Il caso del glorioso incrociatore che doveva diventare un museo. A Taranto sta morendo una nave storica. Nel porto della città pugliese si sta corrodendo un simbolo della Marina Militare, la Vittorio Veneto. E se muore questa nave, muore un simbolo nazionale. La questione è sempre la stessa: I simboli devono essere sempre protetti. Le storie italiane devono essere salvaguardate. Provate a fare quattro passi nelle scuole e nelle università; qui scoprirete lo sgretolamento della storia militare, quindi della storia comunitaria.
Perciò, raccontiamo l’incrociatore Vittorio Veneto. Da anni la famosa nave resta in abbandono assoluto. Una gloria della Marina Militare potrebbe diventare un museo; ma sono necessari molti milioni per rendere visitabile la struttura; milioni che, in questi anni di crisi, non si trovano. Così Taranto non può conservare una memoria militare per le future generazioni. Niente finanziamenti, dunque nessuna ristrutturazione, e nessuna bonifica per la grande nave.
E’ una storia italiana esemplare. Una storia di soldi che non ci sono. Ma ciò che dovrebbe esserci, sempre e comunque, è il rispetto per le storiche azioni di questa imbarcazione militare. Un rispetto che si esprime anche scrivendo del magnifico vascello, anche promuovendo la relativa ricerca storica.
In altri paesi europei le istituzioni avrebbero promosso iniziative per non lasciare sola la Marina Militare. Purtroppo, le istituzioni, in generale, continuano a lanciare segnali di disinteresse per le proprie Forze Armate; e non solamente di disinteresse; qualcuno sta incoraggiando una faziosa indifferenza verso i simboli nazionali o verso gli uomini che rappresentano la nazione, come nel caso dei Marò trattenuti in India e del manifesto-dedica rimosso a Roma.
Quindi, il discorso sull’incrociatore Vittorio Veneto va riaperto, con la ricostruzione di vicende storiche della Marina Militare italiana.
Allora, chi conosce l’eroismo di questa nave in soccorso umanitario internazionale nel Vietnam del 1979? Chi ricorda l’intervento Onu nel 1984, in Libano, con una capacità tecnica navale ammirata nel mondo? E chi racconta la Vittorio Veneto durante il sequestro del transatlantico Achille Lauro nel 1985? Ecco, queste sono pagine di storia. Tutte da scrivere, per sconfiggere la malinconia generata da questo inverno della memoria nazionale che il paese sta vivendo.
Per diffondere tale narrazione, il museo-nave era ed è assolutamente indispensabile. Doveva essere già pronto nel 2010. Ma non si sa più niente. Ed è difficile sperare in un esito positivo. Intanto, si è costituita un’associazione per sostenere la realizzazione di questo monumento navale, di quest’opera da dedicare anche alla comunità tarantina; una comunità che, oggi, più che mai, merita una nuova attenzione da parte dello Stato.
Dopo l’affaire Ilva, rilanciare Taranto significa promuovere, insieme al suo museo archeologico, anche un polo museale militare; un polo attrattivo che sarebbe unico a livello nazionale. E questa è una consapevolezza da proporre in una vicenda di abbandono. Mentre rimane forte la coscienza per non rassegnarsi alla visione delle paratie arrugginite o dell’acciaio svigorito del famoso incrociatore. Una coscienza che, prima di tutto, dice di non rinunciare, ancora una volta, ad un simbolo italiano.
Nella mente restano certe le parole di un ammiraglio, dedicate alla nave italiana, nel 2006, durante l’ammaina bandiera, “Il Vittorio Veneto vivrà in tutti noi, ché, quando da un’altra nave ne scorgevamo all’orizzonte l’inconfondibile sagoma, provavamo un senso di ammirazione, di rispetto e di orgoglio.”