martedì 19 novembre 2013

L’intervento. La vendita del patrimonio di Telecom l’ennesimo treno che perde l’Italia

di Stefano Conti (Barbadillo)

La vicenda Telecom racchiude in sé il paradigma perfetto della classe dirigente industriale e politica dell’Italietta. Il management di Telecom di questi anni si è dimostrato in larga parte quello degli sprechi, come dimostra la gestione allegra di benefit e premi, erogati anche a fronte di colossali flop commerciali, per dirigenti e manager, compresi quelli che, in qualsiasi altra azienda sarebbero stati cacciati via per manifesta incapacità.

Quello della “finanza creativa”, che gonfiava i numeri degli abbonati e delle carte prepagate per far centrare gli obiettivi legati ad un lauto riconoscimento economico, i famigerati MBO (acronimo inglese di management by objectives), sempre ai soliti dirigenti e manager rampanti. Quello delle frodi, come dimostrano le oltre 500mila sim false con il processo a Milano, con accuse varie tra cui l’associazione per delinquere, la ricettazione di documenti identità e false dichiarazioni liberatorie sul trattamento dei dati personali.

Quello che svendeva il patrimonio immobiliare, circa seicento edifici, alla Pirelli-Re Estate per poi riaffittarlo. Immobili che Pirelli avrebbe poi conferito a fondi immobiliari come Tecla e Berenice, che a loro volta sarebbero stati ricomprati dalla Pirelli insieme alla banche americane Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanley, e nuovamente conferiti in una newco. Quello, arcinoto, dello scandalo relativo alle intercettazioni illegali da parte di un gruppo della sicurezza informatica aziendale durante l’era di Tronchetti Provera.

E all’indomani della presentazione del Piano Industriale 20014/16 da parte del Cda abbiamo pensato di trovarci di fronte ad una sorta di deja-vu leggendo della vendita e del riaffitto di ciò che resta dell’enorme patrimonio immobiliare e delle 12.000 torri di trasmissione (le cosiddette stazioni radio base), nonché della svendita di Tim Argentina, puntualmente realizzata dopo qualche giorno.

E sul futuro occupazionale dell’azienda è calata una cortina di silenzio. I piani di societarizzazione di Telecom in diverse aziende, o per dirla più chiaramente di spezzettare il colosso telefonico con tante cessioni di ramo, sono solo il preludio alla perdita di migliaia di posti di lavoro entro tre anni al massimo. Questo ha rappresentato fino ad ora la politica di esternalizzazioni messa in campo dall’azienda, azioni per la quale Telecom è stata ripetutamente condannata dai tribunali di mezza Italia.

In questa vicenda l’assenza della politica è a dir poco sconcertante. A rimetterci saranno ancora una volta i lavoratori e i circa 500mila piccoli azionisti risparmiatori che rappresentano l’85% del capitale, estromessi dall’emissione del prestito convertendo da 1,3 mld di euro che è stato offerto solo ai grandi azionisti come il fondo americano Blackrock (a tal riguardo vi è stata un’ispezione della Guardia di Finanza ed è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Roma) e soprattutto l’Italia che, probabilmente, perderà l’ennesimo treno per rilanciare una parte dell’economia e ridurre i costi della P.A. attraverso gli investimenti nello sviluppo della banda larga nel “leggendario” progetto dell’Agenda Digitale.

*segretario nazionale Ugl Telecomunicazioni