giovedì 3 ottobre 2013

Moriremo democristiani?

di Ugo Gaudenzi (Rinascita)

Vent’anni fa, fu dichiarato il decesso della cosiddetta “prima repubblica”.
Lo sancirono, in stretta successione, Di Pietro, la Lega, il Msi e la Forza Italia in incubazione per volontà di Silvio Berlusconi.
In un pugno di settimane il “sistema” della democrazia imperfetta (potere alla dc e ai suoi valvassori di centrosinistra (pli, pri, psdi, psi) e ruolo statico, senza alternanza di opposizione per il pci) o dell’ “arco costituzionale” (la conventio ad exludendum del Msi, “sdoganato” dal Cavaliere con la conseguente quasi vittoria missina alle elezioni comunali di Roma), fu – per dirla alla Renzi – “asfaltato”, per via giudiziaria e per via politica (con i neonati “azzurri” al governo contro ogni previsione della vigilia che dava per scontata la vittoria dei beneficiari di “mani pulite”, i comunisti).
Poi il ventennio egemonizzato dalla presenza di Berlusconi nell’agone della partitocrazia, presenza realizzatrice di un’alternanza tra no-cav e sì-cav al governo.
Con la progressiva disintegrazione dell’identità nazionale italiana, del suo pluralismo di idee, della sua ricchezza culturale, sociale, economica e, anche, perché no, politica.
Infine un biennio, l’attuale, di progressiva omologazione al centro dei due ex poli della ex destra e della ex sinistra ormai “differenziati”, si fa per dire, da indistinti distinguo bizantini. Due governi destra-sinistra-centro giunti a chiudere il cerchio del ventennio con un ritorno alla… dc.
Sì. Se tutto andrà come sembra, siamo sul punto di tornare alle origini dell’Italietta a sovranità limitata messa al potere sulle rovine ancora fumanti della nazione sconfitta nella seconda guerra mondiale.
Con un’unica differenza, rispetto ad allora.
Dal 1948 al 1993 l’egemonia della democrazia cristiana aveva comunque una sorta di contrappeso nell’esistenza di un pci che – comunque condannato al non governo – poteva contare su un vasto consenso di base e su un partito quadrato e volitivo.
Oggi il pci non soltanto si è dissolto (peraltro era il suo destino, come era stato scritto già da Jalta o con la nota – ma ben celata – “svolta di Salerno”) ma i suoi epigoni “democratici” non soltanto si sono molto sbiancati rispetto ai loro padri ma stanno rischiando l’estinzione anche come organizzatori di apparato. Non sono al governo, valgono il due di picche nelle sfide interne (primarie in fieri) e stanno lasciando agli ex dc di “sinistra” tutto il “cocuzzaro” come dimostrato dall’emergere dei vari Letta, Franceschini, Renzi.
Ma – come si dice? - se Atene piange Sparta non ride.
Anche dall’altra parte della barricata (una pseudo barricata…) i democristiani, di destra, sono egemoni. Non a caso sono ben saldi al governo con Letta. Dagli Alfano in giù. Toh, gli stessi che hanno annunciato lo “strappo” e il voltafaccia pro-Letta, proDc, nonostante le dimissioni consegnate qualche ora prima a Berlusconi.
E così vent’anni di fuga dal sistema unipolare democristiano si stanno risolvendo nella riesumazione del cadavere eccellente, quello guidato allora dall’accattone De Gasperi (beneficato dall’elemosina di un milione di dollari che il grand’uomo andò a pietire dal padrone Usa, il Vincitore) e oggi da un triunvirato di “nuovi diccì” camerieri della finanza, dei poteri d’oltreoceano, delle multinazionali a cui svendere l’Italia.
Moriremo democristiani?
Vorrebbero proprio così. E ci dicono pure che quella del governo delle mezze tacche sia una medicina di rigore, tasse e salva-Italia benefica, da bere tutta d’un fiato, o senza più fiato: decidete voi.