del leader-supereroe, gli slogan propagandistici, le orazioni svuotate di contenuti, i candidati che gareggiano come cavalli da corsa per poi cadere nell’oblio della storia quando a soccombere sono i finanziatori, veri manovratori della partita.


“Il fenomeno Renzi è molto più interessante di quello di Vendola perché Vendola non è una novità, ma è solo un riadattamento del vecchio “doppio discorso”, retorica estremista a parole e disponibilità all’opportunismo nei fatti, ma anche nei simboli, nel linguaggio, nella comunicazione”.

Costanzo Preve

Da quando l’elite si è consolidata Oltreoceano alla fine del Settecento, gli Stati Uniti sono diventati un laboratorio culturale nella misura in cui la loro evoluzione ha sempre anticipato le scelte che avrebbe fatto prima o poi l’Europa. Precursori del mondo occidentale. Esportatori di un modello sociale dotato di un codice linguistico (il “politically correct”), etico (l’ideologia libertaria del Sessantotto) ed economico (“Washington Consensus”), e retto da una sovrastruttura intoccabile: la democrazia parlamentare.

Nonostante il termine “democrazia” sia nato ad Atene, l’Europa ha preferito importarlo da Washington, copiando per filo e per segno il modo statunitense di fare politica. Le elezioni europee sono di fatto sempre più simili a quelle Oltreoceano. Lo stesso linguaggio “democratico” che giura il falso, le stesse menzogne, gli stessi termini come “crescita”, “libertà” e “progresso” volti a sedurre gli elettori e mascherare le derive del mondo capitalistico. I talk show, la cultura hollywoodiana del leader-supereroe, gli slogan propagandistici, le orazioni svuotate di contenuti, i candidati che gareggiano come cavalli da corsa per poi cadere nell’oblio della storia quando a soccombere sono i finanziatori, veri manovratori della partita.

Negli ultimi decenni c’è stata di fatto la volontà di creare un bipolarismo perfetto in tutti gli Stati continentali sul modello anglosassone (progressisti/conservatori) e statunitense (repubblicani/democratici) proprio per non lasciare spazio a chi propone una “terza via” o un’alternativa valida alle due facce del libero mercato. Per compensare questo deficit “democratico” (solo due scelte possibili) e dissimulare la finta alternanza tra i due poli maggioranza, si è così dato al popolo-elettore l’illusione della partecipazione democratica attraverso le primarie di partito, un sistema nato appunto in Pennsylvania (Usa) nel 1847 per poi diffondersi a livello nazionale.

La democrazia – “governo del popolo, dal popolo, per il popolo” – si è trasformata in “un’oligarchia crematistica” – “governo di pochi ricchi, finanziato da terzi, per conto di terzi” – dove il popolo viene illuso quotidianamente da una retorica di responsabilità e partecipazione. Responsabilità e partecipazione che vengono ripetute in maniera martellante da tutto l’apparato mediatico quando l’establishment rischia di saltare in aria: il governo delle larghe intese, per intenderci.

Lo stesso identico fenomeno si sta registrando in Italia. L’ascesa del Movimento 5 Stelle – proposta alternativa che per il momento non si è dimostrata forza risolutiva – ha messo in guardia un Potere impopolare (a confermarlo è stato il tragico risultato di Scelta Civica di Mario Monti alle elezioni di febbraio) che per sopravvivere ha dovuto ufficialmente mettere d’accordo tutti: il centrodestra e il centrosinistra. Potere che, nonostante la figura “nuova” di Enrico Letta, non è riuscito a placare il dissenso popolare e che oggi deve cambiare abito. Serve un potere più “giovane, moderno, sottile, amichevole”. Un uomo di sinistra che parli come uno di destra, che non abbia letto Marx, che sappia confrontarsi con la Finanza. Un uomo di “rottura”, capace di rottamare il vecchio apparato di partito, ma che al tempo stesso riesca a conservare lo status quo: l’establishment neo-liberale.


Matteo Renzi ha tutti i criteri che il Potere oggi richiede: una sintesi neo-democristiana tra il centrodestra e il centrosinistra. Trainato dalla stampa nazionale e montato come un cavallo da corsa da finanzieri,industriali,manager di multinazionali,banchieri e fondazioni, il “rottamatore” è il grande favorito delle primarie del Partito Democratico che si svolgeranno l’8 dicembre di quest’anno. Nei circoli del Pd il sindaco di Firenze è davanti a Cuperlo, Civati e Pittella. Nei circoli delle decisioni irrevocabili, è stato nominato già da qualche anno leader indiscusso del Partito Unico. Il Potere ha il suo nuovo abito, si chiama Matteo Renzi.

Post Scriptum: Avete presente il completo sportivo dei calciatori? Marchiati dai calzettoni al borsone? Bene, è necessaria una legge che obblighi i politici ad indossare un abito blu contrassegnato dagli sponsor che li finanziano durante la campagna elettorale.